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Il generale Michelangelo Privitera e' noto nel mondo ufologico italiano per essere stato uno dei grandi sostenitori di Roberto Pinotti (fondatore del Centro Ufologico Nazionale), accompagnandolo nella sua carriera di ufologo internazionale (riferimenti: 01 - 02 - 03 ). Uomo dei servizi segreti, Privitera e' morto in un modo quantomeno strano e sospetto (il presunto assassino sarebbe stato in "stato confusionale"), ecco alcune informazioni presenti in rete su questo delitto.

 

 

FIRENZE - Un generale dell'esercito in pensione è stato assassinato questa mattina a Firenze. Si chiamava Michelangelo Privitera, aveva 70 anni, abitava in via Doni 22. E' stato ucciso non lontano da casa sua, per strada, in via Maragliano, alla immediata periferia della città, con alcuni colpi di pistola. Inutili i primi soccorsi, il generale è morto all'istante. Subito dopo il delitto è stato fermato e poi arrestato un ex sottoposto del genrale, Giuseppe Costa, 49 anni, originario di Terranova da Sibari (Cosenza), residente a Verona. Costa è un ex capitano dell' esercito, in congedo dal 1992. Interrogato dal pm Alessandro Crini negli uffici della squadra mobile l'uomo non è stato in grado di fornire spiegazioni. "Sarò felice di rendere dichiarazioni non appena avrò chiaro e nitido il ricordo", avrebbe detto l'ex ufficiale riferendosi a quanto accaduto stamani. Costa è stato bloccato da una pattuglia della polizia stradale e dai carabinieri impegnati nel servizio di ordine pubblico per la manifestazione di protesta dei camionisti che stavano affluendo verso l'Autostrada del sole. L'uomo era a bordo di una Golf e - secondo le prime informazioni - aveva ancora la pistola che potrebbe sarebbe stata usata per sparare al generale. Il motivo del delitto sarebbe dovuto a dissapori tra la vittima e il fermato che è stato un suo sottoposto. L'ex ufficiale fermato avrebbe anche subito un procedimento disciplinare aperto per iniziativa del generale ucciso. A Firenze, è il secondo omicidio in tre giorni. Il primo, sul quale gli investigatori stanno ancora indagando, è stato quello del ristoratore Alberto Giulianini, ammazzato con un arma da taglio.
11 maggio 2002

