Il New York Times racconta di come in Grecia si stia pian piano diffondendo un’economia basata sul baratto, su moneta locale, su autoproduzione e banche del tempo. Qualcuno sussurra che anche l’Italia sia destinata alla famosa “fine dell’Argentina”, dove la sussistenza di molte famiglie si basò a lungo sugli scambi di beni e servizi. Così mi sono chiesta: cosa sappiamo fare di utile? Se dovesse accadere un disastro come quello greco, con milioni di persone senza lavoro o con stipendi ancor più miseri di quelli odierni, chi riuscirà davvero a sopravvivere?
La risposta è: chi ha qualcosa da vendere. Non solo patate e uova, ma anche conoscenze che possano essere utli agli altri. In Grecia si parla, oltre che di cibo e oggetti di uso, anche di lezioni di chitarra o di inglese, della riparazione di un vestito o di un’automobile, di una visita medica. Ciascuno di noi dovrebbe prepararsi ad offrire qualcosa in cambio di qualcos’altro.
Purtroppo, molti di noi non sanno fare proprio un accidente.
E’ un’economia basata su mestieri quali il web designer, il project manager, il funzionario burocrate, il commerciante seduto dietro il bancone, il freelance di questo e quello, il consulente di gestione del magazzino, il dietologo, lo psicologo dei gatti, il personal shopper, il personal trainer, l’archivista, lo junior art director, l’analista di procedure, l’ingegnere gestionale, il genetista, tutta gente che non avrà nulla da scambiare né in termini di produzione di beni né in quelli di servizi a potenziali acquirenti.
Faremo ricorso agli hobbies, coltivati magari anni prima. Chi suonava il piano, chi sapeva montare a cavallo, chi mastica il russo, chi ha la licenza di caccia. Il problema è che se sappiamo cambiare un rubinetto o fare un orlo, non potremo comunque competere con idraulici e sarti. Occorre trovare una nicchia, ravanare nella nostra storia personale per reperire una conoscenza insolita, una capacità poco diffusa, oppure cercare di imparare fin da ora qualcosa di concreto che ci sarà utile.
Qualcuno si lancia a fare il pane, il formaggio, il sapone in casa. La Saponaria, gli esperti ufficiali della Rete nel campo “saponi fai da te”, lancia il primo concorso per l’autoproduzione. Saponi fatti con gli scarti, con gli avanzi, un’idea carina.
Ma anche l’autoproduzione si scontra con una realtà: finché esisteranno in vendita saponi da 50 cents made in China, difficilmente i saponi autoprodotti potranno essere scambiati con un’otturazione dentale o un carburatore nuovo. Così come difficilmente i ravanelli coltivati sul terrazzo potranno essere altrettanto “competitivi” per ottenere ciò di cui avremo bisogno.
Fonte: http://www.stampalibera.com