C’è un articolo sul sito della Bbc che mi ha colpito molto: http://www.bbc.co.uk È il ritratto di uno squattrinato meccanico brasiliano, Alfredo Moser, che nel 2002 ha inventato un metodo rivoluzionario per illuminare la sua officina durante il giorno. L’officina di Moser a Uberaba, nel sud del paese, ha una cosa in comune con tanti altri luoghi di lavoro in Brasile, ma anche con tante case costruite con materiali poveri nelle favelas e nelle baraccopoli di tutto il mondo: non ha finestre.
Riflettendo sulle capacità refrattarie delle bottiglie di plastica, Moser ha capito che una bottiglia classica di aranciata o acqua minerale da un litro o un litro e mezzo, riempita d’acqua (con un po’ di candeggina, per evitare la formazione di alghe o batteri) e inserita in un buco fatto nel tetto della casa, fa la stessa quantità di luce di una lampadina da 50 watt.
È chiaro che quando cala il sole bisogna usare altre forme d’illuminazione. Ma calcolando 12 ore di luce solare, c’è comunque una riduzione notevole dei costi energetici. Moser, che ha istallato le sue lampade-bottiglia nella casa dei vicini, e perfino in un supermercato della zona, racconta che con i soldi risparmiati un padre ha potuto mandare la figlia a scuola.
Leggendo questa storia illuminante, ho avuto un senso di déja-vu. Dopo una breve ricerca, ho trovato quello che cercavo. Fra fine agosto e i primi di settembre 2011, vari mezzi d’informazione internazionali hanno riportato la notizia di una solar bottle bulb, una lampadina solare a forma di bottiglia che, per citare un articolo della Cnn, stava “trasformando i bassifondi di Manila”:
http://edition.cnn.com
Si tratta del progetto A liter of light:
http://www.aliteroflight.org
“un litro di luce”, dell’associazione umanitaria My shelter foundation, grazie alla quale nella capitale delle Filippine sono state installate 12mila bottiglie luminose in 10mila baracche. La Cnn attribuisce l’invenzione ad Amy Smith, un ingegnere del D-lab, un ufficio del Massachusets institute of technology creato per “incoraggiare lo sviluppo di tecnologie appropriate e soluzioni sostenibili nello sviluppo e nella cooperazione internazionale”. Un modo per aiutare il terzo mondo ad aiutare se stesso, in altre parole.
Sulla scia dell’articolo della Cnn, la brillante idea è stata attribuita a Smith e al Mit da quasi tutte le altre testate che hanno riportato la storia,anche qualcuna in Italia:
http://www.corriere.it
Nessuno di questi articoli cita Alfredo Moser, il povero meccanico brasiliano.
E quindi? Si tratta di uno di quei casi di trovate quasi contemporanee, tipo la teoria dell’evoluzione, sviluppata negli stessi anni, ma indipendentemente, da due scienziati inglesi, Charles Darwin e Alfred Wallace?
Ho provato a fare varie ricerche su Google, ma l’unico risultato che cita Moser e Smith insieme porta a un post di eGfi, una rivista statunitense per studenti di ingegneria:
http://students.egfi-k12.org
Il post parla sempre di un’invenzione nata al Mit, ma nei commenti che seguono una certa Sandra fa presente che la paternità dell’invenzione risale al 2002 e spetta a Moser, postando un link a questo vivace servizio apparso su un telegiornale brasiliano:
http://www.youtube.com
La certezza che Sandra abbia ragione arriva quando trovo un altro video su Youtube, che mostra una prova della lampada-bottiglia in un centro di cooperazione americana a Haiti. La donna che parla, presumibilmente un’impiegata del centro, dice: “Ecco la lampada solare brasiliana che Amy Smith e il suo studente Kofi hanno installato nel nostro ufficio”.
In base al servizio della Bbc – che curiosamente non nomina il Mit – l’articolo di Wikipedia sull’iniziativa Liter of light è stato cambiato il 7 agosto per assegnare a Moser l’invenzione: potete confrontare qui le due versioni:
http://en.wikipedia.org
Non so esattamente come sia andata la vicenda, ma provo a immaginarlo. Un umile meccanico brasiliano inventa un modo semplice ma geniale di riciclare le bottiglie di plastica, trasformandole in lampade solari a costo quasi zero. La sua idea arriva alle orecchie di un’università americana che ha il compito, lodevole, di esportare verso il mondo in via di sviluppo la tecnologia semplice ma geniale, a basso costo.
