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SpaceX progetta, produce e lancia razzi e veicoli spaziali avanzati. La società è stata fondata nel 2002 per rivoluzionare la tecnologia spaziale, con l’obiettivo finale di consentire alle persone di vivere su altri pianeti.

 

 

Sono appena reduci da un successo storico: far atterrare un razzo su una piattaforma mobile nel mezzo dell’oceano. Ma a SpaceX, l’azienda spaziale privata di Elon Musk, sono tutt’altro che sazi. E ora puntano, se possibile, ancora più in alto: il nuovo obiettivo annunciato è Marte.

Questo l’argomento di punta discusso alla Code Conference in corso in California. I due miliardari “visionari” Elon Musk, fondatore della Space X. e Jeff Bezos di Blue Origin, hanno gettato le basi che faranno discutere per i prossimi mesi.

 

 

Musk chiede ai politici di garantire la democrazia diretta su Marte, per dare alla gente quello che vuole veramente e prevenire la corruzione. Intanto inizia a svelare i piani in mente per portare l’umanità sul Pianeta Rosso molto prima di quanto non abbia in programma di farlo la NASA. L’idea è di andare per tappe: nel 2017 la navicella spaziale Dragon 2 inizierà a trasportare gli astronauti da e verso la Stazione Spaziale Internazionale, nel 2018 lancerà la stessa navicella su Marte, senza persone a bordo, nel 2024 farà partire il primo equipaggio, che atterrerà sul Pianeta Rosso nel 2025.

 

 

E’ stato annunciato anche che entro fine anno SpaceX dovrebbe svelare il Falcon Heavy, il razzo più potente del mondo, capace di trasportare carichi pesanti e atterrare in verticale, e arrivare fino a Marte. Per il trasporto di persone su Marte siamo però in attesa di maggiori dettagli sul Mars Colonial Transporter, un razzo super potente e astronavi in grado di trasportare un gran numero di persone dalla Terra a Marte. Alla conferenza ha partecipato anche Jeff Bezos, numero uno di Blue Origin, che questa settimana ha incassato un accordo con la NASA per il trasporto di nuove tecnologie per lo spazio. La partnership è parte dello Space Technology Mission Directorate (STMD), che consente alle aziende private di testare nuove tecnologie in condizioni di microgravità o ambienti a gravità zero. I voli di Blue Origin con il razzo riutilizzabile New Shepard avranno a bordo sensori, fotocamere, e sistemi di controllo per effettuare e monitorare ricerche in microgravità ad un’altezza di oltre 100 km.

 

 



Se tutto andrà come previsto, potrebbe essere possibile che ci sia nell’equipaggio verso Marte anche un italiano: Pietro Aliprandi.

Ecco cosa ha raccontato Pietro a Wired.it .

Pietro, perché tutta questa voglia di partire?
“Sono sempre stato appassionato di fantascienza. Al momento di scegliere la facoltà a cui iscrivermi, ero indeciso tra ingegneria aerospaziale e medicina. Ho anche pensato di tentare la carriera aeronautica, come pilota. Poi ho scelto la medicina, focalizzandomi principalmente sulla psichiatria. Quando ho saputo della missione Mars One, mi sono subito entusiasmato. Ho atteso per tutta la vita un’idea del genere. Ho verificato che non si trattasse di una bufala e ho deciso di presentare la mia candidatura”.

Eravate 200mila. Siete rimasti in 100. Come si sono svolte le selezioni?
“Per la prima fase ci è stato richiesto di inviare un breve video conoscitivo e una lettera di presentazione in inglese, in cui bisognava raccontare la propria personalità e le prove motivazioni. La commissione [di cui fa parte anche Norbert Kraft, psichiatra che ha lavorato per la Nasa, nda] ha scartato chi era palesemente non idoneo, e siamo rimasti in 1.058. Dopodiché, ho inviato un certificato medico che attestasse la mia buona salute e ho sostenuto un colloquio via Skype con Kraft. Ci era stato dato del materiale per prepararci, su cui sono stato interrogato. Mi hanno chiesto, per esempio, se sapessi quanto sarebbe durata la riserva d’acqua su Marte in caso di interruzione dell’energia elettrica. E anche perché avessi deciso di candidarmi e quale fosse il contributo che avrei potuto dare alla missione. Come futuro psichiatra, penso che potrei essere d’aiuto all’equipaggio per affrontare lo stress psicologico derivante da una permanenza in condizioni così proibitive”.

