Secondo recenti risultati di ricerca, dal 2009 si sono avuti i primi, clamorosi successi nel proteggere le api. In Italia la semina di mais di quell'anno, priva di neonicotinoidi, non aveva registrato quella che da almeno un decennio era stata una preoccupante moria delle colonie di api. Il divieto di rivestire le sementi con l'insetticida imposto dal governo italiano aveva fatto miracoli, a giudicare dai dati più freschi raccolti sul campo da ricercatori, apicoltori e autorità regionali.
Francesco Panella, presidente dell'Associazione Italiana Apicoltori aveva scritto al ministro dell'Agricoltura “per confermare la grande notizia, per una volta: grazie alla sospensione, gli alveari in Val Padana sono fiorenti di nuovo... Ora siamo ansiosi di assicurarci che il divieto temporaneo di rivestimento delle sementi con neonicotinoidi diventi definitivo”. Il 29 aprile 2013, la Commissione europea ha imposto un ulteriore blocco per due anni degli insetticidi sospettati di uccidere le colonie di api, a seguito di uno studio della Autorità europea per la sicurezza alimentare sugli alti rischi che questi insetticidi comportano per le api melifere. Gli studi suggeriscono che i composti di nicotina distruggono i sistemi di navigazione delle api e li lasciano incapaci di imparare, indebolendo il loro sistema immunitario. Ma ora gli scienziati avvertono che altri agenti nervini anti-parassitari possono danneggiare le api e altri impollinatori. Secondo il professor Christopher Connolly, neuroscienziato presso l'Università di Dundee (GB) esperto degli effetti delle tossine sui meccanismi d’inibizione ed eccitazione cerebrale in umani ed animali, non dovrebbe essere consentito agli agricoltori di spruzzare una “zuppa tossica di sostanze chimiche” sulle loro coltivazioni, perché i pesticidi bloccano i segnali elettrici e chimici fra i neuroni e possono produrre gravi disturbi cerebrali – nelle api ma anche negli umani: impossibilità di individuare le migliori fonti di nettare, incapacità di spostarsi alla vicina fonte di cibo o di tornare all'alveare, interferenza con la “danza” impiegata per comunicare all'interno dell'alveare e diffondere informazioni circa le fonti di cibo. L'aspetto inquietante della ricerca di Connolly è che dimostra che gli effetti di questi pestidici sulle api non sono stati rilevati finora perché tutti i test effettuati miravano ad individuare effetti negativi dopo soli quattro giorni dall'esposizione, mentre il periodo di esposizione necessario perché si abbiano effetti neurologici significativi è di due settimane. Secondo Connolly, “i test di sicurezza sono tutti sbagliati. La cosa che mi preoccupa è che questo getta un punto interrogativo su diverse centinaia di pesticidi, testati da schermi di sicurezza inadeguati”. Connolly suggerisce di monitorare i pesticidi direttamente dal loro uso nell'ambiente, proprio come viene monitorato l'uso della droga nei pazienti, piuttosto che in laboratorio. "Tenete a mente”, avverte Connolly, “che abbiamo un sacco di malattie idiopatiche negli esseri umani, di cui non conosciamo la causa e dato che non sappiamo quali pesticidi sono utilizzati, in quali combinazioni e quando, non sappiamo se questi pesticidi possono contribuire per alcune o anche tutte queste malattie sconosciute”. Di fronte alla necessità di proteggere i raccolti al costo della salute animale ed umana, il buon risultato ottenuto con i neo-nicotinoidi suggerisce che è sempre più necessario individuare alternative valide – e sostenibili! – ai pesticidi.
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