Fonte: http://www.repubblica.it



DUE mesi prima di essere ucciso, il generale Michelangelo Privitera aveva intuito di essere in pericolo. Dopo anni di silenzio, l' ex capitano Giuseppe Costa si era improvvisamente materializzato di fronte a lui. Lo aveva seguito. Lo aveva insultato. Dopo essersi consultato con uno psichiatra che aveva avuto in cura Costa, il generale era andato in questura a sporgere denuncia ed aveva chiesto la restituzione del porto d' armi. E' accaduto il 22 marzo. Meno di due mesi più tardi, sabato 11 maggio, il generale in pensione Michelangelo Privitera, 70 anni, è stato assassinato a pochi passi da casa, in via Maragliano, dall' ex capitano Costa, 49 anni, che era arrivato appositamente da Verona e si era fermato a Reggio Emilia ad acquistare una pistola 44 magnum per giustiziare l' alto ufficiale. Ora il passato remoto e recente emerge pian piano dalle indagini della polizia, della procura e dell' avvocato difensore Gaetano Pacchi. Sia Costa che Privitera erano originari dello stesso paese in provincia di Cosenza. Il generale aveva dato una mano a Costa per farlo entrare nell' esercito e gli aveva presentato una lontana parente che sarebbe divenuta sua moglie. Sia la carriera militare che il matrimonio di Costa sono però finiti rapidamente: nel '92 il capitano fu espulso per insubordinazione, si separò drammaticamente dalla moglie e avviò una causa di disconoscimento del figlio di due anni. Causa perduta. Le analisi dimostrarono che il bambino era suo. Ma Costa, solo, senza lavoro, sempre più ossessionato da deliri di persecuzione, ha continuato a rimuginare sulla sua infelicità e sui suoi fallimenti, e ha finito per attribuirne la colpa a lui, al generale che aveva cercato di aiutarlo. Per anni ha covato il suo rancore in silenzio. A Verona, dove abitava da solo, non cessava di sentirsi perseguitato dai vicini di casa. Sentiva «sbattere di porte», rumori minacciosi, era arrivato a denunciare i condomini. A Firenze, però, non si era fatto più sentire. Ma il 22 marzo è comparso improvvisamente davanti al generale. L' alto ufficiale stava uscendo dal caffè Paszkowski in piazza della Repubblica. Costa è lì, fuori dal locale. Indossa dei guanti di lattice. Lo segue fino a via Martelli, alla fermata dell' autobus. A questo punto il generale scatta, si infuria, e Costa lo insulta. L' alto ufficiale si rifugia al posto di guardia della prefettura. Intuisce che la situazione è seria. Prima di decidersi a sporgere denuncia si consulta con il professor Pierluigi Cabras, docente di psichiatria. Poi va in questura, redige un verbale, riferisce il pedinamento e gli insulti, afferma che secondo lo psichiatra Costa è pericoloso. Chiede che gli venga restituito il porto d' armi. Qualche giorno più tardi ritorna in questura. Dal nuovo verbale l' allarme sembrerebbe attenuato. Ma il generale ribadisce la richiesta di porto d' armi. Sente il bisogno di difendersi. D' altra parte anni prima aveva avuto modo di sperimentare l' intensità dell' ossessione che tormentava Giuseppe Costa. Nel ' 92, l' anno terribile in cui andò in frantumi la sua carriera e il suo lavoro, Costa si convinse che la moglie, la cognata ed altre persone, fra cui lo stesso generale, tramavano per portargli via i suoi pochi averi. Sporse denuncia, accusando tutti di reati pesantissimi. Il fascicolo fu assegnato al sostituto Sandro Crini, lo stesso magistrato che era d' urgenza sabato scorso, il giorno dell' omicidio. Un giorno Costa si presentò in procura, a perorare la sua causa e parlò qualche minuto con il pm, che ora se l' è trovato di fronte, trasformato in assassino dalle sue ossessioni.
FRANCA SELVATICI
16 maggio 2002

