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Accade nei mari d’Italia a sovranità azzerata. Questa volta niente sismi artificiali ma solo bombe, siluri, missili, mine di profondità e proiettili acustici, a parte i rifiuti tossici affondati nel dicembre 2011 e mai recuperati nonostante le altisonanti promesse governative; ma soprattutto, quantità impressionanti di energia elettromagnetica: flussi che investono in particolare le indifese creature marine. Il Belpaese nell’indifferenza generale, non è solo usato dai gendarmi planetari come una portaerei per fare la guerra a mezzo mondo, ma anche come un laboratorio a cielo aperto.

 

 

Appuntamento odierno all’arcipelago toscano: risolto il mistero dei boati a mare. Benvenuti nel santuario dei cetacei, dove i militari della NATO, con un’opportuna copertura e senza essere minimamente disturbati dalla Guardia Costiera italiana, in particolare da Maricogecap (il Comando generale delle capitanerie di porto) sperimentano da anni armamentari bellici durante esercitazioni alla luce del sole, ma segrete, e perfino subacquee (rete militare wireless sottomarina). Addirittura, si registra da troppo tempo un caotico andirivieni di unità a propulsione ed armamento nucleare che entrano e sostano nei porti di Genova (per esempio: al cantiere navale Mariotti) e La Spezia(ma non solo, ovviamente), mentre non sono noti alla popolazione residente gli obbligatori piani di sicurezza atomica. Ed ogni tanto qualcuno perde bombe e siluri come i francesi nel 2004.

Le prime vittime sono gli abitatori marini: soprattutto i delfini morti a centinaia per cause apparentemente inspiegabili: in realtà per embolia gassosa a livello coronarico, provocata dai potenti sonar del Patto Atlantico. Le Alte Autorità tricolore, a Roma, sanno tutto per filo e per segno, ma lasciano fare perché l’Italia è una colonia, dove gli anglo-americani fanno i loro comodi dal settembre dell’anno 1943. Il terribile secondo conflitto mondiale è terminato da 70 come pure la guerra fredda da almeno 21 anni. Eppure, i militari dello Zio Sam continuano a sparare di tutto e di più perfino nelle aree marine protette, ma solo ed esclusivamente sulla carta. Tutto a posto? I governi italiani non rispondono addirittura alle molteplici interrogazioni parlamentari: nel caso specifico quelle presentate tra il 25 ed il 26 luglio 2005.

 

 

Timide ipotesi – Titola ieri il quotidiano IL TIRRENO: «Il mistero dei boati al largo dell’Elba “Come un terremoto”». Per l’esperto non è un fenomeno sismico. Svariate le ipotesi C’è anche l’ombra di una nave Nato naufragata nel 2005. Scrive il giornalista Luca Centini: «I boati si avvertono in lontananza, ben oltre Pianosa, ma il frastuono si riverbera fino alle coste occidentali dell’isola d’Elba.“I colpi ci fanno tremare i vetri delle case. E gli anziani li scambiano per un terremoto”. Sono gli stessi abitanti di Chiessi e Pomonte, frazioni del Comune di Marciana, a descrivere i rumori fortissimi che, a cadenza regolare, sono avvertiti dai cittadini del versante occidentale dell’isola d’Elba. “Il mese scorso era un continuo, ora c’è stata una tregua”, racconta uno degli abitanti di Chiessi che, più volte, ha sentito i boati registrati dai sismografi ma le cui cause sono ancora avvolte nel mistero, nonostante da tempo, sull’isola, si stiano rincorrendo ipotesi e sospetti sulle origini del frastuono e sulle sue possibili conseguenze. Non è un caso che, da queste parti, anche la moria dei delfini (quasi 100 esemplari morti in Italia, molti dei quali in Toscana) sia stata collegata, in modo quasi immediato, a questo fenomeno. Fin da quando i primi animali si sono spiaggiati nelle coste dell’isola. Un’ipotesi tutta da verificare e meno scontata rispetto a virus, batteri e inedia (quasi tutti gli animali non mangiavano da giorni), ma che il Parco nazionale dell’Arcipelago non si sente di scartare a priori… La fonte dei rumori, infatti, è stata localizzata dal sismografo montato a San Piero in Campo e gestito dall’istituto geofisico toscano in collaborazione con la protezione civile dell’Elba occidentale – La Racchetta. L’epicentro, se così si può definire, è posizionato nello specchio acqueo tra le isole di Pianosa e Montecristo… A settembre il fenomeno dei boati nel versante occidentale dell’isola è stato al centro di un ampio dibattito. In un’intervista il geologo dell’Istituto geofisico toscano Marco Morelli escluse movimenti tellurici all’origine dei boati, aprendo a cause di natura antropica… il viceprefetto dell’Elba Giovanni Daveti non escluse che, ad originare i boati, potesse essere il passaggio dei caccia a velocità elevata, di stanza nella base aerea di Bastia. Altra ipotesi in campo sarebbe legata alle attività di pesca di frodo. Ma questi scenari non hanno mai convinto fino in fondo. Legambiente ha sempre sospettato il verificarsi di esplosioni nel cuore del Santuario dei cetacei dovute, probabilmente, ad esercitazioni militari. Un’ipotesi che circola con insistenza tra i cittadini di Chiessi che spesso hanno a che fare con i boati. Del resto le esercitazioni militari sono un’ombra per gli elbani che ancora si ricordano quando, nel 2005, la nave Alliance della Nato naufragò proprio a Pianosa mentre effettuava, insieme all’altra nave Leonardo, una missione scientifica sottomarina, o almeno questa fu la versione ufficiale che non spense mai i sospetti legati alla natura militare di tale missione. I sismografi serviranno, forse, per sgombrare il campo da queste ipotesi poco rassicuranti».

