Durante la Guerra Fredda, uno delle ipotesi più temute vedeva uno scontro convenzionale su un fronte secondario fra USA e URSS evolvere fino al confronto nucleare e all’inevitabile M.A.D. (Mutual Assured Destruction).
La notizia uscita qualche giorno fa su varie testate evoca uno scenario simile, anche se con la partecipazione di una inedita “alleanza”: un autore cinese, Liu Chenshan, ha rivelato che nel 1969, nel pieno della guerra di confine che vedeva contrapposte Pechino e Mosca, il Cremlino considerò la possibilità di impiegare armi atomiche contro la Cina ma venne fermato da una esplicita minaccia di ritorsione lanciata dall’amministrazione statunitense.
I fatti sarebbero questi: nell’agosto del 1969, preoccupata dello sviluppo del programma atomico cinese ed esasperata dai frequenti scontri di confine con centinaia di morti da ambo le parti, Mosca comunicò ai propri alleati la volontà di “cancellare la minaccia cinese e di disfarsi di questo moderno avventuriero”. Negli stessi giorni l’ambasciatore sovietico a Washington prospettò a Kissinger l’eventualità del ricorso all’arma nucleare contro la Cina, chiedendo agli USA di restare neutrali. La Casa Bianca fece filtrare la notizia alla stampa e il 28 agosto il Washington Post rivelò l’intenzione di Mosca di impiegare testate atomiche su una serie di obiettivi cinesi.
Prosegue l’articolo: in ottobre, al culmine della crisi, la classe dirigente cinese aveva abbandonato la capitale in vista dell’attacco sovietico: Mao raggiunse Wuhan, al centro della Cina; il suo braccio destro, il generale Lin Biao, spostò il suo comando a Suzhou, mentre lo stato maggiore generale si installò dentro una serie di bunker costruiti a ovest di Pechino. Alle tre forze armate venne ordinato di lasciare le basi troppo vulnerabili mentre vennero distribuite armi agli operai per contrastare il lancio di paracadutisti dell’Armata Rossa. Il 15 ottobre Mosca tentò di nuovo di saggiare la reazione americana. L’amministrazione statunitense – il presidente era Nixon – rispose minacciando la ritorsione. L’avvertimento funzionò e l’opzione nucleare venne abbandonata dal Cremlino: Cina e Russia risolsero le dispute di confine al tavolo negoziale.
A sostegno di questa ricostruzione l’articolo riporta alcune citazioni. Il 15 ottobre 1969 il premier Kosygin informò il leader sovietico Brezhnev che Washington aveva dichiarato gli interessi della Cina strettamente connessi ai propri e aveva già predisposto piani dettagliati in vista di una guerra nucleare contro l’URSS.
“[The United States] has clearly indicated that China’s interests are closely related to theirs and they have mapped out detailed plans for nuclear war against us.”
Lo stesso giorno Dobrynin, ambasciatore sovietico a Washington dai tempi della crisi dei missili di Cuba, riferì sempre a Brezhnev un messaggio analogo.
“If China suffers a nuclear attack, they [the Americans] will deem it as the start of the third world war. The Americans have betrayed us.”
Anche se l’autore non specifica da quali archivi abbia ricavato le sue informazioni, notano diversi giornali che il fatto che l’articolo sia stato pubblicato su Historical Reference, una rivista legata al Quotidiano del Popolo, l’organo ufficiale del partito comunista cinese, potrebbe indicare che la ricerca sia stata realizzata accedendo a documentazione fino ad ora inaccessibile. La notizia, definita straordinaria dal Telegraph, è rimbalzata su diversi media.
Su Foreign Policy Journal, da non confondere con il più prestigioso Foreign Policy, K. R. Bolton spiega che in realtà i fatti scoperti da Liu Chenshan erano in qualche modo già conosciuti dagli addetti ai lavori.
Jung Chang and Jon Halliday, in their book Mao: The Unknown Story, allude to an article at the time published in a London newspaper “by a KGB-linked Russian journalist Victor Louis”, who had been Russian emissary to Taiwan, stating that the Kremlin was discussing bombing China’s nuclear test site, and planning to set up an “alterative leadership” for the Chinese Communist party [J Chang and J Halliday. Mao – the Unknown Story (London: Jonathon Cape, 2005), p. 572]. Moreover it was U.S. President Richard Nixon’s aide John Haldeman who seems to have first broken the nuclear attack story in his memoirs in 1978 [H R Haldeman, The Ends of Power, (New York: New York Times Books, 1978)].
Sull’intera vicenda è opportuno segnalare la disponibilità di una serie di documenti desecretati raccolti sul sito della George Washington University: The Sino-Soviet Border Conflict, 1969: U.S. Reactions and Diplomatic Maneuvers.
Il 21 marzo del 1969 un rapporto della CIA affermava che, a dispetto dell’intensità degli scontri in atto, “There is no evidence, however, that either is planning to escalate the level of conflict or widen it to other disputed areas”. Già il 3 giugno tuttavia, un documento del Dipartimento di Stato riferiva che:
“NCNA [New China News Agency] on June 2 published an unusually frank and pessimistic warning to the mainland Chinese population that the Soviet Union is preparing to launch a war against China which might involve nuclear weapons. [...] Further, the article cited as Soviet military doctrine the necessity of relying on nuclear missilens and asserted that the USSR ha “continually clamored” about missiles with nuclear warhead near Lake Baikal and in Mongolian territory aimed at China. We are unaware of any Soviet missile claims with respect to the border areas, though Peking may have discovered the remarks of a local official or provisional commander susceptible to this interpretation. However, the Soviets did, shortly after the fighting on the Ussuri, threaten indirectly the use of nuclear weapons in a putatively “unofficial” Radio Peace and Progress broafcast. The USSR subsequently denied that this represented a nuclear threat to China.”
