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Sta facendo il giro del web la fotografia dell’impatto di un piccolo detrito spaziale contro uno dei finestrini del modulo di osservazione Cupola della Stazione Spaziale Internazionale. Si susseguono anche tanti commenti preoccupati, che ci offrono lo spunto per conoscere meglio questo elemento della ISS, quali sono i rischi potenziali e le procedure di mitigazione previste dagli ingegneri in caso di problemi.

 

 

I fatti.

Lo scorso mese di aprile l’astronauta ESA di nazionalità britannica Tim Peake, attualmente impegnato nella sua missione semestrale come ingegnere di volo di Expedition 47, ha scattato alcune foto dall’interno del modulo Cupola per documentare la presenza di una piccola scalfittura su uno dei sei vetri laterali. L’immagine è stata diffusa ieri, 12 maggio, sul sito di ESA, ed è una testimonianza chiara del crescente rischio rappresentato dalla “spazzatura spaziale” per le missioni con equipaggio così come per i tanti satelliti attualmente in orbita. La scheggiatura ha una dimensione di 7 mm circa e fortunatamente non rappresenta un pericolo per la sicurezza dell’equipaggio: il danno è minimo ed è localizzato solo sulla lastra di vetro antigraffio più esterna, che non è sottoposta ad alcun differenziale di pressione. Si tratta inoltre del più recente di una lunga e ininterrotta serie di micro-impatti che interessa tutta la superficie della ISS. Si crede che l’urto sia stato causato da un oggetto estremamente piccolo, forse un frammento di vernice o un corpuscolo metallico di pochi millesimi di millimetro, ma tanto è bastato per causare un danno ben visibile. Al momento non si prevede di sostituire il pannello danneggiato, anche se col tempo gli impatti si accumuleranno. Con il proseguo della sua vita utile, la necessità di un intervento di manutenzione straordinaria è solo una questione di tempo anche se non necessario per questo specifico incidente, e non programmato per l’imminente futuro.

 

Il telaio di Cupola in lavorazione.



Il modulo Cupola.

Cupola, come chiaramente indicato dal suo stesso nome, è un modulo della Stazione Spaziale Internazionale che consente agli astronauti una visione a 360 gradi utile sia per le attività con il braccio robotico e per le EVA, che per l’osservazione della Terra e per momenti ricreativi.  Costruito in Italia da Thales Alenia Space, è stato portato in orbita dalla missione STS-130 nel 2010. Cupola ha una forma esagonale, è dotato di sei finestrini trapezoidali sui lati e di un finestrino circolare sulla sommità dal diametro di ben 80 centimetri, misura che lo rende il più grande mai portato nello spazio. Tutti i finestrini sono realizzati con un vetro al quarzo borosilicato di alta qualità, e sono dotati di un “cappuccio” chiudibile dagli astronauti attraverso una speciale manovella posta all’interno del modulo. Questi “scuri spaziali” offrono maggiore protezione dagli urti di detriti spaziali e dalle radiazioni solari nei momenti in cui Cupola non è utilizzata, e aiutano a mantenere l’equilibrio termico della ISS. Ogni finestrino è formato da due componenti principali: una coppia di pannelli antigraffio, uno interno e uno esterno, che proteggono il vetro a tenuta d’aria da graffi e urti provenienti da dentro la Stazione, e da due lastre di vetro al quarzo a tenuta d’aria dello spessore di 2,5 cm ciascuno, con quella più esterna in funzione di ridondanza per quella interna. l telaio in alluminio non è saldato ma forgiato in un singolo pezzo, e grazie a questa caratteristica gode di una robustezza strutturale superiore ottenuta ad un prezzo di produzione relativamente contenuto. Pesa 1,6 tonnellate e ha un diametro di 3 metri per un’altezza di 1,5 metri. Il modulo è relativamente piccolo ma sufficientemente spazioso da accogliere due astronauti al lavoro. Nonostante la presenza di tanti elementi in vetro potrebbe far pensare a Cupola come ad un componente più vulnerabile rispetto ad altri moduli della ISS, questo gioiello di tecnologia è estremamente robusto e dotato di importanti misure di sicurezza.

 

 

Si possono sostituire i pannelli in vetro?

La risposta è sì. Con una vita operativa prevista di dieci anni, i progettisti di Cupola hanno pensato alla necessità di manutenzioni straordinarie. L’intero finestrino e anche i suoi singoli componenti sono sostituibili, anche se per farlo può essere necessario lavorare dall’esterno. Il modulo va messo in sicurezza applicando all’elemento guasto una “toppa” a tenuta d’aria, che consentirà agli astronauti di effettuare una EVA per smontare e rimpiazzare la parte deteriorata.

 

Il modulo Cupola in computergrafica.


Che succederebbe se i moduli venissero bucati da un micro-impatto?

E’ difficile rispondere senza conoscere bene l’entità del danno ad astronauti (che potrebbero venire feriti) e struttura. L’equipaggio della Stazione Spaziale è addestrato ad applicare specifiche procedure di emergenza, ed i moduli sono progettati per poter essere chiusi ed isolati così da contenere la perdita di atmosfera e mantenere il più possibile salvaguardata la salute degli occupanti. Un’eventualità simile, molto improbabile ma non impossibile, rappresenterebbe un incidente di massima gravità e a prescindere dall’abilità dell’equipaggio di individuare e riparare il danno usando uno degli appositi kit, gli effetti dell’incidente sarebbero imprevedibili e potenzialmente gravissimi. E’  bene ricordare che i sei astronauti a bordo della ISS hanno a disposizione due navette Soyuz per tutta la durata della loro missione, che possono essere usate come “scialuppe di salvataggio” per abbandonare la Stazione e rientrare a Terra in pochissimo tempo.

