8 anni dopo la prima rilevazione diretta di onde gravitazionali, riscopriamo con Giovanni Losurdo, Dirigente di ricerca INFN e Collaborazione Virgo, e Marica Branchesi, Ricercatrice GSSI e INFN - coordinatrice Einstein Telescope Observational Science Board, il valore e il futuro dell'astronomia multi-messaggera per studiare i buchi neri e le stelle di neutroni fino all'universo profondo. Sono i segnali dell’Universo tra i più misteriosi e difficili da rilevare, e proprio per questo stanno rivoluzionando l’astronomia. Sono le onde gravitazionali, oscillazioni dello spazio-tempo che si propagano alla velocità della luce nel cosmo come onde in uno stagno generate dal lancio di un sasso. Previste da Albert Einstein nel 1916 come conseguenza della sua teoria della Relatività Generale, le onde gravitazionali sono state rilevate per la prima volta solo un secolo più tardi, nel 2015, dopo oltre 50 anni di ricerche. Eppure la loro natura sfuggevole è la chiave per accedere all’Universo più oscuro. Completamente diverse dalla luce, per rilevare le tracce effimere lasciate dalle onde gravitazionali i fisici hanno sviluppato rilevatori molto sofisticati chiamati interferometri laser. I tre più grandi al mondo sono i due gemelli Ligo situati negli Stati Uniti e Virgo, fondato dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e il francese Cnrs e collocato presso l’European Gravitational Observatory vicino a Pisa. I segnali da loro capatati permettono di svelare la natura di buchi neri e stelle di neutroni in sistemi binari, le cui interazioni gravitazionali e fusioni sono i cataclismi da cui si generano appunto le onde gravitazionali. Oltre alla difficoltà nel rilevare le onde gravitazionali, un solo interferometro laser non è sufficiente per determinare da dove il segnale arrivi. Questa tecnologia agisce, infatti, come un’antenna captando onde da ogni direzione del cosmo; per localizzare una sorgente di onde gravitazionali è dunque necessaria la triangolazione di almeno tre interferometri posizionati in diversi punti della Terra. In questa data storica, viene captata da Ligo e Virgo la prima onda gravitazionale associata a radiazione elettromagnetica, osservata invece dai telescopi a terra e nello spazio. Un segnale generato dalla fusione di due stelle di neutroni, il cui scontro ha emesso un lampo di luce sotto forma di raggi gamma, osservato circa due secondi dopo l’emissione delle onde gravitazionali. La rete mondiale di interferometri è sottoposta a continui aggiornamenti con l’obiettivo di eliminare i rumori di fondo e permettere così la rilevazione e lo studio di fenomeni che generano onde gravitazionali meno intense. Se i segnali osservati fino a oggi da Ligo e Virgo giungono da un universo abbastanza vicino, i futuri rilevatori di terza generazione riusciranno a captare onde gravitazionali attraverso tutto il cosmo, potendo così indagare la fusione di buchi neri e altri cataclismi cosmici fino all'universo più profondo. La nuova frontiera dell’astronomia gravitazionale passa ora anche dallo spazio. Nel gennaio 2024 Esa ha approvato la missione Lisa, il primo osservatorio spaziale di onde gravitazionali. Con un lancio previsto a metà del prossimo decennio, la missione vedrà 3 satelliti scambiarsi raggi laser a una distanza reciproca di circa 2,5 milioni di km, una triangolazione di interferometri laser in orbita che annullerà così il rumore sismico. Il cuore dei rilevatori gravitazionali a bordo dei tre satelliti sarà realizzato in Italia mentre lo Space Science Data Center di Asi contribuirà alle procedure di analisi dei dati. 30 anni dopo la costruzione di Virgo, la fisica e l’astronomia in Italia potrebbero avere quindi una nuova grande opportunità con l’Einstein Telescope, progetto internazionale per la realizzazione di un grande rivelatore di onde gravitazionali sotterraneo, tra i 100 e i 300 metri di profondità. Questa tecnologia di terza generazione sarà in grado di osservare un volume di universo mille volte maggiore rispetto agli attuali rivelatori gravitazionali di seconda generazione, aprendo così il nostro sguardo a fenomeni astrofisici attesi ma ancora mai osservati. Uno dei siti canditati a ospitare l’Einstein Telescope è la miniera metallifera dismessa di Sos Enattos in Sardegna, la cui candidatura è sostenuta dal Governo Italiano, dal Ministero dell’Università e della Ricerca, dalla Regione Autonoma della Sardegna e coordinata scientificamente dall’INFN, con la collaborazione di diversi enti di ricerca e università di tutta Italia. In tale contesto, il progetto Etic del MUR vede la partecipazione dell’Agenzia Spaziale Italiana a supporto della progettazione delle strutture di superficie e sotterranee di ET e per la realizzazione delle stazioni GNSS e meteo di ASI presso il sito dell’Einstein Telescope. Il ruolo che il nostro Paese assume storicamente nell’astronomia gravitazionale e multimessaggera è dunque vivo più che mai e soprattutto proiettato verso le sfide del futuro.