L’attuale scenario internazionale è caratterizzato in maniera sempre più incisiva dall’uso di quelli che, in gergo giornalistico, vengono definiti droni. Gli Stati Uniti, in particolare, già dal 2001, hanno su di essi ritagliato parte della loro strategia di contrasto nella lotta ai gruppi terroristici di matrice fondamentalista: proprio al maggio di quest’anno, peraltro, risale l’ultima targeted killing eseguita, che ha coinvolto il leader talebano Akhttar Mansour, colpito a morte mentre si trovava in un veicolo in una remota area del Pakistan ai confini con l’Afghanistan.
Il drone militare Neuron, sviluppato da un consorzio di imprese che comprende la francese Dassault Aviation, l'italiana Leonardo, la svedese Saab e la svizzera RUAG.
Può risultare di interesse, allora, analizzare la normativa italiana in ambito militare, non prima però di aver proceduto ad una puntualizzazione terminologica: la parola “drone” trae le sue origini dal ronzio dei primi modelli simile al rumore prodotto dal maschio dell’ape, il fuco (in inglese drone, appunto). Il termine, dunque, indica una speciale categoria di oggetti volanti che, in maniera più tecnica, vengono definiti Aeromobili a Pilotaggio Remoto (APR), ossia dei dispositivi di varie dimensioni capaci di volare senza necessità di un pilota a bordo, che rimane a terra – o su un veicolo adiacente – munito di un radiocomando per dirigerne i movimenti.
Nonostante vi fossero stati già i primi prototipi di velivoli senza pilota e che di lì a poco la normativa internazionale si sarebbe interessata alla materia, le norme contenute nel Codice della navigazione italiano del 1942 non avevano previsto nulla al riguardo; fu solo nel 2004 che la Legge n. 178 recante “Disposizioni in materia di aeromobili a pilotaggio remoto delle Forze armate” introdusse per la prima volta la definizione di aeromobile a pilotaggio remoto (APR), dettando una disciplina volta a permettere la navigazione aerea e la gestione amministrativa di questo nuovo tipo di velivoli militari.
L’art. 2 della legge 178, in particolare, autorizzava le Forze Armate italiane ad impiegare gli APR per attività operative e addestrative dirette alla difesa ed alla sicurezza nazionale, in attesa di una normativa che disciplinasse l’aeronavigabilità e l’impiego di tali mezzi aerei nel sistema del traffico aereo generale (GAT).
Inoltre, la legge stabiliva che il loro utilizzo avvenisse nell’ambito di aree segregate soggette a restrizioni e con le limitazioni stabilite da un apposito documento tecnico-operativo adottato congiuntamente dall’Aeronautica Militare, l’ENAC e l’ENAV per le problematiche relative al traffico aereo.
Con la riforma del Codice della Navigazione, introdotta nel marzo 2006, la legge 151, gli APR vengono finalmente inseriti nell’art.743, ed equiparati agli aeromobili, e disciplinati dalle leggi speciali, dai regolamenti dell’ENAC e – solo quelli militari – dai decreti del Ministero della Difesa.
In particolare, l’art. 745 del codice riformato stabilisce che gli aeromobili militari (tra cui sono oggi compresi anche gli APR) sono ammessi alla navigazione, certificati e immatricolati nel registro degli aeromobili militari (RAM), detenuto dalla Direzione degli Armamenti Aeronautici e per l’Aeronavigabilità del Ministero della Difesa.
Sempre nel 2006, il Ministro della Difesa emana una classifica gli APR militari, distinguendoli in:
CLASSI E SIGLE DI IDENTIFICAZIONE
STRATEGICI - S: mezzo aereo con peso superiore a Kg 500;
TATTICI - T: mezzo aereo con peso da Kg 150 a Kg 500;
LEGGERI - L: mezzo aereo con peso da Kg 20 a Kg 150;
MINI - M: mezzo aereo con peso da Kg 2 a Kg 20;
MICRO - m: mezzo aereo con peso inferiore a Kg 2.
Successivamente, la legge 178 del 2004 viene abrogata con l’entrata in vigore del Codice dell’ordinamento militare, che disciplina l’utilizzo degli APR militari, richiamando, in buona parte, il dettato normativo previgente.
Nel nuovo impianto legislativo, di particolare importanza è il primo comma dell’art. 247 che autorizza le Forze Armate italiane ad impiegare gli APR per attività operative ed addestrative dirette alla difesa e alla sicurezza nazionale. Inoltre si prevede che il loro impiego avvenga nell’ambito di spazi aerei determinati e con le limitazioni stabilite in un documento tecnico operativo redatto dall’aeronautica militare (o dalle forza armata che lo utilizza) previa consultazione di ENAC ed ENAV.
Fonte di riferimento: http://www.difesa.it
Fonte dell'articolo: http://www.flyorbitnews.com