 

 

Cosa ti aspetta adesso?
“Per fine anno è previsto un altro round di selezioni, con un colloquio più approfondito. Resteranno 60 persone, che diventeranno a tutti gli effetti dipendenti di Mars One e partiranno per l’addestramento vero e proprio, che durerà tra sette-otto anni e sarà oggetto di un reality show televisivo. Inizierò presto a prepararmi, sia con l’allenamento fisico che con lo studio del materiale che ci sarà fornito”.

Arriviamo al punto più delicato. La missione è di sola andata. Non ti fa paura?
“No. O almeno non troppo. Non si tratta, come ha detto qualcuno, di una missione suicida. Andremo su Marte per colonizzarlo, non per morire. Inoltre, si sta cominciando timidamente a parlare di un possibile ritorno. La tecnologia va molto veloce. Spero che tra dieci o vent’anni sarà possibile istituire una rotta più o meno stabile tra Marte e la Terra che ci potrebbe consentire di tornare indietro. Ma non sono neanche sicuro che lo farei. Forse tornerei sulla Terra per vedere cosa è successo durante la mia assenza e poi ripartirei per il Pianeta rosso. Chi lo sa. Certo, il rischio di un crollo psicologico derivante dal sapere che non c’è possibilità di ritorno esiste. Ma sono convinto che, con motivazione e addestramento adeguati, riusciremo a superarlo”.

Cosa farete (o faranno) i primi abitanti di Marte?
“Prima del nostro arrivo, una serie di robot preparerà la colonia, costruendo i moduli abitativi che ci ospiteranno. Si tratta di strutture gonfiabili di 50 metri quadri, una per ogni membro del gruppo. La vita quotidiana sul pianeta rosso sarà simile a quella che si fa in ambienti chiusi sulla Terra, a parte le attività di esplorazione e ricerca scientifica all’aperto. Dovremo occuparci della gestione delle coltivazioni e della manutenzione degli impianti. Nel tempo libero, potremo usare la palestra, leggere, socializzare e navigare su internet”.

Hai pensato a possibili imprevisti? Cosa si fa se, per esempio, qualcuno si sente male?
“Ci ho pensato. Fanno parte del rischio che non si può non mettere in conto prima di partire. In ogni caso, Mars One fornirà a ciascuno di noi l’addestramento medico e le nozioni di primo soccorso per evitare di farci trovare impreparati rispetto a possibili emergenze. In più, io stesso sarò presto un medico, il che sicuramente tornerà comodo in condizioni ostili come quelle di Marte”.

Una delle condizioni necessarie per la sopravvivenza di una colonia permanente è la riproduzione di chi ci vive.
“Durante l’addestramento, saremo divisi in piccoli gruppi da quattro persone, due uomini e due donne, costruiti a tavolino dagli esperti di Mars One per massimizzare la possibilità di accoppiamento – anche se non suona molto romantico, è così che dovrebbero andare le cose. C’è da dire, comunque, che si sa ancora molto poco sugli effetti della gravità ridotta su gravidanza e parto, per cui aspetteremo i risultati di esperimenti su roditori e altri piccoli mammiferi prima di pianificare quest’aspetto della nostra vita su Marte”.

La tua fidanzata non deve esserne troppo entusiasta…
“Per niente. Per ora cerco di parlargliene il meno possibile. Quando arriverà il momento di partire, le dirò solo che ci rivedremo. Tornerò, oppure mi raggiungerà lei”.

Pietro, pensi davvero che si partirà?
“Secondo me sì. C’è una roadmap dettagliata, che ha tenuto in considerazione ogni aspetto della missione e ogni possibile inconveniente che potrebbe verificarsi. E soprattutto c’è un piano di rientro delle spese, che saranno coperte dai diritti televisivi per il reality show sulla missione”.

Fonte: http://www.diregiovani.it

 


 

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