La Cina ha deciso da tempo di uscire dal suo guscio. Lo sta facendo a livello politico, commerciale, ma anche e soprattutto, militare. In questa prospettiva, il mare assume un ruolo essenziale. Il Pacifico è diventata un’area di estensione dell’influenza cinese, dove Pechino sfida un’altra potenza che vuole avere e mantenere il controllo dell’oceano: gli Stati Uniti. La potenza navale cinese, in rapida espansione, sta però cercando non solo di livellare la sua forza rispetto a quella americana, ma sta cercando anche di superarla, mettendo a repentaglio quel dominio dei mari che Washington considera fondamentale per la sua strategia a lungo termine. E in questa prospettiva, da Pechino arrivano importanti novità, frutto degli investimenti del governo cinese nella ricerca. La marina cinese sta infatti sviluppando una nuova classe di sottomarini senza equipaggio.

I nuovi sottomarini.
Di grandi dimensioni, relativamente poco costosi e in grado di svolgere una serie di missioni non solo di ricognizione ma anche d’attacco, i nuovi mezzi della Marina di Pechino contano di essere pronti in pochi anni. Il South China Morning Post parla del 2020, ma sembra una data molto ottimista. I sottomarini, che sarebbero dotati di un sistema di Intelligenza artificiale in grado di controllarli, sono infatti ancora in stato di progetto. Come spiegato dai ricercatori coinvolti nel progetto, i mezzi “usciranno, svolgeranno i loro compiti e torneranno alla base da soli. Possono stabilire periodicamente il contatto con il comando di terra per gli aggiornamenti, ma sono, come da progetto, in grado di completare le missioni senza l’intervento umano“. Tuttavia, a Pechino conoscono anche i limiti di questi progetti, tanto che, almeno nelle prime fasi, non è previsto che essi soppiantino completamente l’equipaggio umano. L’attacco di un bersaglio nemico sarà sempre una decisione che prenderà un essere umano. Insomma, esistono ancora scelte che l’intelligenza artificiale non può né deve assumere. Detto questo, è chiaro che l’Intelligenza artificiale avrà un ruolo fondamentale. E che non può essere sottovalutato proprio alla luce di quanto sostenuto dai ricercatori cinesi. Perché se è vero che il cervello elettronico non potrà decidere se attaccare un mezzo nemico, è altrettanto vero che i sottomarini robotici fanno molto affidamento sull’intelligenza artificiale per affrontare l’ambiente circostante. “Devono costantemente prendere decisioni da soli: cambiare rotta e profondità per evitare il rilevamento; distinguere i civili dalle navi militari; scegliere l’approccio migliore per raggiungere una posizione designata”, spiega il quotidiano di Hong Kong. Segno che, ad ogni modo, siamo di fronte a una profonda rivoluzione della strategia navale.

La gara con gli Stati Uniti e la Russia.
Lin Yang, direttore presso l’Istituto di automazione di Shenyang, ha definito il programma di sviluppo dei sottomarini senza pilota come una contromisura a quanto progettato in questi anni dagli Stati Uniti. Lo scorso anno le forze armate Usa hanno stipulato un accordo con i principali appaltatori della Difesa per due prototipi di Xluuv (Extra Large Unmanned Undersea Vehicle) entro il 2020. Il primo è il sistema Orca della Lockheed Martin. Come scritto su Il Giornale, “questo sistema autonomo a lungo raggio avrà una diversificata capacità di carico utile per svolgere ad esempio missioni Isr (intelligence, sorveglianza e ricognizione) o l’addestramento antisom. La capacità multi-missione di Orca è garantita da un vano di carico utile riconfigurabile. I principali vantaggi di Orca sono l’intelligenza artificiale (potrà operare senza la comunicazione costante con il centro di controllo), l’autonomia, la stiva di carico modulare, la persistenza in area operativa ed il sistema di alimentazione ricaricabile ibrido”. Il secondo progetto è l’Echo Voyager della Boeing, un sottomarino autonomo da 50 tonnellate, inizialmente sviluppato per usi commerciali come la mappatura del fondale marino e adesso pensato per scopi bellici. Con una lunghezza di oltre 15 metri e un diametro di 2,6, “può operare per mesi su una distanza di 12mila chilometri, più che sufficiente per navigare da San Francisco a Shanghai. La sua velocità massima raggiunge i 15 km all’ora”. Entrambi i progetti sono stati considerati a loro volta la risposta alla scoperta dello Status-6 della Russia. Il siluro autonomo subacqueo russo, a detta degli esperti, è in grado di trasportare un’arma nucleare. Come scrive sempre Il Giornale, “il drone dovrebbe avere un’autonomia di diecimila km. Lo Status-6 dovrebbe avere un diametro di 1,6 metri, una lunghezza di 24 e sarebbe in grado raggiungere una profondità operativa di mille metri”.

L’intelligenza artificiale e la nuova era della guerra.
Questi nuovi sottomarini cinesi saranno in grado di svolgere numerose attività che un equipaggio umano non potrebbe né vorrebbe fare. Si pensi per esempio a un caso ipotizzato dagli stessi ricercatori cinesi: un attacco suicida. L’ipotesi è stata analizzata nel dettaglio dagli istituti di ricerca ed è effettivamente possibile che questi sottomarini agiscano come “kamikaze” o che si frappongano fra un sottomarino cinese e un missile in avvicinamento o un mezzo nemico. “L’intelligenza artificiale non ha anima. È perfetto per questo tipo di lavoro”, fanno sapere i progettisti. Luo Yuesheng, professore al College of Automation della Harbin Engineering University, ha dichiarato inoltre che la capacità dell’intelligenza artificiale di questi sottomarini non è tanto quella di non avere paura, che comunque è un tema su cui riflettere, ma diventeranno, nel tempo, armi formidabili. La continua raccolta di dati rende infatti sempre più sofisticatati i database di questi mezzi, e diventerebbero macchine da guerra formidabili anche contro mezzi guidati dall’essere umano, soprattutto se si muovono sempre nelle stesse acque.

Fonte: http://www.occhidellaguerra.it

 

 

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