Fonte: https://ricerca.repubblica.it



No, non ha confessato. Ha un vuoto di tre ore. Ha «rimosso». La sua mente è come se si fosse bloccata sull' ultimo caffè preso nei bar che aprivano, dalle parti di via Maragliano, ieri mattina, intorno alle 6,30. Novoli, periferia di Firenze. Giuseppe Costa, 49 anni, ex capitano dell' esercito congedato nel 1992 perché sottoposto a un procedimento per disobbedienza, ieri arrestato per omicidio volontario, è stato interrogato a lungo dal pm Alessandro Crini, ma non ha ammesso di aver ucciso il generale Michelangelo Privitera, 70 anni, pensionato, freddato a due passi dalla sua casa, a Novoli, vicino alla fermata di un bus, ieri mattina alle 9,50. Sei colpi di pistola sparati da vicino, sul marciapiede, nel vai e vieni della gente con le borse della spesa. Un agguato drammatico: i colpi sparati anche con il generale già a terra. Poi la fuga, mentre sul posto arrivavano i soccorsi e il dottore del 118 non poteva che constatare la morte di Privitera. Giuseppe Costa non ricorda cosa ha fatto ieri mattina né sa spiegare le radici di quel terribile rancore: «Sarò felice di rendere una dichiarazione non appena avrò nitidi i ricordi su quello che è accaduto» avrebbe detto accanto al suo avvocato, Gaetano Pacchi. Eppure i testimoni che l' hanno visto scappare e salire sulla Golf scura hanno fornito descrizioni precise e parte del numero della targa. Eppure in macchina quando gli agenti della Polstrada, della polizia e dei carabinieri l' hanno fermato pochi minuti dopo in viale XI Agosto, nel traffico della manifestazione di protesta dei camionisti, aveva una pistola 44 magnum Smith e Wesson, lo stesso tipo di arma che ha sparato in via Maragliano. E mancavano sei colpi, tutti quelli del tamburo. «Conosceva il generale Privitera?» hanno insistito il Pm e gli investigatori della squadra mobile chiusi nell' ufficio del capo Michele Giuttari. E lui, Costa, capelli e baffi bianchi, camicia di jeans e scarpe da ginnastica scure, allargava le braccia fissando il vuoto. Muto, congelato. Sulla vittima ha detto solo: «Non è mai stato il mio comandante». Ma come è nato quel rancore così profondo nei confronti del generale? Michelangelo Privitera - spiegano i suoi familiari - conosceva Costa da oltre 20 anni, era stato lui a trovargli un lavoro e a farlo entrare nell' esercito. Per alcuni anni avevano lavorato tutti e due a Firenze. Costa era all' Ore, l' officina riparazioni dell' esercito. Nel 1992 però viene congedato per disobbedienza: chi lo punisce? Il pm ha chiesto gli atti all' esercito e ha secretato gli interrogatori di ieri. Sembra che il generale non abbia smesso di prendere a cuore la situazione difficile dell' ex capitano. Secondo alcuni, cerca di aiutarlo. Ma Costa sprofonda nella solitudine e forse cova un sentimento crescente di rivalsa, che diventa ossessione. Per un certo periodo pare sia stato in cura con specialisti, poi più nulla. Da dieci anni non ha un lavoro: «Come vivo? Grazie alla bontà dei miei genitori» avrebbe risposto ieri. Ma intanto covava la vendetta. Avrebbe pedinato e minacciato per telefono il generale. Lo conferma l' avvocato Gabriele De Paola, amico di famiglia, che ha parlato con la vedova. Costa ha raccontato con una certa precisione cosa ha fatto il giorno prima del delitto: da Verona dove abita (è separato dalla moglie che vive in Calabria assieme al figlio) si è messo in viaggio per Firenze. Ha motivato la partenza spiegando che a Firenze c' è un buon tiro a segno. Costa è un appassionato di armi, pare ne possedesse diverse. Strada facendo, a Reggio Emilia, si è fermato in un' armeria a comprare la 44 magnum Smith e Wesson. A Firenze è arrivato di notte, intorno alle 2,30, avrebbe girovagato un po' , poi avrebbe dormito qualche ora in macchina. Alle 6,30 un caffè, l' auto parcheggiata in via Doni, vicino alla casa del generale. Poi, nella sua mente, un vuoto lungo tre ore. Fino a quando i poliziotti lo hanno fermato dentro la sua Golf .
LAURA MONTANARI
12 maggio 2002

Fonte: https://ricerca.repubblica.it



Quattordici anni e otto mesi di reclusione, da scontarsi dopo la misura di sicurezza del ricovero per tre anni nell' ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere (Mantova). E' questa la pena inflitta dal gup Gaetano Magnelli con giudizio abbreviato a Giuseppe Costa, 50 anni, l' ex capitano dell' esercito che l' 11 maggio 2002 uccise in strada, in via Maragliano, il generale in pensione Michelangelo Privitera, 70 anni. A Costa è stata riconosciuta la seminfermità mentale: secondo i periti l' ex ufficiale soffre di una sindrome paranoide a contenuto delirante. Per lui l' accusa era di omicidio premeditato. Sedici anni la condanna richiesta dal pm Alessandro Crini mentre la difesa dell' ex capitano, assistito dagli avvocati Gaetano Pacchi e Nino Marazzita, aveva sostenuto la totale incapacità di intendere dell' uomo, in base ad una consulenza di Francesco Bruno. L' ex capitano è stato condannato anche a pagare una provvisionale di 375.000 euro a titolo di risarcimento danni per la moglie e i figli del generale, assistiti dall' avvocato Valerio Valignani.
23 luglio 2003

Fonte: https://ricerca.repubblica.it

 


 

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