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Il logo del Progetto Assemblers.



Fin dagli anni ’70 del secolo scorso gli ingegneri hanno iniziato a pensare alla costruzione di grandi strutture nello spazio e a come rendere questi processi veloci, sicuri ed economici. Da allora molti studi sono stati completati, ma con l’avanzare della robotica si è naturalmente pensato di integrare questi due campi di ricerca per realizzare dei robot che fungano da carpentieri spaziali, al fine di costruire autonomamente le strutture del futuro. Oggi pensare a delle schiere di robot al lavoro per assemblare un campo di pannelli solari sulla superficie della Luna è divenuta una visione plausibile grazie al progetto che stanno portando avanti alcuni ingegneri della NASA.




Il team del Progetto Assemblers.



Il progetto Assemblers.
Attualmente i sistemi robotici vengono progettati per eseguire singoli compiti specifici e generano pertanto costi ingegneristici non ricorrenti; tuttavia i nuovi avanzamenti della ricerca hanno portato allo sviluppo di quella che viene definita robotica modulare, che è di fatto un nuovo paradigma in grado di portare a una drastica riduzione dei costi. Il progetto Assemblers, premiato con la Early Career Initiative (ECI) promossa dal Langley Research Center della NASA, mira proprio all’avanzamento della tecnologia robotica, hardware e software, per consentire processi autonomi di assemblaggio nello spazio – una tecnologia fondamentale per la futura esplorazione umana del Sistema solare, con verosimili applicazioni anche sulla Luna e su Marte. L’ECI consente ai tecnici della NASA di condurre progetti di sviluppo concreti, di fornire tecnologie di trasformazione, di collaborare con innovatori di livello mondiale e di esplorare nuovi approcci alla ricerca e allo sviluppo. «L’obiettivo del progetto Assemblers è di incrementare il livello di maturità della tecnologia dell’assemblaggio autonomo nello spazio tramite i robot modulari, e di sviluppare un prototipo per dei test a terra» ha spiegato James Neilan, principal investigator del progetto.



Il prototipo sarà un sistema che utilizza piattaforme modulari da connettere in qualsiasi dimensione per consentire configurazioni multiple destinate all’assemblaggio di componenti nello spazio. Esso userà un software che consentirà a robot di varie configurazioni e capacità di poter lavorare assieme. Infine, sarà dotato di un componente per il rilevamento degli errori che potrebbe essere utilizzato durante e dopo una fase di costruzione, per identificare e risolvere eventuali problemi. Proseguendo con l’esempio del campo di pannelli solari lunari, questa nuova tecnologia potrebbe sfruttare delle risorse già disponibili. Un sistema riutilizzabile come l’Assemblers ridurrebbe i rischi e diminuirebbe la massa da trasportare sulla Luna perché il sistema sarebbe già in loco; infatti ci sarebbero solo da trasportare le strutture da montare.

I robot Assemblers consistono in piattaforme “impilate”, fornite di attuatori in grado di garantire 6 gradi di libertà di movimento fra due basi, e di sensori per fornire feedback sulla posizione dei vari componenti. Il team sta lavorando sugli algoritmi per permettere ai robot di essere in grado di scegliere quante piattaforme impilare e i corretti accessori da usare. Il software sarà inoltre in grado di calcolare le traiettorie in modo da rendere i tragitti sicuri e di identificare e correggere gli eventuali errori durante il processo di costruzione.

«Il software è paragonabile al responsabile di un cantiere qui sulla Terra che gestisce i materiali e le persone durante il lavoro. Stiamo cercando di scrivere un software in grado di fare lo stesso con i robot e con gli attrezzi» ha detto Iok Wong, responsabile per l’architettura robotica e per l’integrazione. Il software per la gestione delle attività e la rilevazione degli errori può essere utilizzato anche sulla Terra e non solo per applicazioni spaziali. Per esempio una sua potenziale applicazione potrebbe essere in agricoltura; la raccolta robotizzata di prodotti agricoli è un processo molto delicato che potrebbe essere rifinito tramite gli avanzamenti dell’apprendimento automatico (machine learning) nell’ambito delle ricerche sull’intelligenza artificiale. Oppure si potrebbero utilizzare i robot per esplorare nuovi ambienti prima dell’invio di esseri umani, sulla Terra e altrove.

Il team di ingegneri sta lavorando con diversi partner, inclusi Virginia Tech e Honeybee Robotics. Questi ultimi aggiungeranno degli stagisti ai propri team e collaboreranno con esperti che hanno sviluppato in precedenza hardware e software integrabili nel progetto Assemblers. Il premio ECI fornisce 2,5 milioni di dollari in due anni, per permettere al gruppo di lavoro di riunire in un sistema unitario le parti che sono state in “incubazione” in precedenza, di aggiungere le parti mancanti e di portare questa tecnologia a maturazione. Inoltre consente ai dipendenti agli inizi della loro carriera di acquisire esperienza utilizzando la metodologia agile, contribuendo così a modificare la gestione dei progetti NASA facendo proseguire il lavoro a piccole ma rapide tappe con brevi soste per le opportune verifiche, invece di fare grandi pause per permettere le revisioni su larga scala. La NASA incoraggia i tecnologi più promettenti selezionando le proposte per l’ECI. Questi progetti sono sostanzialmente delle iniziative autonome e pratiche da parte di piccoli team composti e guidati principalmente da impiegati della NASA agli inizi della propria carriera. Questi team sviluppano tecnologie di trasformazione per le sfide ad alta priorità che l’agenzia sta affrontando nell’ambito dei programmi legati al futuro dell’esplorazione umana, come il Programma Artemis, che consentirà l’esplorazione sostenibile della Luna e che porterà all’esplorazione umana di Marte. Il finanziamento è fornito dallo Space Technology Mission Directorate della NASA.

Fonte estera: http://www.me.vt.edu

Fonte italiana: https://www.astronautinews.it

 

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