Una divisione speciale dello Strategic Capabilities Office ha sperimentato il primo sciame di locuste robotiche. I test avanzati sono stati effettuati la scorsa estate, in Alaska, quando un caccia ha rilasciato i piccoli droni che una volta in volo hanno iniziato a “cercarsi” formando uno sciame.
Per il programma “Perdix” il Pentagono ha stanziato venti milioni di dollari. 150 i test fino ad oggi effettuati, con 72 rilasci dai caccia F-15 e F-16. I micro-droni possono essere lanciati anche da terra. Nel filmato rilasciato dal Pentagono un micro-UAV (unmanned aerial vehicle) è sganciato da un F-16 a duemila piedi di quota. Il micro drone scende dolcemente grazie ad un paracadute prima di spiegare le superfici alari ed accendere il piccolo rotore di spinta. Il drone testato pesava un chilo.
Il programma Perdix rientra nell’ambizioso Progetto Avatar, volto all’integrazione totale dei sistemi di quinta generazione con i precedenti (in questo caso sciami robotici rilasciati e guidati a bordo di un F-16). L’integrazione è prevista sia per le piattaforme F-22 Raptor e F-35 che per gli F-16 e F/A-18 Hornet in un concetto noto nell’Air Force come 'Wingman Loyal'.
Nonostante i test siano iniziati nel 2014, quelli effettuati nella trascorsa estate e classificati sono ritenuti dal Pentagono come “una pietra miliare nello sviluppo delle locuste robotiche”.
L’idea alla base dello sciame robotico è il banco di pesci o lo stormo di uccelli. Funzionano proprio come tali grazie a quello che il Pentagono chiama “living brain” (cervello vivente). Grazie a delle semplici istruzioni i micro droni interagiscono tra di loro. Riconoscendosi a vicenda, iniziano ad aggregarsi, continuando a volare come se fossero un solo sistema. Quest’ultimo è progettato per disperdersi in base al contesto operativo.
La “swarm warfare” è una nuova tattica asimmetrica elaborata dalla US Navy. Nello specifico si basa sulla capacità di attaccare un vettore X con decine di droni a basso costo. La prima elaborazione della nuova dottrina di riferimento risale al 2012 in un documento dal titolo "UAV Swarm Attack" redatto dalla Naval Postgraduate School.
Lo scenario immaginato è il seguente: cosa accadrebbe se uno sciame di droni a basso costo attaccasse una nave da guerra moderna? “Un cacciatorpediniere della Marina USA è attaccata da cinque a dieci droni simultaneamente: provengono da tutte le direzioni. La visibilità è buona. I droni sono controllati segretamente da una postazione in remoto collocata in un peschereccio nelle vicinanze. Alcuni droni sono guidati a vista, altri sono dotati di radar. Il sistema di difesa aerea Aegis è uno dei migliori al mondo, con una suite integrata di sensori ed armi. E’ ritenuto in grado di azzerare con i suoi missili ed i suoi cannoni da 20 millimetri, ogni tipo di minaccia. Ma non quella formata da uno sciame di droni. Il motivo? All’epoca un tale asset era ritenuto fantascienza”.
Aegis non è stato progettato per affrontare tale minaccia. I piccoli droni hanno una firma radar minuscola. Una volta identificati poi, non possono essere ingaggiati dai missili o dai cannoni perché troppo vicini. “Il risultato è che il sistema Aegis non può influenzare a suo vantaggio un attacco portato da uno sciame di droni”.
E’ stato stimato che tra l’individuazione e l’impatto dei droni, anche la più potente nave della Marina USA avrebbe un tempo di reazione di 15 secondi. “I difensori a bordo dovrebbero scegliere un bersaglio diverso dagli altri: soltanto in questo modo potrebbero sperare di limitare i danni”. Esatto, soltanto limitare. “Su centinaia di simulazioni effettuate, in un attacco portato da otto droni, vi è una media di 2,8 UAV che riescono sempre a colpire il bersaglio. Ciò significa che più ha senso attaccare una nave con un gran numero di droni a basso costo che con un missile”.
Il programma Low-Cost UAV Swarming Technology – LOCUSTA, si pone l’obiettivo di creare uno sciame da guerra formato da trenta droni del tutto automatizzati allo stesso costo di un singolo missile, circa 1,2 milione di dollari.
Considerando l’evoluzione, sono già in atto dei programmi paralleli come l’Aerial Combat Swarms, che prevede l’impiego di sciami per autodifesa contro altri droni nemici.
Fonte: http://www.difesaonline.it