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Se pensate che conosciamo la maggior parte delle specie di microbi esistenti siete totalmente in errore. C’è una materia oscura anche nel mondo dei microbi: si parla dei microbi non coltivati, ossia tutte quelle specie di microbi le cui caratteristiche non sono mai state descritte perché mai coltivati in laboratorio. In sostanza parliamo dei microbi sconosciuti e non classificati. Un nuovo studio, pubblicato su mSystems, è il primo a determinare la popolazione di questi microbi, almeno a livello tassonomico.

Trilioni di specie di microbi?
La materia oscura microbica è molto difficile da stimare e l’unica cosa certa, almeno prima di questa ricerca, è che è composta da tantissime specie del tutto sconosciute non solo a livello quantitativo ma anche a livello descrittivo. Questi microbi dominano, almeno a livello numerico, la maggior parte degli ecosistemi terrestri. Secondo Karen Lloyd, professoressa presso l’Università del Tennessee ed una delle autrici della ricerca, almeno un quarto dei microbi sulla Terra proviene dai circa 30 phyla di microbi mai coltivati. Un phylum (plurale: phyla) è una classificazione che si utilizza in tassonomia, una di quelle superiori dato che è inferiore al “regno”. E questo senza contare le possibili specie diverse, probabilmente milioni o addirittura trilioni secondo le ultime stime. 1) Per far capire di cosa si sta parlando, la stessa Lloyd fa un esempio nell’articolo di presentazione della ricerca sul sito dell’università del Tennessee: “Tutti i vertebrati, ogni singolo animale con una spina dorsale, sono contenuti in un singolo phylum. Questo significa che potenzialmente abbiamo 30 diversi tipi di microbi che sono ciascuno diverso da qualsiasi microbo già noto come le giraffe sono diverse dalle stelle marine”.

Potrebbero esistere specie di microbi strane o assurde.
Questo significa anche che molti di microbi mai coltivati e dunque del tutto sconosciuti potrebbero essere profondamente diversi da quelli conosciuti. Potrebbero fare cose insolite, come ad esempio sopravvivere con un’energia estremamente bassa oppure crescere in maniera straordinariamente lenta, come sottolinea la stessa Lloyd. Si tratta di un mondo difficile anche da immaginare ma che potrebbe risultare più che affascinante se si cominciasse ad indagarlo in maniera sistematica.

Supercomputer solo per stimare i phyla.
Per eseguire la stima dei phyla i ricercatori hanno dovuto raccogliere tutte le sequenze di DNA depositate nei database pubblici (circa 1,5 milioni) confrontandole con 26.000 sequenze di DNA di microbi e batteri già coltivate. Si è trattata di una sfida, a livello computazionale, non indifferente ma i ricercatori sono stati aiutati, in tal senso, dai supercomputer dell’Istituto congiunto per le scienze computazionali presso l’Oak Ridge National Laboratory.

Fonte, nota e link: https://notiziescientifiche.it

 


 

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