La Seconda guerra mondiale? L’hanno fatta scoppiare i Polacchi nel 1939: Austriaci e Cecoslovacchi non c’erano riusciti fra 1936 e 1939. Così, per evitare malintesi con i focosi polacchi, i Sovietici nei primi anni Ottanta preferirono evitare di ripetere fra Varsavia e Danzica le esperienze di Germania Est 1953, Ungheria 1956 e Cecoslovacchia 1968, tre storie di Paesi “fratelli socialisti” che si lasciarono invadere.
Di che cosa stiamo parlando? Facile: del così detto “paradosso della guerra”, cioè il fatto che in realtà la guerra non sia causata mai dall’attaccante, ma sempre da chi si difende. Ma andiamo per ordine…
La parola guerra è spesso applicata a tutti i conflitti degli uomini fra di loro o fra gli uomini e la natura che li circonda, ma in realtà la guerra vera, dai tempi dei cacciatori e raccoglitori neolitici a oggi è solo il conflitto fra le comunità, quasi sempre rappresentate da quelle meravigliose costruzioni a cui gli uomini stessi hanno delegato il monopolio dell’uso della forza: gli Stati.
Quando scoppia una guerra, ricchi e poveri, residenti e stranieri, dotti e ignoranti, soldati e civili si accusano a vicenda, convinti che la causa sia l’aggressività, l’ambizione, l’ingordigia o l’inganno dell’altro: come avrebbe detto Agata Christie, si osservano fra di loro e pensano: “Uno di noi è in realtà l’assassino”.
Spesso, siamo portati a giudicare le guerre come i bisticci fra le persone: chi ha cominciato per primo?
Emblematico è il caso delle due guerre mondiali: ovviamente, direte, le ha cominciate entrambe la Germania! Ma ne siamo davvero certi?
Proviamo, brevemente, a mandare all’indietro il nastro dei complessi giochi di alleanze che fanno scoppiare la Grande Guerra. Il 28 luglio l’impero austro-ungarico dichiara guerra alla Serbia. Fra il primo e il 3 agosto la Germania dichiara guerra al Belgio, alla Francia e alla Russia, ma non alla Gran Bretagna, la quale provvede il 4 a dichiarare essa stessa guerra all’impero guglielmino. Alla dichiarazione di guerra di Vienna all’impero russo rispondono Londra e Parigi dopo una settimana. Insomma, un ginepraio da cui sembrano emergere le “chiare” responsabilità di Austriaci e Tedeschi. Le cose sono più semplici nel settembre 1939: la Germania hitleriana attacca la Polonia, al ché dopo pochi giorni Londra e Parigi rispondono con la loro dichiarazione di guerra a Berlino. Più evidente di così… Il colpevole è la Germania, che ha in mano la pistola fumante in entrambi i casi.
In realtà, come in Dieci piccoli indiani, uno dei capolavori immortali della grande scrittrice britannica che abbiamo citato poco fa, ci si inganna spesso su chi davvero è il trigger, che fa scattare la guerra.
Intendiamoci: non stiamo qui a parlare delle “cause profonde”, perché la ricerca di quelle ci inganna e ci costringe a un ritorno all’indietro… Fino a Adamo ed Eva e ci costringe ad affidarci a una serie di cause ed effetti in realtà priva di rapporti determinanti!
Dire che la Guerra franco-prussiana del 1870-71 ebbe radici profonde è come dire che fu determinata dalla disfatta di Teutoburgo. Ma tutto quello che c’è nel mezzo non fu il prodotto di un destino ineluttabile: quindi, non ci aiuta a capire.
Limitiamoci allo scoppio delle ostilità, cioè al giorno zero di una guerra. L’aggressore - da non confondere col trigger, cioè con colui che da inizio a una guerra fra Stati - muove le sue forze attorno e dentro il territorio dell’aggredito. È scoppiata una guerra? Ma neanche per sogno: se per convenienza, paura o dabbenaggine non ordina un contrattacco, non tenta di respingere le truppe, ma anzi ne agevola il passaggio, la guerra semplicemente non si verifica.
Sgombriamo, quindi, il campo dai malintesi: non è l’aggressore colui che da inizio a una guerra, ma chi si difende. Sì, perché per avere una guerra ci vuole, appunto, una parte con cui entrare in conflitto. Se l’Austria nel 1936 agevola il passaggio delle truppe tedesche, se la Cecoslovacchia nel 1938-39 si lascia tagliare a pezzi dai Tedeschi e nel 1968 permette l’invasione dei Sovietici, se l’Ucraina nel marzo 2014 non si oppone ai Russi mentre occupano la Crimea, non siamo più di fronte a guerre ma ad annessioni territoriali. Che siano illegali o legali, illegittime o legittime, condotte con la violenza o pacificamente, poco importa: non c’è una parte che almeno tenta di opporsi alla volontà dell’altra, quindi non si innesca una guerra. Che, poi, si instauri uno stato di tensione internazionale o fra i due Paesi, questo afferisce ad una eventuale futura guerra: l’annessione di un territorio si è verificata senza che iniziasse una guerra fra Stati. Che sia la Guerra dei Cent’anni, durata per quasi cinque generazioni, o la guerra fra l’Impero britannico e Zanzibar, durata un’ora, poco importa: devono esserci due soggetti titolari nel loro ambito del monopolio dell’uso della forza perché ci sia una guerra e di questi due soggetti quello che risponde all’azione aggressiva deve, come minimo, ordinare una reazione.
Insomma, sono la Serbia nel 1914 e la Polonia nel 1939 che, decidendo di non cedere davanti a un’aggressione, danno inizio alle due guerre mondiali: se ti difendi e non ti lasci smembrare, allora comincia una guerra. Invece, se non reagisci all’aggressione, non vuol dire che la legittimi o la legalizzi, ma senza dubbio non inizi una guerra. Basta questo per renderti meritorio? Assolutamente no! Anzi, come abbiamo detto all’inizio, il compito dello Stato nel suo territorio consiste nell’esercizio del monopolio della forza: dal momento che cessi da questa funzione, lasciando che un altro Stato lo eserciti in tutto o in parte del tuo territorio, costituisce mancanza gravissima da parte di uno Stato verso la comunità che ci si era affidata.
Come avrebbe detto la stessa Agata Christie, “Dio lascia l'opera della condanna e del castigo a noi mortali”. Anche il difendersi attraverso una guerra è lasciato a noi: non ci sono scorciatoie.
Fonte: https://www.difesaonline.it