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La guerra dei sette anni fu un conflitto che si svolse tra il 1756 e il 1763 e coinvolse le principali potenze europee dell'epoca, fra cui la Gran Bretagna, la Prussia, la Francia, l'Austria e l'Impero russo. Questa guerra venne definita da Winston Churchill come la prima vera "guerra mondiale", poiché fu il primo conflitto della storia ad essere combattuto non solo sul territorio europeo, ma anche in varie parti del globo ove le potenze europee avevano dei possedimenti coloniali.

 

 

Al contrario delle varie guerre di successione, la Guerra dei sette anni non fu un "conflitto dinastico", ma un "conflitto moderno" finalizzato sia alle conquiste territoriali, per ottenere l'egemonia in Europa, sia al dominio commerciale, garantito dal controllo sui traffici marittimi al quale miravano Gran Bretagna e Francia. I due schieramenti in conflitto furono la coalizione formata da Austria, Francia, Russia, Polonia e Svezia e l'alleanza fra Gran Bretagna e Prussia, la nuova potenza europea che disponeva di una formidabile macchina da guerra e, soprattutto, di un grande e ambizioso condottiero, il re Federico II.



Cause.
La prima metà del XVIII secolo si era conclusa con il trattato di Aquisgrana, sottoscritto il 18 ottobre 1748 tra tutte le maggiori potenze d'Europa, che aveva messo fine alla lunga guerra per la successione al trono d'Austria. Gli accordi di Aquisgrana avevano sostanzialmente premiato soltanto la Prussia e il Regno Sardo, oltre ad aver restituito il Ducato di Parma e Piacenza alla sua erede legittima. Infatti, Federico II Hohenzollern, Re di Prussia, si era visto confermare il possesso della Slesia a danno dell'Austria. Carlo Emanuele III di Savoia, Re di Sardegna, si era visto assegnare l'alto novarese, Vigevano e Voghera. Elisabetta Farnese, vedova da tre anni di Re Filippo di Spagna, si era vista riconoscere i propri diritti ereditari sul Ducato di Parma e Piacenza, che ebbe a riassegnare, a sua volta, al proprio figlio secondogenito, don Felipe, dando origine, in tal modo, alla quarta dinastia Borbone in Europa (i Borbone di Parma appunto). Tutte le altre potenze firmatarie del trattato si videro confermato, di fatto, soltanto quanto già era in loro possesso prima del conflitto, dando origine ad un generalizzato stato di insoddisfazione. Solo il riassetto geo-politico degli Stati italiani aveva soddisfatto i plenipotenziari firmatari del trattato di pace, avendo posto le premesse per una stabilità della penisola che si protrasse per circa cinquant'anni, fino all'intervento napoleonico nel 1796. Particolare insoddisfazione manifestava Maria Teresa d'Asburgo, Imperatrice d'Austria, che non aveva mai accettato la perdita della Slesia a favore della Prussia, soprattutto perché il sacrificio territoriale era stato compensato soltanto con una semplice riconferma della "prammatica sanzione", il cui riconoscimento era già avvenuto a seguito della pace di Vienna che aveva chiuso, nel 1738, la guerra di successione polacca. Il quadro delle alleanze delineatosi al tavolo dei negoziati di Aquisgrana aveva visto schierati da una parte la Francia e la Prussia, dall'altro l'Inghilterra e l'Austria. Queste ultime con il sostegno del Regno Sardo, della Spagna di Ferdinando VI di Borbone, nonché dell'Olanda e della Russia. In buona sostanza, le due grandi e solide alleanze che si erano confrontate ad Aquisgrana erano quelle tra la Francia di Luigi XV di Borbone e la Prussia di Federico II Hohenzollern da un lato e, dall'altro l'Austria di Maria Teresa d'Asburgo e l'Inghilterra di Giorgio II di Hannover. E tali alleanze erano uscite grandemente rafforzate a conclusione della guerra di successione austriaca. Si può dire che alla base della guerra ci sia l'inasprimento della rivalità coloniale tra la Francia di Luigi XV e l'Inghilterra, poiché la Francia, nella prima metà del Settecento, si era aperta importanti sbocchi commerciali con la Turchia, nel bacino del Mediterraneo e nella stessa America spagnola, a danno dei concorrenti inglesi, i quali dopo la guerra di successione spagnola sembravano aver ottenuto l'egemonia del commercio in Sudamerica. I generi di lusso come gli specchi, le porcellane di Sèvres, i mobili, le trine francesi conquistavano i mercati europei. Inoltre i francesi avevano una posizione di primo piano nel traffico delle merci coloniali grazie allo zucchero delle loro colonie nelle Antille. Anche l'India venne invasa di manufatti francesi: la Francia era da tempo interessata al commercio con l'India, dove dall'età di Luigi XIV aveva ottenuto nell'entroterra del Bengala il centro di Chandernagore e sulla costa la base di Pondichéry da dove si allargò fino a competere con olandesi e inglesi nel commercio della cannella e delle cotonine indiane. I successi commerciali francesi provocarono grave allarme in Inghilterra. I punti di forza della Francia erano l'alleanza delle tribù indiane nell'America settentrionale, i minori costi degli schiavi in Africa e dello zucchero nelle Antille, ma vi erano anche diversi punti di debolezza: lo stato francese era ancora in mano all'aristocrazia feudale e la borghesia francese risultava dunque priva di qualsiasi sostegno statale nella sua competizione con la borghesia inglese. La decisa volontà di Maria Teresa di riappropriarsi della Slesia, divenuta prussiana dopo la guerra di successione austriaca, per riportarla nell'ambito del corpo territoriale dell'Arciducato d'Austria fu il motivo da cui ebbero inizio le ostilità. La brillante manovra diplomatica passata alla Storia con il nome di "rovesciamento delle alleanze" vide il riavvicinarsi di due secolari nemici: la Francia e gli Asburgo, rivali da sempre. Il merito di questo avvicinamento è dell'abile marchese di Kaunitz, cancelliere austriaco, che tessé l'alleanza (cui aderiscono anche Russia, Svezia, Polonia e Baviera) allo scopo di distruggere il regno di Prussia e di spartirsene i territori. Comincia così un nuovo conflitto su basi mondiali, conosciuto come guerra dei sette anni, che ebbe inizio nel 1756 e vide la conclusione nel 1763.



