La corrosione è il principale danno dei metalli e può provocare, se non contrastata in tempo, anche stragi: si pensi, per esempio, alle crepe nei metalli che si possono verificare in gigantesche strutture come i ponti o nelle fusoliere degli aerei. Laboratori sparsi per il mondo cercano di trovare sempre nuovi metodi e nuove tecnologie per limitare i danni da corrosione. Una nuova ricerca, prodotta stavolta dalla Northwestern University, si è concentrata su un rivestimento particolare, da adattare naturalmente ai metalli, in grado di autoalimentarsi in pochi secondi nel caso venga graffiato o comunque danneggiato. Questo rivestimento fa sì che questi danni non si trasformino poi in casi di corrosione localizzata, casi che possono causare danni sempre più gravi con il passare del tempo. Questo materiale, che può letteralmente guarire automaticamente dopo aver subito i primi graffi, anche più di duecento volte secondo i ricercatori, è stato presentato in uno studio pubblicato su Research e realizzato da Jiaxing Huang, professore di scienza dei materiali nella McCormick School of Engineering della Northwestern. Non si tratta del primo rivestimento per metalli “autocurativo” ma in generale questi funzionano solo per danni davvero molto piccoli, che vanno dal nanometro al micron. Il nuovo rivestimento funziona invece su scala millimetrica. Il team si è ispirato ai fluidi. In primis i ricercatori avevano pensato agli olii ma questi ultimi fluiscono troppo facilmente. I ricercatori si sono dunque messi alla ricerca di un fluido che potesse fluire automaticamente ma non in maniera troppo fluida, in modo che non gocciolasse sulla superficie metallica. Hanno dunque creato un reticolo di particelle leggere, fatte di capsule di grafene, per addensare l’olio. Questo reticolo rilascia l’olio che fluisce prontamente e ricollega i bordi di una eventuale fessura. Il rivestimento si attacca e aderisce bene, anche sott’acqua o in ambienti chimici più difficili, come quelli in presenza di acido. Questo reticolo potrebbe essere “spalmato”, ad esempio, anche sulle imbarcazioni così come su strutture metalliche che sono a contatto con fluidi altamente corrosivi.
Fonte: https://notiziescientifiche.it