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Onde gravitazionali, lo scienziato Tonelli: "Aperto un sentiero che ci porterà nella fantascienza. Ecco perché"

"Tra 200 anni gli scienziati rideranno di noi, perchè nel 2016 non avevamo ancora capito che tipo di meraviglie potevano aprirsi con questa scoperta".

 

 

Ignazio Dessì

La rilevazione scientifica delle onde gravitazionali è un passo destinato a segnare l’evoluzione delle conoscenze umane. Ne sono convinti gli scienziati che, pur mantenendo i nervi saldi, non nascondono il loro entusiasmo per le possibili conseguenze della scoperta. Ma di cosa si tratta in realtà, e quali prospettive apre l'aver stabilito la veridicità di quanto teorizzato da Albert Einstein? Abbiamo chiesto di spiegarcelo a Guido Tonelli, noto fisico italiano, professore ordinario presso l'Università di Pisa, coordinatore di diversi progetti sperimentali presso il Cern di Ginevra  ed uno dei principali protagonisti della scoperta del bosone di Higgs.


Professor Tonelli, di cosa stiamo parlando?
“Finora le onde gravitazionali erano state solo ipotizzate teoricamente da scienziati come Einstein, ora però siamo certi della loro esistenza, perché è stato dimostrato sperimentalmente. La teoria cioè è corretta e questo è un aspetto fondamentale”.

 

Perché la scoperta è così importante?
“Si tratta di una scoperta dai molteplici aspetti. Da un lato viene confermata la teoria della relatività generale, ovvero del fatto che il nostro spazio-tempo è perturbato localmente da qualcosa, una massa, che accelerata in maniera enorme può produrre delle onde, come fa un sasso lanciato nell’acqua. Nel caso specifico ciò è avvenuto quando 2 buchi neri si sono fusi. Questa catastrofe ha prodotto un insieme di onde che si sono propagate nello spazio-tempo. Il fatto meraviglioso è che ciò è avvenuto un miliardo e 200 milioni di anni fa. Stiamo cioè parlando della registrazione di una cosa accaduta quando sulla Terra c’erano forse i primi microrganismi”.

 

(Guido Tonelli)

 

Quali implicazioni può avere un simile risultato?
“Ha una importanza enorme perché apre un nuovo campo di ricerca. D’ora in poi oltre a guardare all’universo con telescopi ottici, apparati che rilevano i fotoni di altissima energia come i raggi gamma, le onde radio, i neutrini, potremo osservare il mondo che ci circonda in altra maniera. Non solo attraverso lunghezze d’onda e radiazioni ma anche attraverso quest’altra onda. La luce e l’attrazione elettromagnetica infatti si sono separate dalla materia 'solamente' 380mila anni dopo il Big Bang e non possiamo dunque andare oltre tale barriera, le onde gravitazionali invece hanno cominciato a propagarsi subito. La speranza segreta di tutti i fisici è che tale campo di ricerca permetta di registrare, magari lavorandoci altri cento anni e aumentando la sensibilità degli strumenti, le sottili increspature dello spazio-tempo residuo del big bang, ovvero le onde gravitazionali primordiali. Esse ci potrebbero dire moltissimo sull’origine del nostro universo”.



Ma questo, sulla scia di Einstein, potrebbe davvero cambiare il modo stesso di concepire il funzionamento dell’universo? E potrebbe modificare il concetto stesso delle distanze?

“Certo. Soprattutto si apre un nuovo campo di ricerca. Per ora siamo riusciti a registrare attraverso le onde gravitazionali gli effetti di un fenomeno catastrofico, una percussione dello spazio-tempo dovuta allo scontro di due buchi neri, ciascuno grande come 30 masse solari. E tra l’altro finora non si sapeva potessero esistere sistemi binari composti da due buchi neri tanto grandi. Ma si potrebbero anche osservare nuovi fenomeni come i cosiddetti Worm Hole, ovvero fenomeni in cui i buchi neri giocano un ruolo decisivo con conseguenze tali da portare a un passo dalla fantascienza. Ripeto, bisogna stare con i piedi per terra ma questa scoperta ci può riservare davvero parecchie sorprese”.



Per esempio?

“Siamo quasi al livello di certi contenuti dei migliori film di genere”.


Approfondiamo almeno un poco. Dal punto di vista dei viaggi spaziali potrebbe essere interessante studiare le contrazioni spazio-temporali per individuare le cosiddette scorciatoie che consentirebbero di raggiungere punti lontanissimi delle galassie?
“Quando si parla di Worm Hole si parla appunto di queste prospettive. Certo bisogna rimanere cauti, ma tra 100 o 200 anni gli scienziati, dopo aver accumulato altre esperienze e scoperte, sicuramente rideranno di noi. Del fatto che nel 2016 non avevamo ancora capito che tipo di meraviglie potevano aprirsi con questa scoperta. Di questo sono sicuro”.


Ma nell’immediato che conseguenze concrete ci possono essere per il genere umano?
“L’opinione pubblica deve abituarsi all’idea che le scoperte scientifiche non producono mai nell’immediato dei benefici tangibili. Ma lo consentono per il futuro. E’ stato così per la relatività e la meccanica quantistica, per il bosone di Higgs e tante altre. Succede tuttavia che allorché la fisica fondamentale capisce come funziona un fenomeno prima o poi produce cose che cambiano radicalmente la vita delle persone. Basta pensare al telefonino che funziona proprio con i principi della meccanica quantistica. Nessuno poteva immaginare ai tempi di Max Planck che le equazioni relative avrebbero consentito di costruire aggeggi per comunicare a migliaia di chilometri di distanza”.


Insomma è come aver aperto una porta su un nuovo sentiero che ancora è da percorrere ma ora sappiamo esistere.
“Esatto, e soprattutto non sappiamo dove ci porterà. Il bello però è che tale sentiero è aperto. Forse ci sarà bisogno di generazioni di scienziati per percorrerlo, ma chissà verso quali conquiste meravigliose ci condurrà. Questa è la bellezza”.



Che ruolo ha avuto in questa conquista l’Italia?

“La scoperta è stata fatta da un osservatorio americano, il LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory) che lavora con un osservatorio italiano di Cascina in provincia di Pisa. Una struttura italo-europea concepita dall’Italia e realizzata insieme alla Francia. Tale struttura ha dato un impulso fondamentale allo sviluppo delle tecnologie che hanno consentito la rilevazione delle onde, con l’apporto di studiosi come Adalberto Giazotto e un gruppo di italiani. Sono stati loro ad aver sviluppato gli interferometri a livelli incredibili, senza i quali la scoperta di cui si parla non sarebbe stata possibile. E’ bello però che a tale progetto sulle onde gravitazionali partecipino americani, francesi, giapponesi, italiani e tanti altri scienziati di varie nazionalità".

12 febbraio 2016

 

Fonte: http://notizie.tiscali.it

 

 

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