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Un modello di un vettore lunga marcia esposto alla convention ITU per le telecomunicazioni.



Lentamente e silenziosamente la Cina sta affermando la propria egemonia nelle attività spaziali, espandendo le attività e competendo con valore in un contesto internazionale che l’ha vista primeggiare negli ultimi due anni per numero di lanci orbitali effettuati con successo. L’impeto per le attività spaziali cinesi è arrivato più o meno dal 2012, con l’elezione di Xi Jinping a segretario generale del Partito Comunista Cinese e successivamente a presidente della Repubblica Popolare Cinese. Riassumeva la visione del futuro della sua patria con una sola parola, “fuqiang” (富强), prosperità e potere, tecnicamente una crasi delle parole “fuguo qiangbing” (富国 强兵), stato benestante ed esercito potente. La guida di Xi spinge la sua nazione verso quello che lui definisce il sogno cinese, la speranza di raggiungere tenore di vita migliore e prosperità economica con determinazione e impegno contemporaneo del governo e dei suoi cittadini. Un obiettivo che non può essere raggiunto senza un’imposizione nel panorama internazionale come partner principale per grosse imprese ingegneristiche di pubblica utilità. Per questo nel 2013 il governo ha varato un programma globale di investimenti in Asia, Africa e Europa orientale, chiamato Belt and Road Initiative (BRI, la Nuova via della seta in italiano), con un giro d’affari, in totale di contratti firmati, di circa 128 miliardi di dollari statunitensi solo nel 2019. Il programma mira a migliorare le infrastrutture per il commercio globale permettendo di aumentare l’export del paese e di creare un legame politico forte con le altre nazioni coinvolte nell’iniziativa. La BRI estende i suoi tentacoli anche sopra la Terra, con il ramo BRI Space Information Corridor, un’infrastruttura di satelliti per le comunicazioni, il monitoraggio remoto e la navigazione. Il progetto sarà probabilmente completato entro metà del 2020. Non è nato tutto con l’iniziativa BRI, ma l’infrastruttura precedente è stata integrata al suo interno, per quanto possibile.




Statistiche a cura di ISAA sui voli orbitali partiti con successo suddivisi per territorio di lancio.



Le costellazioni BRI.
La parte riguardante le telecomunicazioni comprende i satelliti delle costellazioni Apstar e ChinaSat, che forniscono servizi di comunicazione a varia frequenza, prevalentemente in banda C e Ku, per le trasmissioni televisive, le comunicazioni cellulari satellitari e le reti di backhaul. La copertura è incentrata sulla Cina e i paesi asiatici, fino alla costa orientale dell’Africa. La maggior parte dei satelliti sono stati realizzati da Thales Alenia Space, l’azienda italiana leader nella produzione aerospaziale. L’osservazione della Terra, o monitoraggio, chiamato in inglese remote sensing, è affidato a Yaogan, una cinquantina di satelliti attivi in modalità ottica o radar ad apertura sintetica. Monitorano, tra le altre cose, estensione e spessore dei ghiacci, livello, correnti e salinità superficiale del mare, profilo delle coste, sviluppo delle alghe e composizione dell’atmosfera. Inoltre le immagini ottenute permettono di evidenziare le attività antropiche e il loro effetto sulla natura, in particolare per quanto riguarda foreste, campi, deserti e città. Il sistema di navigazione satellitare di ultima generazione, chiamato BeiDou, è concorrenziale ai più noti GPS, GLONASS e Galileo, in quanto offre una precisione della posizione dell’ordine del centimetro e capace di scendere ancora di un’ordine di grandezza in alcune aree con operazioni di post-processing. Il sistema di posizionamento cinese ha attraversato circa 20 anni di evoluzione, passando dai primi servizi sperimentali con una precisione dell’ordine di parecchi metri, anche centinaia, nel 2000, a quello che è ora il BeiDou-3, evoluzione del Compass (BeiDou-2), con una precisione altissima e una costellazione di satelliti abbastanza complessa, costituita da 24 unità in orbita terrestre media, 3 in orbita geostazionaria e 3 in orbita geosincrona ma non geostazionaria (IGSO, orbita geosincrona inclinata: un osservatore sulla Terra vede gli oggetti muoversi in direzione nord-sud descrivendo una specie di otto molto oblungo). L’ultimo lancio di questi satelliti è avvenuto il 16 dicembre 2019 e ha portato in orbita gli ultimi due satelliti dell’orbita media. Per il completamento della costellazione rimangono solo da integrare due satelliti in orbita geostazionaria, il cui lancio non ha ancora una data prevista, ma verrà effettuato entro giugno 2020.





