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In Asia si sta giocando una partita a tre. Sebbene l’attenzione di tutti sia rivolta al Mar Cinese Meridionale ed al rapporto tra Stati Uniti e Cina, non va dimenticata la parte continentale. Per l’economia cinese le rotte terrestri, a causa delle dispute marittime, stanno assumendo sempre più rilevanza, portando la Cina a diretto contatto con zone tradizionalmente di influenza russa, i cui interessi non sono sempre in sintonia con quelli di Pechino.

 

 

Le relazioni tra queste tre potenze avranno enorme importanza negli sviluppi futuri dell’Asia, e non solo. Tuttavia gli esiti sono difficilmente pronosticabili in quanto oltre ad un reciproco sospetto, più o meno dichiarato, le tre potenze hanno anche interessi, sia di natura economica che politica, che a volte collidono e ad a volte si incontrano. La situazione, nonostante le apparenze, potrebbe quindi diventare davvero molto fluida e giungere ad equilibri, o squilibri, inattesi, dove sono realizzabili sia ipotesi di collaborazione che scenari ben più drammatici.

Tra Cina e Stati Uniti vi sono visioni geopolitiche nettamente diverse: Pechino vorrebbe un mondo multipolare, con diversi paesi leader regionali, mentre Washington fatica a rinunciare all’idea di un predominio mondiale. E non è un caso che le autorità cinesi si siano scagliate contro il pronunciamento del Senato americano per “un forte supporto alla risoluzione pacifica delle controversie marittime e territoriali nella zona del Pacifico”. Per Pechino questa è un’ingerenza inaccettabile in una regione che ritiene di sua influenza, e sempre con queste motivazioni, la Cina vede il ricorso delle Filippine alle Nazione Unite come una mancanza del riconoscimento per il suo essere potenza regionale. Da parte di Pechino c’è quindi una forte diffidenza verso l’interventismo degli Stati Uniti, diffidenza che rischia di minare i rapporti reciproci.

Proprio su questo tema, negli USA, è in corso un acceso dibattito sull’atteggiamento da tenere verso la Cina, le tesi che si confrontano sono “contenimento” oppure “bilanciamento” degli obiettivi cinesi, e sembra chiaro che le diverse posizioni implicano l’abdicare o meno dal ruolo di potenza egemone. I fautori del contenimento credono che la Cina non potrà che riconoscere la supremazia americana, e non hanno interesse a capire le ambizioni cinesi, con il rischio di arrivare ad un vero e proprio scontro su cui aleggia la minaccia di una guerra nucleare. I sostenitori di una politica maggiormente conciliante invece ritengono la Cina più forte, e pericolosa, di quello che fu l’URSS, non vedendo altra strada che una reciproca disponibilità nel limitare le proprie pretese trovando una convivenza vantaggiosa per entrambi, magari attraverso strumenti come il US–China Strategic and Economic Dialogue (S&ED), una rete di contatti istituzionali tenuta molto in considerazione da Barack Obama.

Russia e Cina hanno avuto negli ultimi decenni uno sviluppo diseguale, che ha portato al superamento di Mosca, da parte di Pechino, come seconda potenza mondiale. E, sebbene formalmente queste siano alleate, tale situazione ha fatto nascere negli analisti russi la paura che la potenza economica cinese possa diventare un pericolo, soprattutto per quanto riguarda la penetrazione in aree ritenute dalla Russia di suo interesse esclusivo, come l’Asia Centrale che di fatto è ormai una vera e propria zona cuscinetto. Ma il grande spettro della politica estera russa è un’alleanza tra Cina e Stati Uniti per la spartizione del potere mondiale, a spese proprio della Russia. Una visione che avere gli stessi limiti di quella americana: ossia non credere alle dichiarazioni cinesi favorevoli ad un mondo privo di un’unica potenza egemone. Anche in Russia verso la Cina ci sono posizioni che vanno dall’ ”allineamento” a Pechino, fino all’ipotesi opposta di “avvicinamento” agli USA (posizione questa propria degli ambienti più liberali) – soprattutto in un’ottica di disarmo nucleare cinese – ma semba che quella prevalente sia anche qui l’idea del “bilanciamento” tra interessi contrastanti.

In questo gioco di intrecci, basti pensare al settore energetico per quanto riguarda Cina e Russia, oppure al debito pubblico americano in mani cinesi, i fattori di instabilità sono davvero molti. Assumono quindi rilevanza particolare gli organismi internazionali dove poter confrontarsi cercando di arrivare alla soluzione delle controversie, si va dalla SCO ai BRICS fino alla stessa ONU. Ma elemento da non sottovalutare è il ruolo che altri paesi potrebbero assumere in caso di “manovre diplomatiche”, ed il pensiero corre al Giappone attraverso cui Mosca e Washington potrebbero giungere a Pechino, con il rischio del moltiplicarsi delle varianti da tenere sotto controllo per evitare un precipitare della situazione, anche se i tempi di Chen Pota dovrebbero essere ormai trascorsi.

Fonte: http://www.asiablog.it

 


 

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