I ministri della Difesa dei Paesi della Nato, in riunione a Bruxelles con lo scopo di preparare il vertice di Londra del 3 dicembre prossimo, hanno per la prima volta dichiarato lo spazio un dominio operativo. L’annuncio, fatto lo scorso mercoledì, significa che da questo momento lo spazio avrà la stessa importanza, per l’Alleanza Atlantica, di altri teatri operativi come quello terrestre, marittimo, aereo o cyber, ed è indice della maggior importanza acquisita da questo nuovo fronte nel corso degli ultimi anni. Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha commentato affermando che “questo permetterà ai pianificatori della Nato di richiedere agli alleati di provvedere a fornire capacità e servizi, come quelli dei satelliti da comunicazione. Lo spazio è parte della nostra vita di tutti i giorni sulla Terra. Può essere usato per scopi pacifici, ma può anche essere usato in modo aggressivo” ha proseguito Stoltenberg “i satelliti possono essere hackerati, disturbati e perfino armati. Le armi anti-satellite possono infrangere la rete di comunicazione e altri servizi su cui si basa la nostra società, come quello dei trasporti aerei, delle previsioni meteo o la rete bancaria. Lo spazio è anche essenziale per le capacità di difesa e deterrenza dell’Alleanza, che includono la navigazione, la raccolta di informazioni e l’individuazione di lanci missilistici”.
Una svolta preparata da tempo.
La nuova postura della Nato riguardante la Space Warfare (Sw) non è una novità degli ultimi giorni, ma il frutto di un processo in essere da tempo: già lo scorso giugno erano trapelate le prime indiscrezioni sul nuovo corso, come riportava Reuters. A ottobre la notizia che l’Alleanza avrebbe annoverato lo spazio tra i vari teatri di guerra era già circolata tra gli addetti ai lavori, pertanto quanto detto da Stoltenberg lo scorso mercoledì non ha colto nessuno di sorpresa. La svolta è stata dettata, in particolare, dalla Francia. L’annuncio infatti si pone nel solco di quanto detto da Parigi (ma anche da Washington) riguardo all’uso dello spazio fatto dalla Russia o dalla Cina: in particolare il governo francese, a fronte del rinnovato sviluppo di sistemi potenzialmente anche offensivi da parte di Mosca e Pechino, si è riservato il diritto di sviluppare laser anti satellite per proteggere la costellazione dei propri sistemi spaziali. La decisione della Nato arriva poi in un momento in cui l’Alleanza sembra scricchiolare, a fronte delle criticità americane che, nella persona di Trump, accusano le nazioni dell’Alleanza di poca collaborazione al bilancio e soprattutto a fronte della spinta francese verso l’istituzione di un esercito europeo, che trova ancora qualche resistenza all’interno dell’Ue. Stoltenberg ha affermato, contestualmente all’annuncio, che era da molto tempo che non si vedeva una convergenza collaborativa, pur densa di posizioni diverse, tra nazioni Nato come quella registrata nella riunione, quasi a voler sottolineare che le divergenze emerse nell’ultimo periodo sono state appianate davanti al nuovo, ambizioso, obiettivo.
La space warfare è indispensabile nel conflitto moderno.
Le attività umane contemporanee, siano esse civili o militari, sono legate in modo particolare alle attività spaziali: se pensiamo, ad esempio, alla rete di satelliti di posizionamento globale (Gps, Glonass o Galileo) qualsiasi persona che sia dotata di uno smartphone la utilizza quotidianamente più volte al giorno. Abbiamo già citato la fondamentale attività di controllo e previsione meteorologica, che ha un valore civile ma anche militare, e non dimentichiamo che parte delle comunicazioni (perché la maggior parte passa ancora attraverso i cablaggi), come gli stessi sistemi di navigazione di missili e velivoli, sono dipendenti dai satelliti. Quindi la Space Warfare, ovvero il complesso di attività volte al controllo degli assetti spaziali e dei sistemi atti a neutralizzarli, siano essi basati a terra o in orbita, assume un’importanza vitale per i conflitti moderni e lo spazio diventa un campo di battaglia al pari del mare, del cielo o della terra. Cina e Russia sembrano averlo capito, al pari degli Stati Uniti che hanno recentemente creato la Smf (Space Mission Force), un reparto inquadrato nel 50esimo Space Wing di base a Schriver (Colorado) posto sotto il controllo diretto del Comando Spaziale (Afspc) con il compito di monitorare ed impiegare al meglio tutti i sistemi satellitari militari e di intraprendere azioni offensive e difensive volte a mantenere la supremazia americana in questo campo di battaglia. Pechino e Mosca sembrano aver intrapreso, infatti, una “corsa agli armamenti spaziali”. In particolare la capacità cinese di colpire satelliti in orbita bassa (Leo, 100 – 1500 km ) viene considerata matura e entro pochi anni sarà basata anche su lanciatori mobili – come afferma un rapporto del Secure World Foundation sulle capacità counterspace – per contrario la possibilità di colpire bersagli ad orbita media (Meo, 5 mila 10 – mila km) ed in orbita geostazionaria (36 mila km) appare ancora in fase sperimentale. La Russia per il momento sembra non avere ancora capacità antisatellite su una scala sufficiente o capaci di raggiungere un’altitudine tale da porre in essere una minaccia critica agli assetti spaziali americani, comunque, sebbene sembri che gli sviluppi in questo senso non siano rivolti verso sistemi che vanno oltre l’orbita bassa, attuare disturbi di comunicazioni satellitari (jamming) su una vasta area a partire da stazioni a terra, come può effettuare il sistema da guerra elettronica Krasukha-4 – attualmente presente in Siria – che, oltre a poter accecare i radar di terra, quelli di velivoli Awacs ed i dispositivi di ricezione del segnale satellitare di Uav e missili da crociera, può accecare anche i satelliti in orbita bassa.