Appena ieri - Accade a Pianosa: un “santuario” internazionale per i cetacei. La nave Alliance battente bandiera tedesca, sotto il comando dell’Alleanza Atlantica, si incaglia il 22 luglio 2005 nei pressi della spiaggia di Cala Giovanna. Che ci faceva in un’area marina super protetta ma solo sulla carta? «Era in missione scientifica – ha puntualizzato Ruggero Barbetti, allora commissario del Parco dell’Arcipelago – A maggio sono state rilasciate autorizzazioni per una ricerca sui banchi di posidonia oceanica, piante marine particolarmente fiorenti sui fondali pianosini». Secondo il professor Francesco Cinelli (docente al dipartimento di scienze umane) dell’ateneo pisano e Steven Ramberg, direttore del Nurc (il centro di ricerca militare sottomarina della NATO con sede a La Spezia) la nave Alliance stava navigando per conto dell’università pisana. Ma l’Università di Pisa con un comunicato ufficiale ha preso le distanze dal professor Cinelli, sostenendo di non aver commissionato al docente alcuna ricerca sulle posidonie:
«L’università di Pisa – si legge in una nota ufficiale – non ha mai sottoscritto intese con la Nato per ricerche scientifiche. L’ateneo pisano richiamandosi alla lettera e allo spirito del suo statuto, ribadisce con forza la conformità di ogni sua iniziativa scientifica ai principi fondamentali del rispetto della vita e della tutela dell’ambiente». Memorabile la risposta del Ministro Altero Matteoli: «Per quanto riguarda infine l’accesso alle acque protette dell’isola, il Parco nazionale dell’arcipelago toscano ha rilasciato l’autorizzazione n. 3703 in data 9 maggio 2005 per il periodo 11-29.07.2005 al prof. Francesco Cinelli per conto dell’Università degli Studi di Pisa per una campagna di ricerca e monitoraggio della distribuzione di «Posidonia oceanica» presso l’isola di Pianosa con i mezzi, le persone e le modalità indicate nell’autorizzazione stessa». Il Cinelli lavora ad un progetto militare in qualità di direttore della “International School for Diving”, una scuola che collabora strettamente con il Saclant (NATO) di La Spezia.

 

 

In realtà la nave NATO ha testato robot “kayak” progettati dall’Office of Naval Research, un’azienda USA che opera con il bollino del Massachussets of Technology. In sintesi dai riferimenti tecnici si rileva che il “kayak” serve ad immergere siluri telecomandabili della lunghezza di 3 metri e del peso di 300 chilogrammi, capaci in autonomia telecomandata di navigare ad una distanza di 500 chilometri e ad una profondità di oltre 5.000 metri, prima di colpire il bersaglio. La NATO ha ottenuto nell’isola un edificio dove sono stati immagazzinati tali dispositivi. Questi mezzi subacquei di prove ne hanno effettuare parecchie, dirigendosi anche in direzione dell’arcipelago sardo della Maddalena. I deputati Mussi, Pisa, Calzolaio e Lion hanno presentato interrogazioni al governo Berlusconi, ma non hanno ottenuto risposta dai ministri chiamati in causa, in particolare dal titolare della Difesa, pardon della Guerra, l’aspirante piduista Antonio Martino. In base ad alcune testimonianze oculari, il 25 luglio di 8 anni fa, dal porticciolo dell’isola sono stati caricati in fretta e furia i “kayak” a bordo di un’altra nave della NATO, la Leonardo. Dai dati della NATO le due navi Alliance e Leonardo non sono certo impegnate in programmi scientifici, quanto in attività di intelligence. La Guardia Costiera di porto di Portoferraio non ha potuto nemmeno avviare un’inchiesta amministrativa sull’incidente, a causa dello status giuridico della nave, soggetta alla tutela dei trattati segreti Italia-USA. Una mancata risposta istituzionale da record mondiale: infatti, dopo 8 anni, tre legislature, 4 governi (Berlusconi, Prodi, Berlusconi & Monti), l’interrogazione a risposta scritta numero 4-16144 presentata il 26 luglio 2005 dai deputati Mussi, Pisa e Calzolaio non ha ancora trovato uno straccio di spiegazione. Chissà perchè...
«…nella giornata di venerdì 22 luglio 2005, la nave Alliance, battente bandiera tedesca, lunga 93 metri per un peso di 3.180 tonnellate si è incagliata nel porto dell’Isola di Pianosa (Livorno). L’urto ha provocato 4 grosse falle nella prua … Da fonti scientifiche universitarie si è riferito che la nave stava collaudando delle sofisticate attrezzature di un’azienda Usa, Office of Naval Research (Onr): in particolare sarebbero stati testati sofisticati robot sottomarini e una sorta di siluro dalla lunghezza di 3 metri e dal peso variabile tra i 100 e i 300 kg.; è evidente, secondo gli interroganti, gli strani esperimenti compiuti dalla nave Alliance poco c’entrino con i banchi di piante sottomarine, e il rischio di potenzialità militari nelle ricerche operate è assai reale… se i fatti sopradescritti corrispondano a verità, e nel caso affermativo quali siano le valutazioni del Governo; quali danni siano stati arrecati al territorio dell’Isola di Pianosa e quali rischi corra l’ambiente circostante e gli abitanti dell’arcipelago; quali siano i veri motivi della missione Nato sull’Isola di Pianosa, e chi abbia fornito le varie autorizzazioni alle sperimentazioni in mare e l’utilizzo di locali sul territorio dell’Isola di Pianosa».

Fonte ed ulteriori link presso: http://www.informarexresistere.fr

 


 

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