La Slesia.
L'oggetto del desiderio di rivincita di Maria Teresa era la prospera provincia della Slesia. Da sempre legata al regno di Boemia, la provincia di Slesia ed i suoi ducati vassalli, erano stati un possedimento asburgico sin dal 1526, ma dopo due secoli di dominio, essa era andata perduta nel decennio precedente, durante la guerra di successione austriaca, in favore della Prussia. La Slesia, ubicata a Nord Est della Boemia e della Moravia, ai confini con il Regno di Polonia, possedeva una estensione di circa 20.000 km². Adagiata tra la Sassonia e il fiume Oder aveva per capoluogo la città di Breslavia. Ricca di miniere di carbone e di sorgenti di acque minerali possedeva terra fertile e una fiorente agricoltura. Regione ricca di storiche testimonianze monumentali e di complessi architettonici medioevali, costituiva, per l'Austria, una zona strategica di frontiera quale cerniera di raccordo con la Prussia e la Polonia, e, per la Prussia, una necessità vitale data la propria ridotta estensione territoriale. Oggi l'intera regione appartiene alla Repubblica di Polonia. Per poter rientrare in possesso della "sua" Slesia, l'Imperatrice Maria Teresa fece appello alle notevoli capacità politico-diplomatiche del suo primo ministro, ovvero Cancelliere di Stato, il conte Wenzel Anton von Kaunitz-Rietberg. Questi si lanciò nell'impresa ed ebbe l'intuito che, per poter raggiungere lo scopo, era necessario scardinare la solida e ben collaudata alleanza franco-prussiana.



