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Migrazione delle cellule dalle meningi alla corteccia cerebrale in fase neonatale.

 

Uno studio internazionale partito dall’Università degli Studi di Milano e dall’Università di Verona ha dimostrato che esistono cellule staminali neurali nelle meningi – le membrane che avvolgono il sistema nervoso centrale – che possono produrre nuovi neuroni anche dopo la nascita. La scoperta, che apre interessanti orizzonti nella messa a punto di nuove terapie per malattie neurologiche come la sclerosi multipla e malattie neurodegenerative come l’Alzheimer, è stata annunciata sulla prestigiosa rivista scientifica “Stem Cell”. Lo studio multicentrico, cioè condotto secondo un unico protocollo in diversi centri di ricerca, ha coinvolto, oltre ai ricercatori della Statale e dell’ateneo veronese, esperti dell’Istituto di Ricerca VIB in Belgio, del German Cancer Research Center (DKFZ) in Germania, dell’Univesità di Antwerp in Belgio e dello Swiss Federal Institute of Technology elvetico. Le staminali originano durante lo sviluppo dell’embrione e dopo la nascita migrerebbero dalle meningi verso le regioni interne del cervello, producendo nuovi neuroni per la corteccia encefalica – la parte più esterna dell’organo nervoso alla base delle nostre capacità sensomotorie e cognitive – in grado di connettersi e scambiare informazioni con i circuiti neuronali già esistenti.

“La dimostrazione della presenza nelle meningi di cellule staminali neurali, le cellule che assicurano la rigenerazione di nuovi neuroni, potrebbe assumere un significato molto importante per lo sviluppo di terapie per la cura delle malattie neurodegenerative” commenta Francesco Bifari del Dipartimento di Biotecnologie Mediche e Medicina Traslazionale della Statale di Milano, primo Autore dello studio.

“Il prossimo passo della ricerca – prosegue il ricercatore milanese – sarà quello di studiare il ruolo delle cellule staminali delle meningi nelle malattie in cui i neuroni sono danneggiati, quali ad esempio la sclerosi multipla, la lesione del midollo spinale e la malattia di Alzheimer”.

Articolo originale: http://www.cell.com

Fonte italiana: https://www.researchitaly.it

 

 

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