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Con l'espressione processo alle streghe di Triora si intende un procedimento giudiziario svoltosi nell'omonima località ligure tra il 1587 e il 1589, in cui alcune donne vennero accusate di essere le streghe artefici delle pestilenze e della carestia, oltre che di cannibalismo verso bambini.

 

 

Il processo.

All'epoca dei fatti, Triora era un borgo fortificato al centro di intensi traffici commerciali tra il Piemonte, la costa e la vicinissima Francia. Politicamente dipendeva da Genova, di cui era podesteria, difesa da ben cinque fortezze al cui interno era di stanza una guarnigione di soldati della Repubblica. Da circa due anni, il comune soffriva a causa di una terribile carestia: oggi sappiamo che questo periodo di magra probabilmente era stato in parte determinato da una manovra economica dei proprietari terrieri, ma il popolo tentò comunque di cercare un capro espiatorio e le vittime furono alcune donne del villaggio, che vennero accusate di stregoneria e d'infanticidio. Nell'ottobre del 1587 il Parlamento locale, durante una seduta, chiese alle autorità civili e religiose di intervenire contro le presunte streghe; arrivarono così il Vicario dell'Inquisitore di Genova e Albenga nonché il sacerdote Girolamo del Pozzo, che sosteneva fermamente la presenza del maligno. Durante la celebrazione della messa, al momento della predica, il sacerdote chiese ai parrocchiani di denunciare le streghe. Vennero così arrestate venti donne che, a causa delle denunce estorte con torture, divennero presto trenta. Tra di loro tredici donne, quattro ragazze e un fanciullo si dichiararono rei confessi. Alcune case private furono trasformate in carceri, la più famosa delle quali fu casa del Meggio, oggi nominata Ca' de baggiure (Casa delle streghe). In pochissimo tempo avvennero le prime morti: Isotta Stella, una sessantenne di nobile famiglia, morì per le torture subite, un'altra donna invece si gettò dalla finestra. A seguito di queste tragedie e del clima di terrore che si era venuto a creare, al processo intervenne anche il Consiglio degli Anziani, che chiese agli Inquisitori di procedere con maggior cautela; vi erano tra le trenta donne infatti alcune persone nobili e influenti nella comunità. Dopo alcune indagini si convenne che la morte di Isotta Stella fu determinata dalle torture subite, ma il fatto della donna gettatasi dalla finestra fu spiegato come atto del maligno: “...una notte tentata dal diavolo procurò la fuga con guastore una sua veste che aveva indisso et accomodarla a guisa di benda, ma non l'essendo cascò subito che fu fuori dalla finestra” e la richiesta del Consiglio di una revisione del modo di procedere restò inascoltata dal Parlamento. Dopo breve tempo il governo genovese si mise in moto e nei primi giorni di maggio del 1588 arrivò l'Inquisitore Capo il quale visitò le carceri, ma dispose la scarcerazione di una sola ragazzina di tredici anni. Un mese dopo, in giugno, Genova mandò un commissario di nome Giulio Scribani che inasprì il clima di terrore trasferendo le donne incarcerate a Genova e facendo di tutto per trovare altre nuove streghe. Le accuse rivolte alle sospettate furono: reato contro Dio, commercio con il demonio, omicidio di donne e bambini. Cominciarono nuovi interrogatori e supplizi, cui erano sottoposti quasi sempre degli innocenti. Questa persecuzione si estese anche ai paesi vicini come Castelvittorio e Sanremo, ove ebbero inizio altre cacce alle streghe. Scribani chiese il supplizio del rogo per quattro donne, il governo però tentennò e domandò aiuto a Serafino Petrozzi; quest'ultimo affermò che la confessione non avallava l'accusa. Così obbligarono lo Scribani a produrre altre prove e questi rispose che avrebbe avuto bisogno di tempo per le indagini, dato che i delitti erano avvenuti molto tempo prima e ormai era difficile accertarli. Rifece comunque i processi e il 30 agosto confermò la condanna a morte per stregoneria. Ad affiancare Petrozzi arrivarono altri due giudici: Pietro Alaria Caracciolo e Giuseppe Torre e tutti e tre confermarono la condanna a morte sul rogo. Tra i condannati vi furono Peirina di Badalucco e Gentile di Castelvittorio. Poco prima dell'esecuzione della condanna arrivò il Padre Inquisitore di Genova, unico rappresentante dell'Inquisizione di Roma e solo con il potere di giudicare i fatti e i crimini inerenti alla stregoneria, dopo il suo intervento nell'ottobre del 1588, le condannate vennero inviate a Genova dove già si trovavano rinchiuse le prime tredici streghe. Poco dopo il Doge inoltrò al Santo Offizio due richieste di mettere fine al processo. Finalmente, al 23 aprile del 1589 il tragico processo alle streghe venne terminato. Non si sa esattamente che fine hanno fatto le donne incarcerate a Genova ma è probabile che - come sostenuto da alcuni storici - furono lasciate libere.




I luoghi di Triora.

Tra i luoghi frequentati dalle bagiue ovvero le streghe, famoso è Lagodégnu, fuori delle mura, memorabile ritrovo di streghe: “una remota e orrida località” dove si trova un piccolo lago formato dalla cascata del rio Grugnarolo che s'immette nel torrente Argentina. È probabilmente un crocevia di potenti energie sviluppate dalla presenza dei corsi d'acqua. Non lontano da Lagodégnu si trova Ciàn der préve, zona erbosa prospiciente il ponte medievale di Mauta. Altro luogo interessante è il pubblico lavatoio della Noce e la fontana di Campomavùe. Il Noce è importante perché pareva d'essere l'albero prediletto delle streghe. Luogo, dunque, caratterizzato dalla presenza dell'acqua alla quale sono attribuite proprietà terapeutiche, depurative e diuretiche. Secondo la leggenda tali caratteristiche sono state date alle acque dalle streghe. La fontana di Campomavùe è un bellissimo manufatto costituito da un arco di pietra e da una vasca e si trova fuori dall'abitazione. La più importante è la Cabotina. Si trova fuori dalle mura ed era la zona più povera di Triora. “Era la località...orrida e deserta, detta Cabotina. In tale luogo si sarebbero svolti i convegni notturni delle streghe, le quali avrebbero giuocato a palla con bambini in fasce, palleggiandoseli da un albero all'altro fra quei radi albero di noce...”. Attualmente è uno dei luoghi più famosi di Triora. È probabile che qui vivessero donne sole, prostitute, contadine le quali furono tra le prime a essere coinvolte nel processo.

Fonte: https://it.wikipedia.org

 


 

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