Wenzel Anton von Kaunitz.
Di nobili natali si dedicò agli studi giuridici nella città di Lipsia e si perfezionò in Italia, Olanda e Francia. Nato nel 1711, all'età di 31 anni fu nominato ambasciatore presso i Savoia e, due anni dopo, fu nominato ministro presso il Governatore dei Paesi Bassi austriaci. Fu il ministro plenipotenziario per conto dell'Austria ad Aquisgrana, nel 1748, per la firma del trattato di pace a conclusione della guerra di successione austriaca. Un anno dopo, nella sua qualità di componente della cosiddetta "conferenza segreta", ebbe a suggerire all'Imperatrice Maria Teresa che, per poter rientrare in possesso della Slesia, si rendeva necessario spezzare l'alleanza franco-prussiana. Il piano proposto dal Kaunitz fu immediatamente condiviso dalla sovrana che nel 1750 lo inviò a Parigi come ambasciatore d'Austria con il preciso obiettivo di guadagnare alla causa asburgica Re Luigi e sottrarlo all'alleanza con Federico II che a Vienna veniva definito "il brigante di Potsdam". Kaunitz restò a Parigi fino al 1752 ma non riuscì a convincere Re Luigi della inaffidabilità del prussiano, a causa della ritrosia del Borbone ad abbandonare il suo tradizionale alleato e, contemporaneamente, a convincerlo ad abbracciare la causa degli Asburgo, dal momento che costoro erano, ed erano sempre stati, gli storici nemici della Francia. Pur tuttavia, al suo rientro a Vienna, l'ambasciatore poté rassicurare Sua Maestà Imperiale che ormai il sovrano francese era pronto a rivedere tutto il quadro delle alleanze o, quanto meno, che il Re di Francia aveva cominciato a porsi il problema della inaffidabilità del Re di Prussia.



L'alleanza tra Gran Bretagna e la Russia.
Parallelamente all'Austria, impegnata in complesse manovre diplomatiche per rientrare in possesso della Slesia, anche la Gran Bretagna era impegnata a risolvere un problema di carattere territoriale, ovverosia la sicurezza dell'Hannover, terra d'origine di Re Giorgio II. L'Hannover, oggi coincidente all'incirca con il Land della Bassa Sassonia, era il territorio germanico posto tra il confine nordorientale delle Province Unite olandesi, il fiume Elba ad est e il ducato di Assia a sud ed era adagiato lungo il fiume Weser. Esso costituiva il punto debole dell'Inghilterra, dal momento che apparteneva territorialmente alla Germania ed era difficilmente difendibile. La terra natale della dinastia regnante in Gran Bretagna, essendo ricca di miniere di carbone e dotata di terreni estremamente fertili, destava gli appetiti di vari regnanti. In modo particolare, secondo gli inglesi, di Re Federico II di Prussia. I sovrani europei, infatti, ritenevano che gli inglesi non fossero in grado di difenderla a causa della loro secolare politica che li aveva sempre visti impegnati a difendere le rotte marittime per la sicurezza dei propri approvvigionamenti più che a difendere territori sul continente europeo. La qual cosa rispondeva al vero, soprattutto perché la Gran Bretagna era all'epoca, tra le Grandi Potenze, quello a minor popolazione, per cui non era in grado di mantenere contingenti militari sufficientemente adeguati alla difesa di territori sul continente. Il primo ministro di Re Giorgio II, Newcastle, dopo aver verificato che l'Austria non era in grado di sostenere militarmente una difesa congiunta dell'Hannover, chiese il sostegno della Russia, ove regnava la zarina Elisabetta Petrovna, figlia di Pietro I il Grande. La Russia, poiché temeva le mire espansionistiche del piccolo ma agguerrito Stato prussiano, nel 1755 strinse un accordo con la Gran Bretagna, la cosiddetta Convenzione di San Pietroburgo, mediante la quale, in caso di invasione, si offriva di intervenire militarmente nell'Hannover con la clausola che i costi dell'intervento militare e della permanenza del contingente zarista sul posto fossero sostenuti dall'Inghilterra.



L'alleanza tra la Gran Bretagna e la Prussia.
Federico II, forte ancora dell'alleanza con la Francia, considerò l'accordo anglo-russo come una minaccia di accerchiamento, soprattutto in virtù del fatto che la Francia stava subendo una serie di sconfitte militari ad opera dell'Inghilterra, per cui non sembrava in grado di poter intervenire militarmente a sostegno della Prussia, in caso di aggressione di quest'ultima da parte di una qualsiasi potenza straniera, inducendolo a rompere gli indugi per cercare sicurezza mediante altre alleanze. Attraverso i canali diplomatici, Federico II fece pervenire a Londra la propria assicurazione di non possedere alcuna mira espansionistica sull'Hannover e si offrì di garantire la propria neutralità in un eventuale conflitto anglo-francese attraverso la sottoscrizione anche di un formale impegno diretto. Il 16 gennaio del 1756, infatti, Giorgio II e Federico II sottoscrissero la Convenzione di Westminster mediante la quale i due contraenti si impegnavano ad impedire il passaggio di qualunque esercito straniero sul suolo della Germania. La qual cosa significava non solo una Germania neutrale, ma anche un disimpegno della Prussia da un eventuale conflitto anglo-francese che avesse avuto come obiettivo la conquista dell'Hannover da parte della Francia. In buona sostanza, l'alleanza franco-prussiana cominciava già a vacillare.