Dieci giorni dopo una nota di intelligence paventava il rischio di una escalation a seguito dell’atteggiamento provocatorio cinese. A metà agosto, una lettera inviata a Kissinger da Allen S. Whiting, “leading China scholar”, segnala il possibile impiego di armi nucleari notando che “Soviet 500-nautical mile nuclear missiles (SS-12) are deployed so as to threaten vital rail and industrial centers in Manchuria.”
Il 18 agosto, Boris Davydov, un ufficiale del KGB, domanda a bruciapelo a William Stearman, un funzionario del Bureau of Intelligence and Research, come reagirebbero gli Stati Uniti di fronte ad un attacco sovietico contro la Cina: “His next question, however, was totally unexpected and has not, to my knowledge, ever been raised by the Soviets with any other US officials. Davydov asked point blank what the US would do if the Soviet Union attacked and destroyed China’s nuclear installations. He assured me that he was completely serious and went on to elaborate.” Il Dipartimento di Stato, sorpreso dal rapporto di Stearman, invita numerose ambasciate a prestare attenzione verso domande dello stesso tenore poste dai sovietici.
Il 30 agosto, durante un ricevimento, l’attaché militare sovietico a Teheran cita chiaramente l’uso di armi atomiche, anche se ne restringe la possibilità di impiego al solo caso in cui siano i cinesi ad attaccare su larga scala.
“The Russians would not hesitate to use nuclear weapons against the Chinese if they attacked with major forces. The Russians would permit the Chinese to penetrate Russian territory to a sufficient depth and then employ tactical nuclear weapons against the Chinese but on Russian soil. They would not employ nuclear weapons against the Chinese except on their own territory unless the Chinese initiated nuclear weapons employment against the Russians.”
Il 4 settembre, Arkady Shevchenko, “one of the ablest and experienced members of soviet mission” [presso l'Onu], parlando con un diplomatico statunitense afferma che contro la Cina “Soviets would never use larger than tactical nuclear weapons”.
Il documento più interessante è del 29 settembre. In un memorandum inviato a Nixon, Kissinger riassume l’intera questione dicendosi preoccupato di come la leadership cinese potrebbe interpretare i rapporti fra USA e URSS visto che questi ultimi stanno cercando di far credere che fra le due super-potenze siano in atto colloqui riservati sulla soluzione della crisi. Kissinger chiede al Presidente il permesso di far preparare dal Dipartimento di Stato delle linee guida che deplorino qualsiasi piano sovietico mirato ad un attacco preventivo contro la Cina.
”In the last two months, the increase in Sino-Soviet tensions has led the Soviets to sound out numerous American contacts on their attitude toward a possible Soviet air strike against China’s nuclear/missile facilities or toward other Soviet military actions. These probes have varied in character from point-blank questioning of our reaction to provocative musings by Soviets over what they might be forced to do against the Chinese, including the use of nuclear weapons. Some of these contacts have features adamant denials that the Soviets were planning any military moves – thereby keeping the entire issue alive. Our contingency planning for major Sino-Soviet hostilities is well along, and NSC consideration of a basic policy paper on the Sino-Soviet dispute is scheduled for October 8. Meanwhile, I am concerned about our response to these probes. The Soviets may be quite uncertain over their China policy, and our reactions could figure in their calculations. Second, the Soviets may be using us to generate an impression in China and the world that we are being consulted in secret and would look with equanimity on their military actions. [...] I believe we should make clear that we are not playing along with these tactics, in pursuance of your policy of avoiding the appearance of siding with the Soviets. Nixon’s initials may be seen on Kissinger’s request but whether it went forward to the State Department is unclear: the guidance may have become unnecessary because Sino-Soviet talks would soon be under way and the chances of a confrontation had lessened considerably. RECOMMENDATION: that you authorize me to ask the Department of State to prepare instructions to the field setting forth guidance to be used with the USSR and others, deploring reports of a Soviet plan to make a preemptive military strike against Communist China.”
Il memorandum è accompagnato da questa osservazione del ricercatore: “Nixon’s initials may be seen on Kissinger’s request but whether it went forward to the State Department is unclear: the guidance may have become unnecessary because Sino-Soviet talks would soon be under way and the chances of a confrontation had lessened considerably.”
Il documento successivo data 10 novembre: la crisi è già in via di soluzione e il pericolo di un confronto militare su larga scala sembra scongiurato.
In conclusione, nonostante il pericolo di una escalation fosse considerato – e ovviamente temuto – dall’amministrazione statunitense, e anche volendo considerare le affermazioni di funzionari e militari sovietici come facenti parte di un piano volto a sondare la reazione americana, nessuno dei documenti desecretati dagli USA sembra confermare la ricostruzione proposta da Liu Chenshan.
Fonte: http://www.warblog.it