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La sfida commerciale tra Stati Uniti e Cina, che oramai è sempre più determinata dalla componente tecnologica, ha conosciuto nei giorni scorsi un punto apicale nel momento in cui il Wall Street Journal ha rivelato che l’amministrazione Trump ha, di recente, dissuaso gli alleati dall’utilizzare gli hardware Huawei nella loro infrastruttura strategica di telecomunicazione. Numerosi funzionari americani “avrebbero informato le loro parti governative e i dirigenti delle telecomunicazione nei paesi amici dove le apparecchiature Huawei sono già ampiamente utilizzate – compresi Germania, Italia e Giappone – parlando di rischi per la sicurezza informatica”. Come ricorda Repubblica, Huawei “grazie alle politiche di prezzo che caratterizzano l’espansione commerciali cinese in tutto il mondo, grazie a prezzi più che favorevoli è riuscita a espandersi in quasi tutti i mercati mondiali. Con punte di penetrazione che in alcuni Paesi raggiungono anche il 90 per cento della quota di mercato” e preoccupano notevolmente Washington. Il tema sul terreno è il controllo della comunicazione 5G, potenzialmente in grado di scatenare una rivoluzione economica globale basata sull’informatica e pregiato asset strategico conteso tra Pechino e Washington.

Huawei nella guerra del 5G.
Nella corsa globale alla dominazione nel 5G la Cina è, attualmente, davanti agli Stati Uniti, forte delle potenzialità offerte da un modello centralizzato attorno al Ministero dell’Industria, dell’Innovazione e della Tecnologia, che porterà a sviluppare investimenti complessivi pari a 400 miliardi di dollari nei prossimi anni su scala globale, tanto da parte degli apparati statali quanto da parte di gruppi industriali ad essi legati, come Zte e, appunto, Huawei. Come scrive The Verge, “già quest’anno il governo statunitense ha vietato alle agenzie statali di utilizzare materiale Huawei e ai negozi nelle basi militari di venderne i dispositivi. Inoltre, sono sorte paure per la possibilità che le basi militari d’oltreoceano possano essere sottoposte ad attacchi hacker nel caso in cui il loro traffico dati passi attraverso reti internet commerciali costruite da Huawei”. La compagnia, forte anche del suo stato di cooperativa, ha sempre puntato a presentarsi come un’istituzione economica indipendente dal governo di Pechino, mentre nel febbraio scorso Tom Cotton, senatore repubblicano, ha definito Huawei “un braccio del governo cinese”. Certamente, un rapporto simbiotico tra il colosso di Shenzhen e i vertici dell’Impero Di Mezzo esiste: è così anche tra i giganti del web statunitensi e gli apparati federali, sarebbe impossibile fosse l’opposto per una nazione come la Cina, che punta sulla supremazia informatica e tecnologica per rafforzare la connettività globale nel quadro della “Nuova Via della Seta”.  In ogni caso, l’attacco di Trump a Huawei segnala che la sfida geopolitica del 5G e la “guerra dei dati” sono giunte a un nuovo stadio. E questo pone in una posizione difficile quei Paesi alleati degli Usa che hanno aperto le porte agli investimenti di Huawei. Tra questi, l’Italia si colloca in prima fila.

Huawei a tutto campo in Italia.
Allo stato attuale delle cose, Huawei rappresenta il 20 per cento del mercato totale delle apparecchiature per le telecomunicazioni (mentre l’altro colosso cinese, Zte, l’11) e ha già penetrato abbondantemente il sistema infrastrutturale italiano, attraverso un progressivo incremento della sua presenza ed influenza che ha visto un osservatore interessato nel Ministro dello Sviluppo Economico del governo Conte, Luigi Di Maio.  Di Maio ha di recente celebrato gli oltre 6 miliardi di euro raccolti nel primo bando nazionale per le frequenze 5G, ma al tempo stesso non è rimasto indifferente all’azione indipendente di Huawei, che a settembre lo ha avuto come ospite d’onore in un convegno organizzato alla Camera dei Deputati. Fatto che ha scatenato le dure critiche di Giulio Sapelli, secondo cui “mentre i colossi cinesi, ormai monopolisti sul piano delle infrastrutture di rete, vengono estromessi da gare pubbliche per privilegiare un controllo nazionale su questi asset strategici, noi stiamo colpevolmente trascurando un aspetto cruciale per la sicurezza nazionale”, sottolineando l’importanza geopolitica della partita sul 5G.

Quale prospettiva per il futuro?
Gli Stati Uniti temono che l’Italia possa essere, direttamente o indirettamente, influenzata da una Cina capace di controllare la sua infrastruttura di telecomunicazione attraverso Huawei. L’Italia in generale (e la Sicilia in particolare) sono vitali per le strategie geopolitiche degli Usa in materia di informazione e traffico dati, e Washington non accetterebbe mai una limitazione della sua sfera di influenza. Studiosi come Sapelli e Carlo Pelanda sono tra i maggiori critici di uno scivolamento geopolitico dell’Italia al di fuori dei perimetri atlantici di conseguenza alla sfida tecnologica. In ogni caso, come scrive Formiche, “se il governo americano è pronto a creare un cordone sanitario intorno agli alleati pur di evitare la penetrazione delle aziende del Dragone nelle infrastrutture critiche, a costo di stanziare appositi fondi per compensare le perdite di mercato, fra gli addetti ai lavori c’è chi ritiene opportuno escludere dalla rete del 5G tutte le aziende legate a un governo straniero, senza distinzioni." "Le reti strategiche non possono essere gestite da aziende straniere” spiega Arturo Di Corinto, esperto di Cyber e giornalista de L’Espresso e di Repubblica, “basta che un software, un router, un cavo siano gestiti da un altro Paese e non puoi più dirti sovrano”. Huawei è parte integrante di uno scenario molto complesso, che vede sfidarsi direttamente i pesi massimi della geopolitica planetaria. L’Italia è osservata speciale di questo duello. Ma si trova anche nella difficile situazione di essere strategica per entrambi i contendenti e di non poter, in fondo, scontentare nessuno. Segno della difficoltà a ritrovare una sovranità effettiva, che si sostanzia nella capacità di prendere iniziative strategiche autonome. In assenza di alternative, il rischio è, per l’ennesima volta, di finire col decidere di non decidere. Acuendo ancora di più l’irrilevanza del paese.

 

Fonte: http://www.occhidellaguerra.it

 

 

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