L'alleanza tra la Francia e l'Austria.
Durante tutto il corso delle trattative che nell'anno 1755 aveva visto impegnate l'Inghilterra, la Prussia e la Russia, alla ricerca di una nuova situazione di equilibrio e di sicurezza per l'Hannover, anche tra la Francia e l'Austria si erano instaurati negoziati diplomatici, sollecitati essenzialmente dal Kaunitz, al fine di demolire l'alleanza che univa ancora Re Luigi a Federico II. Oltre tutto il trattato d'alleanza franco-prussiano andava rinnovato periodicamente, con un rinnovo previsto entro la fine del 1756. Il Cancelliere, il 21 agosto 1755, consegnò un memoriale al Re di Francia nel quale pianificava addirittura lo smembramento dello Stato prussiano con conseguenti accrescimenti territoriali per tutti gli alleati compresa la Francia. Sarebbe stato sufficiente, per l'Austria, che la Francia avesse dato soltanto il proprio assenso al progetto; non era necessario alcun intervento diretto nelle operazioni militari. Nonostante il memoriale di Kaunitz e nonostante il comportamento tutt'altro che irreprensibile di Federico II nei confronti dell'alleato francese, Luigi XV comunque non riteneva di dover rompere l'alleanza con la Prussia. Allorquando, però, venne a conoscenza che la Prussia e l'Inghilterra avevano sottoscritto la Convenzione di Westminster, il Re di Francia ruppe gli indugi ed avviò una lunga trattativa diplomatica per cercare di riequilibrare il quadro delle alleanze diplomatiche in Europa che, allo stato, appariva troppo sbilanciato verso l'Austria e l'Inghilterra. Innanzi tutto Luigi XV non inviò alcun delegato a Berlino per ridefinire i termini del trattato d'alleanza franco-prussiano in scadenza, anche se si guardò bene dal violarli. Il Borbone, rifiutando ogni tentativo di chiarimento da parte della Prussia, teso a dimostrare che l'accordo con l'Inghilterra era limitato alla sicurezza dell'Hannover e non in funzione anti-francese, avviò trattative diplomatiche con l'Austria. L'obiettivo non era tanto la ricerca di una pura e semplice alleanza che avrebbe, di fatto, riportato l'Austria in una posizione egemone sul continente, bensì quello di evitare l'isolamento diplomatico in cui era caduta la Francia. I negoziati tra Francia e Austria si conclusero con la firma del trattato di Versailles, il 1º maggio 1756, mediante il quale l'Austria si impegnava a restare neutrale nel conflitto in atto, tra la Francia e l'Inghilterra, nelle colonie d'oltremare; mentre la Francia rinunciava a qualsiasi aggressione ai territori di Maria Teresa, compresi i Paesi Bassi. Il trattato prevedeva, inoltre, anche una parte difensiva nella quale ciascuna delle due potenze si impegnava ad accorrere in difesa dell'altra nell'eventualità di una aggressione da parte di terzi. Il trattato di Versailles si configurava sostanzialmente come un accordo difensivo.



La reazione della Russia.
Una delle conseguenze della Convenzione di Westminster fu la reazione della Zarina Elisabetta che vide vanificate tutte le certezze conseguite con la Convenzione di San Pietroburgo, sottoscritta con l'Inghilterra. Ormai la Prussia, forte degli accordi sottoscritti con gli inglesi, avrebbe potuto riprendere facilmente la politica espansionistica verso oriente a danno della Polonia, minando quindi gli interessi della Russia. La qual cosa indusse la Zarina a riprendere e a stringere ancor di più i rapporti di alleanza con l'Austria e la Francia, a cui si unirono anche la Sassonia, la Polonia e la Svezia. Il cosiddetto "rovesciamento delle alleanze" era ormai un fatto compiuto. Le due dinastie che si erano sempre combattute, cioè gli Asburgo e i Borboni, ora si ritrovavano alleate. Mentre l'Inghilterra, tradizionale alleato dell'Austria, ora si ritrovava alleata della Prussia, sul fronte opposto.



