In una riunione del Comitato di Astrobiologia della National Academy of Sciences, l’astrofisica Jill Tarter ha voluto precisare che il SETI non è alla ricerca di una vita intelligente extraterrestre ma più che altro di tecnofirme (la scienziata utilizza il termine “technosignatures”), essenzialmente prove dell’esistenza di una tecnologia qualsiasi creata da entità aliene.
Secondo la scienziata l’espressione “ricerca di intelligenza extraterrestre” può generare una percezione errata di quale sia lo scopo del SETI, e proprio per questo bisogna stare molto attenti quando si utilizza un certo linguaggio.
Questo perché non vi è ancora una definizione o un accordo su cosa possa realmente essere l’intelligenza e, dato che non si può definirla, è inutile cercarla. L’accezione di “tecnologia” invece è molto più definita: secondo la scienziata per tecnologia si intende la capacità di modificare deliberatamente l’ambiente e, nel caso del SETI, le modifiche dovrebbero essere avvertite su distanze interstellari o interplanetarie, anche senza l’intenzione della civiltà che ha creato la tecnologia.
Ad esempio si può rilevare una tecnologia che va ad alterare il clima di uno o più pianeti intorno ad una stella: nel caso si rilevassero, per esempio, pianeti multipli che hanno un clima molto simile ma che ovviamente ruotano intorno alla stella a distanza diversa, si può certamente pensare che i climi di quei pianeti siano stati modificati in maniera artificiale.
Fonte e riferimenti presso: http://notiziescientifiche.it