Nessun’arma nello spazio?
Il segretario Stoltenberg ha assicurato che la Nato non ha intenzione di basare armi nello spazio o di sviluppare tali capacità in proprio, affermando chiaramente che non ne verrà fatto sarà nessun “utilizzo per scopi offensivi”. “Il nostro approccio resterà puramente difensivo e integralmente in linea con le leggi internazionali. La Nato non ha intenzione di sistemare armi nello spazio, ma abbiamo bisogno di assicurare alle nostre missioni e operazioni il giusto supporto” sono state le parole di Stoltenberg che ha proseguito affermando “però dobbiamo considerare il fatto che lo spazio sta diventando sempre più importante ed è una cosa che ha a che vedere con la vulnerabilità e resilienza delle nostre società civili, dato che lo spazio è importante per diversi motivi”. Il segretario, quando ha citato il rispetto delle normative internazionali, si stava riferendo all’Outer Space Treaty (Ost). In vigore dal 1967 l’Ost, il trattato sullo spazio extra-atmosferico basato sulle risoluzioni dell’Onu risalenti al biennio 1962-63, stabilisce i principi di riferimento dell’uso dello spazio che si possono essenzialmente riassumere in tre punti fondamentali: l’uso pacifico dello spazio, la libertà per ogni Paese di accedere ed utilizzare lo spazio poiché, così come i corpi celesti, non è soggetto a dichiarazioni di sovranità e l’impegno da parte degli Stati a non lanciare in orbita sistemi equipaggiati con armi nucleari o di distruzione di massa (Weapons of Mass Destruction – Wmd). La semplicità del trattato è anche il suo punto debole: non è chiaro, infatti, cosa si intenda esattamente per “uso pacifico” dello spazio e quali siano i comportamenti che possono violare questa definizione. Non viene nemmeno citata la proibizione dell’utilizzo di satelliti per scopi militari – purché non siano dotati di armi di distruzione di massa – come possono essere quelli di raccolta informazioni, sorveglianza, comunicazioni, navigazione. Essendo poi nato nel 1967, la sola idea di armi antisatellite a microonde o laser – non rientranti nel campo delle Wmd – era confinata alla fantascienza e pertanto non presa in esame. A ben vedere l’Ost non vieta nemmeno l’utilizzo di armi antisatellite basate a terra di tipo tradizionale, come i missili Asat (Anti Satellite), oppure non vieta lo sviluppo di sistemi dalla natura duale come possono essere quei satelliti in grado di rifornire e riparare altri satelliti che possono essere rapidamente convertiti in sistemi atti a distruggere gli assetti spaziali del nemico. L’Ost è però ambiguo e molti, soprattutto in Cina e in Russia, per una motivazione che andremo a spiegare, lo considerano obsoleto. A febbraio del 2008 Pechino e Mosca presentarono una bozza di aggiornamento del trattato durante la Conferenza sul Disarmo. Tale documento aveva però alcune incongruenze considerate inaccettabili da parte degli Stati Uniti e dall’Unione Europea e pertanto venne respinto. Infatti la bozza non alterava il diritto all’autodifesa (pertanto in caso di necessità lo spazio poteva diventare teatro di operazioni militari), non proibiva lo sviluppo e test di sistemi antisatellite (riguardava solo quelli perennemente in orbita) e soprattutto non forniva mezzi concreti di verifica dell’attuazione dello stesso. Fondamentalmente si trattava di una mossa per prendere tempo in modo da bloccare lo sviluppo americano ed europeo e colmare il gap tecnologico. Un provvedimento del genere, infatti, andava a colpire quei Paesi la cui ricerca era in fase più avanzata limitando il campo d’azione delle armi Asat a quelle basate a terra. La Nato quindi, con questa svolta nelle sua postura strategica, potrebbe aprire il campo a collaborazioni con gli Stati Uniti nel campo della Sw, ma soprattutto potrebbe dare impulso all’industria aerospaziale europea per lo sviluppo di sistemi satellitari, o basati a terra, all’avanguardia, anche considerando che l’Esa, l’European Space Agency, rappresenta un’eccellenza globale non solo nel campo della messa in orbita di carichi ma anche nella produzione di sistemi spaziali.
Fonte: https://it.insideover.com