Invasione prussiana della Sassonia.
Re Federico di Prussia, avendo preso coscienza dell'alleanza tra la Francia, l'Austria e la Russia e ritenendo l'Inghilterra non in grado di intervenire sul continente, si sentì accerchiato e, al fine di evitare una più che probabile aggressione, effettuò lui la prima mossa invadendo il 29 agosto 1756 la Sassonia, tradizionale alleato francese, senza preavviso e senza una formale dichiarazione di guerra. Federico ripeté pertanto lo stesso gesto che nel 1740 lo aveva portato ad invadere la Slesia asburgica e che poi aveva dato inizio alla guerra di successione austriaca. Con l'invasione della Sassonia ebbe inizio il lungo conflitto passato alla storia come "la guerra dei sette anni". Lo scoppio della guerra e le azioni della Prussia nel 1756 si presentano quasi analoghe agli eventi che condussero alla prima guerra mondiale: la Prussia, sentendosi accerchiata, prese l'iniziativa contro l'Austria invadendo la Sassonia, così come la Germania nel 1914 decise l'invasione preventiva del Belgio per anticipare la Francia, il più temibile fra i suoi nemici. Un punto di dibattito ancora aperto fra gli storici è se la condotta della Prussia sia stata una pura azione difensiva in previsione dei piani offensivi austriaci, oppure se entrambi i contendenti avessero ambizioni territoriali e pertanto fosse inevitabile il conflitto militare.



In Europa.
Sul piano strettamente militare, i prussiani conseguirono due immediate vittorie nel mese di ottobre 1756. La prima sugli austriaci nella battaglia di Lobositz, in Boemia, e la seconda sui Sassoni nella battaglia di Pirna, sul fiume Elba presso Dresda.



In Nord America.
Il conflitto si era esteso immediatamente in Nord America, ove francesi e inglesi avevano cominciato a darsi battaglia immediatamente e dove i francesi, al comando del maresciallo Louis-Joseph de Montcalm, avevano sconfitto le truppe di Re Giorgio, liberando completamente la regione dei Grandi Laghi dalla presenza britannica. Sull'onda emotiva delle sconfitte inglesi in terra americana, entrava nel governo Newcastle il Whig William Pitt, assumendone nel 1757 la guida. Con l'avvento del Pitt le operazioni militari in terra americana subirono un netto rovesciamento. Dalle iniziali sconfitte si passò ad una lenta ma costante ripresa a favore della Gran Bretagna, soprattutto perché William Pitt riteneva che la potenza britannica dovesse esplicitarsi nelle terre d'oltre mare e non sul continente europeo. In altri termini, per Pitt l'Inghilterra era una nazione coloniale di matrice imperiale. Ripetuti invii di contingenti militari verso il Nord America portarono alla conquista dell'intero Quebec nel mese di settembre del 1759 e alla presa della città di Montreal nel 1760, decretando, in tal modo, la definitiva uscita di scena della Francia da tutto il Nord America.



Nell'America centrale.
Anche nell'area caraibica la Francia dovette accusare altre sconfitte per mano britannica, cedendo, di conseguenza, la Martinica ed altre isole, compresa la Guadalupa. Mentre l'Avana fu conquistata dalla Spagna, entrata nel conflitto nel 1762.



In Africa e nel Sud-Est asiatico.
La Gran Bretagna riuscì a conquistare il Senegal in Africa strappandolo ai francesi e Manila nelle Filippine strappandola alla Spagna.



Ripresa delle operazioni belliche in Europa.
Contemporaneamente allo svolgimento del conflitto in terra americana, William Pitt ritenne opportuno e necessario aprire un nuovo fronte con la Francia sul continente europeo, al fine di impedire ulteriori invii di truppe francesi oltre Atlantico e consentire il consolidamento delle conquiste britanniche. In vero, il conflitto in terra d'Europa non aveva avuto un inizio eccessivamente favorevole per la corona britannica. I francesi avevano, infatti, ottenuto una smagliante vittoria sugli inglesi nella battaglia di Hastenbeck, nell'Hannover, il 26 luglio 1757, seguita dall'occupazione sia dell'Hannover stesso che del Brunswick. Ma il Pitt provvide a ricostruire l'esercito dell'Hannover che, un anno dopo, il 23 giugno 1758, sotto il comando del Duca di Brunswick riuscì a sconfiggere i francesi nella battaglia di Krefeld, nella Renania-Westfalia, respingendo le truppe nemiche fino al fiume Reno presso il quale si attestarono fino al termine del conflitto.



