Memorizzare informazioni in un singolo atomo è considerato come uno dei santi Graal della fisica quantistica applicata all’informatica. La sostenibilità del principio di una tecnica del genere è già stata dimostrata a temperature molto basse ma i problemi si hanno quando si vuol far funzionare un sistema del genere a temperatura ambiente. La domanda odierna di nuovi sistemi di memorizzazione di dati digitali diventa sempre più pressante con l’aumentare, di livello esponenziale, dei quantitativi di dati. Nuovi metodi, alcuni dei quali possono apparire anche fantascientifici, come ad esempio la memorizzazione dei dati nel DNA, sono in fase di sviluppo in molti laboratori specializzati del mondo. Uno di quelli sui quali si scommette di più è proprio la memorizzazione dei dati all’interno di un singolo atomo, sostanzialmente la più piccola unità di materia, che dovrebbe rappresentare il livello massimo di compressione dei dati. Il problema relativo all’immagazzinare dati in un singolo atomo sta tutto nell’instabilità, soprattutto a temperatura ambiente. Un nuovo studio, pubblicato su Nature Communications, mostra che utilizzando un substrato speciale a base di fosforo nero è possibile immagazzinare informazioni all’interno di singoli atomi di cobalto con un metodo che andrebbe ad aggirare i problemi relativi all’instabilità. Gli scienziati della Radboud University così spiegano la loro ricerca: “Abbiamo trovato un modo per applicare una differenza di energia tra alcuni degli orbitali dell’atomo di cobalto e ora utilizziamo il momento angolare orbitale per la nostra memoria atomica. Questo vanta una più grande barriera energetica e potrebbe essere fattibile per rendere stabile la memoria a singolo atomo a temperatura ambiente. Alla fine, è ancora un magnete con un momento angolare, ma ora siamo in grado di controllare l’atomo da uno stato 0 a uno sato 1, cosa che ha una stabilità molto più elevata di altri magneti”.

 

Fonte: https://notiziescientifiche.it

 


 

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