Cina, Russia e Stati Uniti. Tre superpotenze che provano a spartirsi il mondo, aumentando le rispettive aree di influenza, e con l’Europa che si ritrova a essere un terreno di scontro più che una protagonista della sfida fra giganti. E l’Italia, forse più di ogni altri Paese all’interno dell’Unione europea, si trova in queste ore a essere il simbolo di questa sfida fra superpotenze, con gli Stati Uniti che mostrano in maniera sempre più netta il loro punto di vista sulla possibilità che Palazzo Chigi apra le porte alla Cina.
La questione è centrale non solo per l’Italia, ma anche per il mondo. E manifesta in maniera plastica un grande cambiamento strategico che sta avvenendo in tutto il pianeta: Washington ha scelto il suo avversario strategico, e, come già affermato nelle ultime pubblicazione della Difesa Usa, questo avversario è la Cina. Forse anche più della stessa Russia, con cui intercorrono, in ogni caso, grosse tensioni ai confini dell’Europa orientale. Il mantenimento della struttura della Nato e la sua espansione verso Est certamente non aiutano. Ma Washington non può permettersi due nemici di questo calibro: ed è per questo che le parole molto dure nei confronti dell’Italia riguardo la Nuova Via della Seta non sono per esempio arrivate sulle relazioni con la Russia, pur avendo la Casa Bianca già mostrato una certa insofferenza verso le ottime relazioni fra Roma e Mosca.
Ma in questa fase storica, gli Stati Uniti non sono così preoccupati dalla Russia come invece lo sono nei confronti del gigante asiatico. Perché se Mosca ha una struttura interna debole dal punto di vista economico – che si fonda quasi esclusivamente sull’enorme ricchezza mineraria ed energetica unita a un ottimo export militare -, la Cina può competere con gli Usa sotto il profilo commerciale, industriale, finanziario e infrastrutturale. E se a questo si aggiunge anche una maggiore influenza politica e una crescita delle capacità militari, ben si comprende il motivo per cui Washington abbia posato gli occhi su Pechino, inserita ormai in cima alla lista degli avversari strategici americani. E l’ultima prova è proprio data dal nostro Paese, con il niet di Washington alla possibilità di inserire Roma come primo protagonista del G-7 a entrare a far parte dell’iniziativa della Nuova Via della Seta. A questo punto, le alternative per gli strateghi americani sono due: unire in un unico blocco Cina e Russia e contrastare le due potenze orientali, oppure provare a sganciare Mosca dalla partnership stretta con Pechino per tentare di spaccare il fronte asiatico. E questa seconda opzione appare quella più credibile nel medio termine, e lo dimostra anche la politica messa a punto dall’amministrazione Trump in questi mesi: scontro aperto con la Cina, pur provando a tessere rapporti positivi con Xi Jinping, e, dall’altro lato, aperture verso il Cremlino fermate dal deep State americano attraverso il Russiagate. Donald Trump quindi non rappresenterebbe solo un personaggio unico nel suo genere, impossibile da catalogare in una strategia coerente da parte dell’America, ma sarebbe in realtà un leader estremamente utile per far cambiare rotta a tutta la politica americana e a quella parte del mondo militare che vede al di là del Pacifico il vero nemico da sconfiggere. L’Italia (e così la stessa Europa) si trova al centro di questa sfida. E l’avvertimento americano su Huawei e sulla Nuova Via della Seta indica che la Casa Bianca ha scelto: può anche accettare un partner che condivida enormi interessi economici con la Federazione russa (l’Italia è fra i primi importatori di gas russo nel mondo), ma non può accettare che tratti la condivisone di infrastrutture strategiche con la Cina. Ed è probabilmente quello che pensa la stessa Unione europea, visto che sanno perfettamente che il gas russo è una necessità irrinunciabile, mentre Pechino si presenta come potenza in grado di spezzare un equilibrio di forze fra Occidente e Oriente che, fino a questo momento, ha garantito comunque una certa stabilità a tutta l’Europa senza intaccare i reali interessi euro-atlantici. Di qui la possibilità che l’Italia rappresenti un modello cui puntano anche gli Stati Uniti. E cioè un’Europa che rappresenti il giusto equilibrio fra interessi Usa e russi ma con una capacità di respingere l’arrivo del gigante asiatico, per evitare che altri Stati europei diventino una Grecia 2.0, che per Washington si è trasformato in un vero rompicapo. Un’Europa collante di Oriente e Occidente, che serve in particolare agli Stati Uniti per frenare l’avanzata cinese non solo nel Vecchio continente, ma anche in quelle aree del mondo dove i partner europei risultano ancora importanti, a partire dall’Africa. Per la Russia, la partita è complessa. Ma è chiaro che anche Mosca, che con Pechino intrattiene ottimi rapporti, inizi a guardare con una certa preoccupazione a quanto sta facendo il colosso asiatico. Perché l’idea che circola non solo alla Casa Bianca, ma anche al Cremlino, è che in fondo la potenza asiatica non sia in grado di accettare un compromesso o altre potenze in grado di controbilanciarla. L’obiettivo è eminentemente egemonico: e la Russia sa di non avere le capacità economiche, industriali e tecnologiche per fermare in futuro una Cina sempre più forte. E per mantenere gli equilibri di potere, l’idea è che Mosca e Washington abbiano cominciato a limare alcune divergenze strategiche. E l’Europa (in particolare l’Italia) potrebbe essere un nuovo laboratorio di questa nuova Guerra Fredda.
Fonte: http://www.occhidellaguerra.it