Contrariamente a quanto si pensa e si sa la Luna non è l'unico satellite della Terra. Il nostro pianeta avrebbe infatti molti satelliti, che però orbitano intorno a lui per brevi periodi di tempo. A stabilirlo sono stati gli scienziati del Massachusetts Institute of Technology insieme ai ricercatori dell'Università delle Hawaii. A suffragio della propria teoria l'equipe di studiosi porta come esempio un piccolo asteroide entrato nell'orbita terrestre nel 2006 e rimasto in rotazione per un anno. Dopo aver analizzato i campi gravitazionali di Luna e Terra, gli scienziati sono giunti alla conclusione che il fenomeno del “rapimento” di corpi celesti all'interno dell'orbita terrestre ha luogo abbastanza spesso. Secondo gli autori della ricerca, in qualunque momento almeno un oggetto celeste del diametro minimo di 1 metro si trova in rotazione attorno alla Terra.
Fonte: http://italian.ruvr.ru
Sono quasi-lune e ballano ubriache intorno alla Terra.
9/8/2006
CI ha fatto compagnia per sette anni girando intorno al Sole insieme con la Terra e ora se n’è andato. E’ un minuscolo asteroide indicato con la sigla «2003 YN107», un macigno dal diametro di 20-30 metri. Catturato dall’attrazione gravitazionale del nostro pianeta nel 1999, è diventato temporaneamente un nostro satellite. Per un po’ ci ha fatto compagnia. Poi, il 10 giugno, un eccessivo avvicinamento alla Terra (a 3,4 milioni di chilometri, nove volte la distanza della Luna) gli ha dato una frustata gravitazionale che lo sta sopsingendo lontano da noi. Ma non per sempre. Tra una sessantina di anni dovrebbe di nuovo finire nella rete del campo gravitazionale terrestre. Gli astronomi definiscono questi oggetti celesti «coorbitanti», «quasi-lune» o anche asteroidi «ubriachi». Infatti negli scorsi sette anni YN107 non solo ha seguito il nostro pianeta lungo la sua orbita intorno al Sole, ma lo ha anche avvolto in una specie di danza, seguendo un percorso a spirale intorno alla Terra. Una spirale, però, dall’ampiezza piuttosto irregolare, che ricorda il passo ondeggiante di chi ha bevuto qualche bicchiere di troppo. YN107 fu scoperto il 20 dicembre 2003 dal telescopio automatico «Linear», dedicato alla ricerca di pianetini che si trovano a passare vicino alla Terra e costituiscono quindi un potenziale pericolo per noi. Il suo periodo orbitale intorno al Sole è di 364 giorni, poco meno di quello terrestre, la sua massa si aggira sulle 28 mila tonnellate. Non è l’unico pianetino coorbitante. La famiglia è instabile, c’è chi arriva e c’è chi parte, ma è numerosa. Oggi sono noti 19 pianetini coorbitanti. Uno di questi ha anche un nome, Izhdubar, gli altri si devono accontentare delle sigle assegnate all’atto della scoperta. Il più grande e fedele al legame con la Terra è «2004 GU9»: ha un diametro di 200 metri, intreccia la sua spirale intorno a noi da almeno 500 anni e probabilmente continuerà per altri 500 prima di riprendere la sua autonomia. Un quasi-coorbitante molto speciale è Cruithne. Scoperto il 10 ottobre 1986 all’Osservatorio australiano di Siding Spring, ha un diametro di 5 chilometri: con le sue evoluzioni intorno alla Terra e intorno al Sole disegna un’orbita a ferro di cavallo.
Non può essere considerato una nostra seconda luna: è un caso concreto di risoluzione del «problema dei tre corpi» studiato da Lagrange, sfrutta un punto di equilibrio gravitazionale tra la Terra e la Luna. Stravaganze astronomiche, semplici curiosità? Non esattamente. Basta poco perché certi fragili equilibri gravitazionali vengano perturbati. Prima o poi il destino dei pianetini coorbitanti è di cadere sulla Terra o, più raramente, sulla Luna. Quindi ci conviene seguirne le evoluzioni e conoscerli bene. Un giorno o l’altro potrebbe diventare necessario difenderci da un loro avvicinamento eccessivo. Per fortuna, secondo le ultime notizie raccolte dagli astronomi (vedi l’articolo qui sotto dedicato all’asteroide Itokawa, accuratamente osservato dalla sonda giapponese «Hayabusa»), spesso si tratta di oggetti poco compatti, anzi, piuttosto friabili, che si disgregherebbero facilmente nell’attrito con l’atmosfera terrestre e che già oggi la tecnologia ci permetterebbe di colpire o di deviare prima dell’impatto.
Piero Bianucci
Fonte: http://www.lastampa.it