Nei primi tempi la padronanza dell’invenzione è stata riconosciuta a Moser. Ma in qualche modo, volutamente o inconsciamente, per pigrizia o per omissione, con la complicità dei media americani e mondiali, l’invenzione della bottiglia luminosa è stata attribuita ad Amy Smith e al Mit. Diventando l’ultima di una serie di cose buone che noi liberali del mondo “sviluppato” facciamo per aiutare gli abitanti di paesi meno fortunati di noi. Ricordiamo che sono meno fortunati di noi anche perché li abbiamo sfruttati durante l’era coloniale, e li continuiamo a sfruttare nell’era post coloniale.
Si potrebbe obiettare che la cosa importante non sia chi abbia inventato la lampada bottiglia, ma il fatto che tante persone nel mondo costrette ad arrangiarsi con lampade al kerosene o allacci improvvisati alla rete elettrica ora abitano in stanze illuminate gratis, almeno di giorno.
Questa cosa è fondamentale. Ma lo è anche l’idea che il mondo “povero” può generare delle soluzioni per i suoi problemi. Cosa che raramente viene riconosciuta da organizzazioni umanitarie che sono ancora paternalistiche fino al midollo.
Assegnare il prossimo premio Nobel per la fisica (perché sempre di ottica fisica si tratta) ad uno squattrinato meccanico brasiliano sarebbe, forse, un primo passo verso una riparazione. Con questo post, vorrei aprire una campagna per la candidatura al Nobel di Alfredo Moser.
Fonte: http://www.internazionale.it
Alfredo Moser è un meccanico brasiliano che ha avuto un’idea brillante nel 2002, dopo aver subito uno dei frequenti black-out che interessano Uberaba, la città dove vive nel sud del Brasile.
Stanco di guasti elettrici, Moser ha iniziato a giocare con l’idea della rifrazione della luce solare in acqua e in poco tempo ha inventato la “lampadina dei poveri”. “Wit” è semplice e disponibile a chiunque: una bottiglia di plastica riempita d’acqua da due litri a cui si aggiunge un po’di candeggina per preservarla dalle alghe. Il flacone è stato posto in un foro nel tetto e dotato di resina poliestere.
Il risultato? Illuminazione libera e organica durante il giorno, particolarmente utile per gli edifici e baracche che a malapena hanno finestre.
A seconda dell’intensità del sole, la potenza di queste lampade artigianali si aggira tra i tra 40 e i 60 watt. “E‘ una luce divina. Dio creò il sole e la sua luce è quindi per tutti“, ha riferito Moser alla BBC . “Non costa un centesimo ed è impossibile che si fulmini.”
Anche se l’inventore ha ricevuto piccole ricompense per le installazioni di Wit nelle case e in aziende locali, la sua idea non lo ha reso ricco.
Un grande senso di orgoglio: «Conosco un uomo che ha inserito le bottiglie e in un mese aveva risparmiato abbastanza per comprare beni di prima necessità per il loro bambino appena nato”, dice soddisfatto.
Un’idea che si è diffusa in tutto il mondo.
Ma la lampadina geniale non si è fermata a Uberaba. Negli ultimi due anni l’invenzione ha subito una grande espansione in tutto il mondo.
Ad esempio, la Fondazione MyShelter (mio rifugio) nelle Filippine ha accolto con entusiasmo l’idea. MyShelter è specializzata in costruzioni alternative utilizzando materiali come il bambù, pneumatici o su carta.
In Cina, dove il 25% della popolazione vive sotto la soglia di povertà e l’elettricità è particolarmente costosa, ci sono 140.000 famiglie che hanno fatto ricorso a questo sistema di illuminazione.
Il direttore esecutivo del MyShelter, Illac Angelo Diaz spiega che bottiglie-lampadine sono diffuse ad almeno quindici paesi, tra cui India, Bangladesh, Fiji e Tanzania.
“Non ho mai immaginato che la mia invenzione avrebbe avuto un tale impatto”, afferma Moser. “Solo a pensarci mi viene la pelle d’oca.”
Fonte estera: http://www.elconfidencial.com
Fonte italiana: http://www.globochannel.com