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Un luogo comune largamente diffuso è di pensare che tutto ciò che l’Uomo ha compreso sul funzionamento della natura prima del 1600 sia da considerarsi errato o nei migliori casi obsoleto, comunque di interesse esclusivamente storico e archeologico. Un esempio che va in direzione opposta è senz'altro quello dell’astronomia antica, dove per antica si intende tutta quella sviluppata prima del 1609, anno di introduzione del telescopio nello studio sistematico dei fenomeni celesti ad opera di Galileo Galilei. Le preziose osservazioni ad occhio nudo che riguardano eventi straordinari (eclissi, esplosioni di supernovae, passaggio di comete) che ci sono pervenute, le più antiche delle quali sono del VIII sec a.C., risultano particolarmente utili in astrofisica e in geofisica e hanno determinato lo sviluppo di un settore di studi, noto come Astronomia Storica Applicata, che si differenzia dalla consueta Storia dell’Astronomia per l’approccio adottato: qui il fine non è quello di descrivere le conquiste astronomiche dei popoli antichi ma rappresenta un’attività di ricerca che prende in considerazione i dati (scientifici a tutti gli effetti) ricavati dagli antichi astronomi e li utilizza per la comprensione di fenomeni che sono oggetto di studio della moderna Astronomia.




Astronomi arabi del XVI secolo.



Una peculiarità del patrimonio osservativo che ereditiamo dal passato e che si può addirittura considerare un vantaggio rispetto alle più moderne ed accurate ricerche, riguarda i tempi lunghi durante i quali si sono svolte tali osservazioni. Studiando i dati astronomici di babilonesi, cinesi, arabi ed europei si sono evidenziati, infatti, fenomeni a lungo termine non rilevabili dalle osservazioni telescopiche che hanno al più quattrocento anni. Ne sono un esempio quelli legati all’orbita della cometa di Halley, alla variabilità delle macchie solari e alla rotazione della Terra. In relazione a quest’ultimo fenomeno, è solo dall’analisi delle antiche misure dei tempi di svolgimento delle eclissi, realizzate in un intervallo di almeno 1.000 anni con l’uso di clessidre e di orologi ad acqua, che si è potuto scoprire significative alterazioni della rotazione terrestre. Si è così determinato un suo progressivo rallentamento la cui causa, si è scoperto oggi, risiede principalmente negli effetti marea che la Luna e il Sole esercitano sulle masse oceaniche della Terra. E questo con immediate conseguenze sulla misura del tempo che, nonostante l’avvento degli orologi atomici, per ovvi motivi pratici continua ad essere riferita anche all’alternarsi del giorno e della notte.




Tavoletta babilonese.



Un altro campo di studi al quale l’Astronomia Storica Applicata fornisce un importante contributo è quello delle supernovae, immense esplosioni che costituiscono la fase terminale della vita di stelle molto massicce. In anni recenti ne sono state osservate di spettacolari ma tutte in galassie esterne alla nostra. Per poter avere dei dati scientifici relativi a supernovae all’interno della Via Lattea dobbiamo rivolgerci ancora una volta agli antichi astronomi. Le informazioni su posizione, durata e brillantezza apportano un grande contributo alla comprensione del fenomeno e ci consentono, puntando oggi il telescopio in quella stessa porzione di cielo, di individuare i resti di un cataclisma avvenuto secoli o millenni prima. Abbiamo così testimonianza precisa di una supernova nel 1006 d.C., quando astronomi europei, arabi e cinesi registrarono l’apparizione nel cielo di un oggetto tanto luminoso da permettere di vedere distintamente di notte. Questa nuova stella, che gli astronomi arabi definirono di luminosità vicina a quella della Luna, risulta senz’altro la più brillante supernova documentata e possiamo collocarla a 3000 anni luce dalla Terra in corrispondenza di residui gassosi nella costellazione del Lupo. Ancora nel 1054 d.C. astronomi cinesi registrarono quella che ha dato origine alla famosa Nebulosa del Granchio nella costellazione del Toro, una delle più potenti sorgenti celesti di raggi X e onde radio, distante 6.000 anni luce. Dopo l’osservazione di un’altra supernova nel 1181 d.C., per quasi quattro secoli gli annali non riportano più alcuna notizia di fenomeni di questo genere.




La Nebulosa Del Granchio.



Occorre aspettare il 1572 d.C. e poi il 1604 d.C. per poter avere, dagli astronomi europei, testimonianze di eventi esplosivi associabili a supernovae. Le misure, che oggi ci consentono di riferirle ad oggetti posti rispettivamente a 7000 e 15000 anni luce da noi, sono straordinarie per l’accuratezza dei dati di posizione e delle stime di variazione luminosa. D'altronde non poteva essere altrimenti: tra gli astronomi che eseguirono le osservazioni della prima c’era Tycho Brahe e tra quelli che studiarono la seconda Johannes Keplero. E’ bene sottolineare che le analisi delle antiche testimonianze sono spesso complicate da problemi di interpretazione che rendono dubbia la natura di un fenomeno descritto (del quale anticamente non erano ben comprese le cause) e da difficoltà di sincronizzazione delle osservazioni compiute da astronomi molto distanti tra loro. Nonostante ciò, lo studio di questi documenti prosegue e il loro potenziale contributo allo sviluppo delle conoscenze scientifiche è ben lungi da considerarsi esaurito. Ci sono quindi ottimi motivi, a quasi quattrocento anni dall’introduzione del telescopio in Astronomia, per guardare con ammirazione e gratitudine a questi uomini di scienza, dotati di strumenti limitatissimi ma di un grande ingegno.

Pubblicato su: Archeologia & Cultura

Fonte: https://giovanniboaga.blogspot.com




Astronomi francesi XIII secolo.




 

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