Lancio di Yaogan 33, uno dei pochi lanci falliti del 2019.



Considerazioni internazionali.
L’iniziativa BRI nello spazio è ben vista dall’UNOOSA, United Nations Office for Outer Space Affairs, il dipartimento delle Nazioni Unite per le attività spaziali, in quanto contribuisce a portare avanti tutti i 17 obiettivi fondamentali per lo sviluppo sostenibile dell’umanità stabiliti dall’ONU. Questa iniziativa, infatti, tra le altre cose, facilita l’uso delle tecnologie nei paesi sottosviluppati e monitora l’impatto ambientale delle attività umane. Inoltre, in coordinamento con l’APSCO, Asia-Pacific Space Cooperation Organization, fornisce formazione e tecnologie per l’accesso allo spazio a nazioni asiatiche che altrimenti da sole non potrebbero sviluppare un programma spaziale proprio. Se da un lato sembrerebbe che l’iniziativa cinese porti solo benefici, dall’altro ci sono timori su eventuali secondi fini, soprattutto per quanto riguarda eventuali minacce alla sicurezza di altre nazioni. Anni dopo la fine della guerra fredda ci ritroviamo infatti di fronte una contrapposizione tra egemonie mondiali, con uno sfidante diverso stavolta. Gli Stati Uniti d’America non nascondono il loro timore nei confronti dell’avanzamento della Cina nel contesto politico internazionale, tanto da bandire completamente la cooperazione internazionale a livello scientifico e tecnologico e bloccare ogni iniziativa bilaterale di NASA e OSTP (Office of Science and Technology Policy) con una qualunque controparte cinese. Il contesto non riguarda solo le attività spaziali, il 2019 ha visto esplodere un accanito conflitto commerciale tra le due nazioni a suon di bandi e dazi, ma le iniziative ufficiali americane di contenimento dell’espansione cinese risalgono al 2000, quando è stato addirittura istituita una commissione, U.S.-China Economic and Security Review Commission, per controllare se le attività cinesi avessero una qualche possibile ricaduta negativa sulla sicurezza nazionale statunitense.





Uno dei tanti incontri bilaterali avvenuti nel 2019 tra Trump e Xi, protagonisti di un braccio di ferro commerciale in corso da più di un anno.



Altre attività.
La Cina, oltre alle attività spaziali commerciali relative al nostro pianeta, ha raggiunto un elevato sviluppo nelle attività scientifiche tramite l’esplorazione del sistema solare e possiede una vasta famiglia di lanciatori grazie alla serie Lunga Marcia di CALT. Ha in corso una serie di missioni sulla Luna con il programma Chang’e, con attualmente due lander, un orbiter e un rover attivi, Chang’e 3 e Chang’e 4, e una missione pianificata per il 2020, Chang’e 5, con il ritorno di campioni lunari a Terra. Sta poi pianificando anche un’importantissima missione per Marte, HuoXing-1, da lanciare quest’estate con un orbiter e un rover. La famiglia di lanciatori Lunga Marcia comprende ben 7 modelli di razzi già attivi più 2 in fase di sviluppo, adatti a tutti i tipi di missioni, con carichi piccoli, grandi, verso l’orbita terrestre e oltre, e addirittura dal 2021 dovrebbe prendere il volo un lanciatore riutilizzabile, con un profilo di volo e rientro fin troppo simile a quello del Falcon 9 di SpaceX. Il 2020 potrebbe essere l’anno del ritorno in attività del programma spaziale cinese con equipaggio umano, con l’inizio dei lavori per l’assemblaggio della stazione spaziale cinese Tiangong-3.




Simulazione di rientro del primo stadio del vettore Lunga Marcia 8 il cui esordio avverrà probabilmente nel 2021.

 

Fonti ed altri link: https://www.astronautinews.it

 

 

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