Consolidamento dell'alleanza austro-francese.
L'atteggiamento aggressivo di Federico II che lo aveva portato ad invadere la Sassonia, a sbaragliarne l'esercito e ad incorporarne i residui nei propri contingenti militari, ottenne come effetto il rafforzamento dell'alleanza austro-francese che ebbe il suo momento di sintesi nella firma del secondo trattato di Versailles, il 1º maggio 1757, mediante il quale l'alleanza si trasformava da difensiva in offensiva, con l'obiettivo dello smembramento dello stato prussiano. In cambio del sostegno militare all'Austria, Luigi XV otteneva la promessa di assegnazione di una parte dei territori dei Paesi Bassi. A seguito di questo secondo trattato di alleanza, le operazioni belliche contro la Prussia subirono una violenta impennata, con risultati alterni, a volte a favore della Prussia, ormai isolata e priva dell'aiuto inglese, e a volte degli austro-francesi, forti dei loro alleati.



La condotta militare di Federico II.
Re Federico conobbe una prima sconfitta per mano austriaca nella battaglia di Kolin in Boemia, il 18 giugno 1757, che portò anche all'occupazione della Slesia e di Berlino. Subito dopo, il 5 novembre 1757, conseguì, invece, una trionfale vittoria sui francesi nella battaglia di Rossbach, forse la vittoria più fulgida della sua storia. Un mese dopo, il 5 dicembre 1757, fu invece la volta degli austriaci, guidati da Carlo di Lorena, ad essere sconfitti nella battaglia di Leuthen, a seguito della quale il re prussiano riconquistò la Slesia perduta. Una volta riconquistate le posizioni perdute, Re Federico poté dedicarsi alla condotta delle operazioni belliche con più accortezza, soprattutto perché ormai gli schieramenti in campo erano molto meglio delineati. L'area del conflitto si estendeva dal fiume Reno ad occidente fino ai confini con la Polonia ad oriente, ovvero per tutta la Germania. Così, mentre Ferdinando di Brunswick teneva impegnati i francesi sul fronte occidentale, Re Federico aveva come avversari, sul fronte orientale, gli austriaci sostenuti dalla Russia, oltre che dalla Svezia e dall'esercito imperiale. Anche se doveva affrontare il nemico in condizioni di inferiorità numerica, il fronte, però, era uno soltanto. Dopo un difficile successo contro i russi nella battaglia di Zorndorf, il 25 agosto 1758, Federico II dovette registrare il 12 agosto 1759 una pesante sconfitta nella battaglia di Kunersdorf contro gli eserciti riuniti austro-russi. La situazione era ormai compromessa e si andava delineando una definitiva sconfitta per il piccolo ma agguerrito stato prussiano. Federico II tuttavia dimostrò tenacia ed abilità strategica, riuscì a resistere ed ottenne altre due importanti vittorie sull'esercito austriaco, a Liegnitz il 15 agosto 1760 e a Torgau il 3 novembre dello stesso anno. Nonostante queste vittorie, messo alle corde dagli eserciti congiunti di Austria, Russia e dei loro alleati imperiali, Federico II si avviava nel novembre 1761 ad una sconfitta e alla definitiva uscita di scena. Ma un fatto inaspettato stava per soccorrere il re prussiano ormai alla fine. Agli inizi di gennaio del 1762 moriva la zarina Elisabetta Petrovna a cui succedeva il nipote Carlo Pietro Ulrico di Holstein-Gottorp, come zar Pietro III. Questi, grande ammiratore di Federico II, si affrettò a sottoscrivere (5 maggio 1762) un trattato di pace con la Prussia, sottraendosi definitivamente dal conflitto e inviandogli anche truppe per riprendere la guerra all'Austria. Pochi giorni dopo, il 22 maggio, anche la Svezia si disimpegnava dal conflitto sottoscrivendo un analogo trattato di pace e restituendo tutti i territori occupati. Ma il regno di Pietro III durò molto poco. Pochi mesi dopo la sua incoronazione, nello stesso anno 1762, lo zar fu eliminato a seguito di una congiura di palazzo. Gli successe la moglie, Sofia Augusta Federica di Anhalt-Zerbst, che ascese al trono con il nome di Caterina II, passata alla storia come Caterina la Grande. La nuova zarina non condivideva affatto l'amore del defunto marito per il Re di Prussia. Pur tuttavia non riprese le operazioni belliche contro di lui. Si limitò semplicemente a denunciare gli accordi di alleanza sottoscritti da Pietro III e a disimpegnare definitivamente la Russia dal conflitto proclamando la propria neutralità.