 

 

Il problema dei detriti spaziali.

E’ proprio l’elevato rapporto tra danno e dimensioni del detrito che ha colpito il finestrino di Cupola a riportare al centro dell’attenzione il problema della “spazzatura spaziale”, cioè vere e proprie costellazioni formate da frammenti di vernice e metallo di varie dimensioni lasciate in orbita dopo ogni lancio, stadi ormai a secco di propellente, o frutto di impatti tra oggetti in orbita. Viaggiando a velocità relative dell’ordine delle decine di migliaia di chilometri all’ora, l’energia cinetica in gioco è altissima e il danno provocato cresce proporzionalmente con le dimensioni del frammento. “Mi chiedono spesso se la ISS venga mai colpita da detriti spaziali. Certo che sì! Questa è scheggiatura subita da una delle finestre della nostra Cupola.” – ha dichiarato Tim Peake parlando della foto diffusa da ESA. “Sono felice di poter contare su quattro strati protettivi”. Ben consci del potenziale distruttivo di questi impatti, i progettisti della Stazione Spaziale Internazionale hanno previsto di avvolgere i moduli con un rivestimento protettivo in tessuto speciale multistrato (MMOD), analogo a quello dei giubbotti antiproiettile e molto più efficace di una semplice lastra di metallo per contrastare gli effetti di microimpatti. L’MMOD è una protezione efficace solo per oggetti di dimensioni molto piccole: quando i  detriti superano il centimetro possiedono energia sufficiente a penetrare i moduli della ISS a dispetto di qualunque contromisura meccanica. Oggetti oltre i dieci centimetri sono addirittura in grado di distruggere un intero modulo o veicolo spaziale. In questi casi, fortunatamente, sono proprio le dimensioni dei frammenti a rendere più facile la loro identificazione e catalogazione da parte del NORAD, che contribuisce alla sicurezza dell’equipaggio delle missioni spaziali attraverso il tracciamento radar di migliaia di frammenti di spazzatura spaziale. Con questi dati NASA può manovrare la Stazione con il giusto anticipo e “schivare il colpo”. Nei rari casi nei quali la traiettoria dell’oggetto viene scoperta troppo tardi e non c’è il tempo di cambiare l’orbita della ISS, gli astronauti vengono fatti salire a bordo della loro Soyuz pronti ad evacuare in caso di impatto. Il fenomeno degli “space debris” non è nuovo, e purtroppo negli ultimi anni è peggiorato sia a causa del numero di oggetti in orbita in costante aumento, sia a causa di alcuni test militari e incidenti che hanno visto coinvolti vari satelliti, frantumatisi in molte piccole parti. Ecco alcuni esempi:

  • nel 1996 un satellite francese è stato danneggiato da detriti provenienti da un razzo sempre francese, che era esploso in orbita una decina di anni prima;
  • il 10 febbraio 2009 un satellite russo fuori controllo è entrato in collisione con un Iridium ancora perfettamente funzionante, generando una nube di oltre 2000 pezzi catalogata nel registro della “spazzatura spaziale”;
  • durante un test Cinese anti satellite nel 2007, un razzo ha centrato e distrutto un vecchio satellite meteorologico, creando una nuvola di altri 3000 pezzi.

Fortunatamente gran parte dei resti, specie i più massicci, rientra in tempi relativamente brevi (da pochi giorni a qualche mese), ma altre parti restano in orbita anche per anni e rappresentano una costante minaccia che le agenzie spaziali stanno cercando di mitigare implementando policy di “fine vita” dei satelliti. La direzione è quella di forzare un rientro controllato dei satelliti in atmosfera o un innalzamento della loro orbita fino a speciali “orbite cimitero”, mentre per gli stadi dei razzi si forza lo svuotamento (venting) dei serbatoi da tutte le tracce di propellenti incombusti rimaste dopo il lancio.

 

Cupola fotografato a terra prima del lancio, nel 2009, montato provvisoriamente sul modulo 3 “Tranquillity”.


Gli utilizzi “alternativi” di Cupola.

Il modulo Cupola, oltre alla funzione primaria di offrire una piattaforma di osservazione durante le EVA o l’utilizzo del braccio robotico della Stazione Spaziale, è anche uno dei luoghi preferiti dagli astronauti per rilassarsi e godere della vista della Terra nelle ore di libertà. Molti hanno amato recarsi nella Cupola a “galleggiare” comodamente al suo interno, in posizione fetale, ammirando lo scorrere degli oceani e dei continenti alla sola luce riflessa dal nostro pianeta. Sempre da Cupola vengono scattate le migliaia di fotografie spettacolari impiegate nei tanti video di timelapse circolanti sul web, tanto efficaci come mezzo di PR quanto spettacolari.

Fonte: http://www.astronautinews.it

 

L’astronauta NASA Tracy Caldwell Dyson osserva la Terra dal modulo Cupola durante Epedition 24, nel 2010.

 

 

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