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Il 1812 fu un anno di svolta per la Storia, poiché l'Impero di Napoleone, raggiunto il suo massimo splendore, tentò l'invasione della Russia, segnando inesorabilmente il suo declino, conducendo l'Europa, anni più tardi, al periodo della Restaurazione.

Nel frattempo, gli Stati Uniti iniziavano una guerra contro gli inglesi, causata sopratutto da motivi commerciali. Infatti, nel 1807, l'Inghilterra era vittima del famoso “blocco continentale” imposto da Napoleone per affamare gli inglesi, tagliandogli ogni rifornimento. Gli USA, al contrario, mantenevano un atteggiamento pacifista e doppiogiochista, vendendo a entrambe le parti i propri prodotti, quindi la Corona inglese si arrogò il diritto di perquisire le navi mercantili statunitensi quando attraversavano le rotte commerciali, impedendo di fatto agli americani di poter commerciare liberamente con i francesi. Ciò non faceva che accrescere il risentimento nazionale americano nei confronti degli inglesi, mai sopito nei decenni successivi alla Rivoluzione. Queste cause, unite al fatto che i britannici supportavano le tribù indiane che resistevano all'espansionismo americano, gettarono le basi per la guerra anglo-americana del 1812, la quale venne combattuta principalmente sul suolo americano.

Il 18 giugno del 1812, gli USA, ubriachi di volontà espansionistiche e imperialiste, dichiararono guerra all'Inghilterra con l'obiettivo di annettere il territorio canadese. In quest'ottica radunarono, oltre a un esercito regolare, anche una milizia composta da semplici cittadini e dei miliziani provenienti da tribù indiane alleate. Gli Inglesi, invece, avevano a disposizione le armate di stanza in Canada e le truppe coloniali indiane. Gli Stati Uniti tentarono l'invasione del Canada ma vennero respinti poiché le loro armate erano disorganizzate e prive di un'approfondita conoscenza delle lande canadesi. Il 16 agosto il generale Hull si arrese ai britannici, cedendo la città di Detroit a quest'ultimi, i quali la occuparono. Le truppe americane guidate dal generale Van Rensealler, di ideali democratici, si rifiutarono di attraversare il Niagara e di combattere. La guerra per gli Stati Uniti volgeva al peggio, tanto che gli statunitensi tentarono disperatamente di avanzare verso Montreal, ma il piano si rivelò un fallimento.

 

 

Il vento iniziò a cambiare nel 1813. Detroit fu riconquistata dagli USA, e il leggendario commodoro Perry sconfisse un intero gruppo da battaglia navale sul lago Erie, eventi che permisero una controffensiva generale americana, dovuta anche a un cambio di leadership: il generale Winfield Scott, vincitore di Fort Erie e Chippewa, assunse il comando delle Forze Armate Statunitensi. Nei pressi di Frenchtown, però, venne consumato un vero e proprio massacro: gli inglesi, vittoriosi sul campo di battaglia, lasciarono i prigionieri americani alla completa mercé delle milizie indiane, le quali diedero sfogo ai loro istinti più violenti, uccidendo e torturando gli statunitensi sopravvisuti (immagine).

Durante quest'anno venne combattuta anche la battaglia di Lundy's Lane, la quale venne reclamata come vittoria da entrambe le parti in conflitto.

L'anno successivo, il 1814, costituì una manna dal cielo per gli inglesi, poiché la guerra in Europa contro le legioni napoleoniche fu vinta e di conseguenza furono inviate a supporto delle truppe britanniche circa 18.000 veterani provenienti dai campi di battaglia del Vecchio Continente. Il Regno Unito, consapevole che la vittoria sarebbe giunta solamente con la conquista del cuore dello Stato Federale Statunitense, avviò un'offensiva che aveva come obiettivo la conquista di New York. Un'armata di circa 90.000 uomini, guidati dal generale Prevost, avanzarono lungo l'Hudson nel tentativo di prendere la città. Furono bloccati dalla flotta americana presente nel lago Champlain. Un'ulteriore armata inglese, sbarcata a Chesapeake, occupò Washington, provocando la fuga del presidente Madison. Furono dati alle fiamme diversi edifici pubblici, tra cui la residenza presidenziale, la quale fu ricostruita e dipinta di bianco, prendendo per questo il nome di White House, ovvero la Casa Bianca. Inoltre i britannici posero sotto assedio Baltimora, la cui guarnigione espresse una tenace resistenza (durante la battaglia fu anche composto l'attuale inno americano). Il generale Jackson, a capo di un'armata americana, mosse verso Pensacola, in Florida, strappandola al controllo inglese, restituendola agli spagnoli, che al tempo occupavano la Florida.

La guerra si concluse con il trattato di Gand (Belgio) sottoscritto da entrambi i contendenti. Il trattato stabiliva che ci fosse un ritorno alla situazione politica ante guerra, ristabilendo i confini e obbligando le parti in causa a rilasciare i prigionieri. Il Regno Unito premeva per creare una zona cuscinetto da collocare tra l'Ohio e il Michigan ove porre le popolazioni indiane, le quali erano provate dalla guerra, tanto che si affievolì la loro minaccia all'espansionismo americano. I britannici, inoltre, nonostante le promesse non rilasciarono mai i prigionieri ma pagarono agli Stati Uniti circa 250.000 sterline come risarcimento per questa loro azione. Il conflitto non era ancora terminato, e il suo epilogo fu la battaglia di New Orleans, poiché le truppe inglesi, ignare come le loro controparti americane dell'esito del trattato di Gand, occuparono la città di New Orleans e alcuni territori circostanti. Il generale Jackson, il liberatore di Pensacola, organizzò un'offensiva per riprendere la zona. Per ironia della sorte, la battaglia più inutile della guerra fu anche la più sanguinosa, con circa 2000 morti da parte inglese.

La guerra anglo-americana del 1812 è un riferimento per la nazione americana: ha contribuito alla costruzione dell'ideale patriottico statunitense e costituisce l'ultimo caso di conflitto combattuto sul suolo degli Stati Uniti.

Fonte: https://www.difesaonline.it

 

 

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