La fine del conflitto tra Austria e Prussia.
Nel momento in cui la Russia uscì definitivamente dal conflitto, l'Austria si rese conto che, da sola, non avrebbe mai potuto vincere la guerra. Così come la Prussia, preso atto che la propria organizzazione statale era stata profondamente compromessa e che la sua economia era stata fortemente dissestata, cominciò a rendersi conto che, anche senza l'appoggio della Russia, l'Austria difficilmente sarebbe stata sconfitta da una Prussia fortemente in disarmo economico-politico, ancorché militarmente sempre agguerrita. Comunque anche l'esercito prussiano era una macchina stanca e logora, sin dal 1760, poiché pochissimi ufficiali generali ed alti ufficiali erano sopravvissuti ai primi 3-4 anni di campagne, molti reggimenti erano ormai formati da reclute o da soldati provenienti dai quattro angoli del mondo e di tutte le fedi (inclusi svariati bosniaci musulmani, che ebbero l'autorizzazione ad aprire la prima moschea di Berlino), soprattutto le numerosissime reclute sassoni davano scarso affidamento, mentre molti dei membri della famiglia reale prussiana (anch'essi generali) criticavano apertamente l'operato del fratello Re. L'esercito prussiano, dopo aver scacciato gli invasori e mantenuto sotto occupazione la parte più prossima della Sassonia non era più in grado di riprendere l'offensiva strategica, ma rimaneva, sia pur ferito, un terribile antagonista per l'Austria, inoltre proprio in quegli anni Federico il Grande iniziò ad essere considerato il miglior generale d'Europa e fare soggezione ai suoi nemici. Entrambe le potenze decisero, così, di sedersi al tavolo dei negoziati cercando di avviare a conclusione un conflitto che era durato fin troppo e che non era più sostenibile da alcuno. Le trattative per il raggiungimento della pace furono guidate da Augusto III di Sassonia, Re di Polonia, e si svolsero presso il suo castello di Hubertsburg. Il 15 febbraio 1763 le due potenze sottoscrissero in questo castello l'omonimo trattato di pace che, sostanzialmente, riportava l'assetto geo-politico dell'Europa allo status quo ante, cioè alla situazione esistente, nel 1756, alla vigilia del conflitto. A seguito degli accordi sottoscritti, la Prussia si vedeva riconfermata come stato sovrano nella sua integrità territoriale e manteneva il possesso della Slesia. L'Austria doveva abbandonare definitivamente ogni velleità di rientrare in possesso della Slesia, per la quale aveva speso ben sette anni di inutile guerra.



