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Sin da quando è stato scoperto, gli scienziati hanno sognato di poter esplorare il tunnel di lava individuato nel 2009 sulla Luna dalla sonda spaziale giapponese Kaguya. Queste straordinarie strutture sarebbero un vero e proprio tesoro per i geologi, non solo perchè potrebbero fornire preziose informazioni sui movimenti delle antiche colate laviche lunari, ma anche perchè sarebbero accampamenti naturali perfetti per i futuri esploratori umani, dove troverebbero riparo dalle radiazioni solari e cosmiche.

 

 

Ma prima di essere gli occhi dell’uomo a guardare per la prima volta la galleria lunare, gli esperti intendono inviare rover robotici in avanscoperta, così da preparare al meglio un’eventuale missione con equipaggio umano.

Tra gli operatori in prima linea in questa nuova frontiera dell’esplorazione spaziale risulta essere l’Astrobiotic Tecnology , una società privata che progetta robotica spaziale e missioni planetarie.

Fondata nel 2008 da William L. “Red” Whittaker, professore di robotica alla Carnegie Mellon University, la società ha come scopo principale quello di vincere il Google Lunar XPRIZE , il concorso indetto da Google con in palio un premio di 40 milioni di dollari.

Per vincere la gara, il candidato dovrà progettare una missione che consenta di atterrare in sicurezza sulla superficie della Luna, muoversi per almeno 500 metri sopra o sotto la superficie lunare e riportare almeno due campioni di roccia sulla Terra. Il progetto va consegnato entro il 31 dicembre 2015.

L’ambizioso obiettivo della società ha permesso lo sviluppo di tecnologie spaziali innovative, tanto da suscitare l’interesse della Nasa, la quale ha fornito una serie di finanziamenti per incentivare lo sviluppo dei progetti della Astrobiotic Tecnology.

L’intenso lavoro progettuale rende i suoi frutti e nel febbraio 2011 Astrobiotic presenta il suo progetto, sia il veicolo per la fase di allunaggio (Artemis Lander), che il rover esplorativo (Red Rover). Gli accordi stipulati con la SpaceX prevedono il lancio della missione lunare nell’ottobre del 2015.

Nel corso dei prossimi due anni, il programma prevede un nuovo investimento di 500 mila dollari, destinato a sviluppare ulteriormente le idee del professor Whittaker, il quale trascorre le sue domeniche calando un robot in una miniera abbandonata in Pennsylvania.

 

 

Il prototipo del rover dovrebbe essere in grado di esplorare la cavità scoperta nella lava lunare, calandosi da solo con l’ausilio di un cavo. Entro il 2015, la versione definitiva del progetto dovrà essere operativa e finalmente esplorare la galleria di lava.

La cavità è stata scoperta circa tre anni fa dalla sonda giapponese Kaguya. L’ingresso della galleria è larga circa 65 metri ed è profonda almeno 80 metri. I geologi hanno subito intuito che si trattasse di un ‘lucernario’ di un tunnel orizzontale forgiato dalla lava lunare.

 

 

I tunnel di lava sono grotte estremamente particolari, perché sono la forma fossile di ciò che fu un’eruzione di lava molto fluida. La bassa viscosità della lava consente la formazione di una crosta dura attorno alla lava, la quale continua a fluire.

 

 

Quando l’eruzione termina, la lava fuoriesce dal tubo, lasciando un lungo tunnel vuoto che sembra essere di origine artificiale. La lunghezza dei tunnel può essere davvero considerevole. Il tunnel di lava formatosi sul vulcano hawaiano Mauna Loa inizia nel punto di eruzione e si estende per circa 50 km verso l’oceano.

Oltre all’inestimabile valore geologico rappresentato dai tunnel di lava lunari, i ricercatori sottolineano anche la loro valenza strategica. Infatti, queste cavità sarebbero un rifugio perfetto per installare una base permanente sulla Luna. Le caverne proteggerebbero gli astronauti e le apparecchiature dalle micrometeoriti e da raggi cosmici.

Ma la Terra e la Luna non sono gli unici corpi celesti sui quali sono state individuate le grotte di lava. Alcune immagini della superficie di Marte sembrano mostrare l’esistenza di queste cavità anche sul Pianeta Rosso. Questa scoperta potrebbe essere la chiave di volta per le future esplorazioni del pianeta, fornendo un possibile rifugio per i primi esploratori di Marte.

Inoltre, la presenza di possibili cavità promette di poter rilevare dettagli sui strati interni del pianeta senza dover praticare alcun foro. Infine, all’interno delle gallerie marziane potrebbero esserci massicci depositi di ghiaccio, e forse resti di vita biologica.

Fonte: http://www.ilnavigatorecurioso.it

 


 

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