La fine del conflitto tra Francia e Inghilterra.
Il 10 febbraio del 1763, pochi giorni prima della firma del trattato di Hubertsburg, anche la Francia e l'Inghilterra avevano sottoscritto a Parigi un trattato di pace che aveva definitivamente posto fine al loro lungo conflitto. In vero, gli accordi di Parigi ebbero una gestazione alquanto più travagliata di quelli di Hubertsburg. Infatti, alcuni anni prima, nel marzo 1759, la Francia aveva stipulato con l'Austria un terzo trattato di Versailles mediante il quale Luigi XV si era parzialmente disimpegnato dai legami con l'Imperatrice Maria Teresa, concentrando tutte le sue risorse più nel conflitto con gli inglesi in terra d'oltremare che sul continente europeo. Inoltre Re Luigi aveva concluso il 15 agosto 1761 un nuovo "patto di Famiglia" con Carlo III di Borbone nuovo Re di Spagna succeduto a Ferdinando VI nel 1759. Nel 1760 era deceduto anche Giorgio II e gli era succeduto Giorgio III. Fu proprio quest'ultimo che, nel mese di gennaio del 1762, sostenuto dal suo Primo Ministro John Stuart conte di Bute, conservatore, ebbe a dichiarare guerra alla Spagna sul continente americano. Il conflitto fu molto breve perché il contingente spagnolo dislocato nelle terre americane, del tutto inadeguato a tener testa alle truppe britanniche, fu rapidamente e facilmente sconfitto. Il Bute fu molto risoluto nell'avviare a conclusione il conflitto con la Francia, soprattutto dopo essersi reso ben conto che Federico II si era dimostrato un alleato non del tutto affidabile, soprattutto perché utilizzava le sovvenzioni inglesi per tramare assieme alla Russia di Pietro III a salvaguardia dei suoi soli interessi territoriali, senza tenere in alcun conto gli obblighi derivanti dalla Convenzione di Westminster, sottoscritta nel lontano 1756. Il trattato di pace di Parigi, preceduto dai preliminari di Fontainebleau tenutisi nell'autunno dell'anno prima, anche se imponeva un prezzo abbastanza alto alla Francia, non fu affatto umiliante, tant'è che il Parlamento inglese, nel ratificare gli accordi ebbe a rilevare che l'ex nemico era stato trattato con eccessiva indulgenza perché le erano stati restituiti troppi territori sul continente europeo, caduti in mano britannica lungo il corso del conflitto. Altri, invece, ebbero a far rilevare che una nazione come la Francia non andava umiliata, ad evitare, in futuro, propositi di rivalsa. Pur tuttavia la Francia si sentì ugualmente umiliata, iniziando da questo momento a covare propositi di vendetta che avrebbe attuato negli anni a venire soprattutto sui mari.



Conclusioni.
Il conflitto durato sette anni, combattuto su tre continenti, Europa, America ed Asia, primo vero conflitto mondiale della storia, di fatto ebbe un solo vero vincitore, la Gran Bretagna. Con la pace di Parigi, Giorgio III riuscì ad estromettere completamente la Francia dall'America settentrionale, sottraendole interamente il Canada. La Francia dovette cedere anche alcune isole delle Antille caraibiche, tra cui la Guadalupa e la Martinica, nonché il Senegal e il Senegambia in Africa occidentale. Sul continente asiatico le acquisizioni inglesi risultarono ancora più consistenti, con la conquista di Calcutta, del Bengala e della regione del Bihar, della città di Pondichery e dell'intera regione del Deccan. Dalla Spagna l'Inghilterra ottenne la Florida. La Prussia riuscì soltanto a salvare sé stessa e la Slesia. Invero, se l'obiettivo dell'alleanza franco-austriaca era quello dello smembramento della Prussia, l'aver mantenuto invece la propria integrità territoriale unitamente alla conferma del proprio status sovrano, non può certamente dirsi un risultato trascurabile, soprattutto se, accanto alla integrità territoriale, Federico II era riuscito a mantenere anche il possesso della Slesia. Altra grande sconfitta fu l'Imperatrice Maria Teresa che, dopo ben sette anni di guerre che avevano scosso le finanze di uno stato ben solido come l'Austria, dovette rassegnarsi alla definitiva perdita della Slesia, orientando la politica espansionistica dell'Austria verso altri territori come la Baviera ed i Balcani. L'alleanza tra la Francia e l'Austria venne comunque mantenuta e ulteriormente rafforzata ed ebbe il suo punto di massimo nel matrimonio, celebrato nel 1770, tra l'arciduchessa Maria Antonietta, figlia di Maria Teresa, con il Delfino di Francia che sarebbe diventato Re con il nome di Luigi XVI. Quest'alleanza costituì uno dei capisaldi della politica asburgica, che consentì un ventennio di pace in tutta l'Europa occidentale. Cosa che non poté dirsi, invece, per l'Europa orientale ove, di lì a poco, si sarebbe aperto un nuovo scenario di crisi sia per le contemporanee mire espansionistiche della Prussia, della Russia e dell'Austria sul regno più instabile del continente, la Polonia, e che avrebbe portato allo smembramento di quest'ultima, sia per l'aggressiva politica della zarina, che progettava un'espansione russa anche verso sud, sulle province balcaniche dell'Impero ottomano.

Fonte: http://it.wikipedia.org


 

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