Delle navi madre autonome capaci di rilasciare una vasta gamma di droni per difendere le proprie coste. La Marina degli Stati Uniti, attraverso i ricercatori della Florida Atlantic University (Fau), sta sviluppando imbarcazioni robotiche autonome che fungano da piattaforme in grado di lanciare aerei e droni subacquei per proteggere le proprie acque costiere da eventuali intrusioni.
“Il nostro obiettivo sarà quello di sviluppare di un sistema multi-veicolo in grado di navigare in modo sicuro e affidabile nelle acque costiere, con un elevato livello di autonomia durante l’esecuzione dei compiti assegnati” ha dichiarato il direttore di SeaTech: l’Istituto per l’ingegneria oceanica presso il Dipartimento della Fau dell’ Ocean and Mechanical Engineering. I ricercatori della Fau si concentreranno dunque nello sviluppare per conto dell’US Navy nuove tecnologie e software avanzati per migliorare ogni genere rilevamento che la nave madre dovrà effettuare sulla sua rotta. Fondamentale sarà offrire alla piattaforma una mappatura completa dell’area per la prevenzione delle collisioni; oltre a sensori che le permettano di individuare immediatamente i target ostili da tracciare, e di riconoscere gli elementi ‘amici’. Questo consentirà alle “docking station” di lanciare immediatamente una gamma di Uav (Unmanned Aerial Vehicle) e Uvv ( Autonomous Underwater Vehicle) per analizzare la minaccia e trasmettere i dati necessari a rispondere adeguatamente.
Questa nuova strategia di difesa è approdata sulle scrivanie del Pentagono lo scorso anno (apparentemente) ma non è stata ancora confermata. Il portale specializzato Defense One ha però dimostrato come la Marina degli Stati Uniti stia “spingendo” già da diverso tempo per sviluppare e acquisire piattaforme autonome da integrare con le nuove tecnologie elaborate dai suoi partner, attivi delle nelle migliori università e in altre società civili, per raggiungere gli obiettivi prefissati.
L’Us Navy sta intanto sperimentando un vasto assortimento di nuovi droni aerei e subacquei, ad iniziare da un nuovo drone ad ala rotante tubo-lanciato da un sistema chiamato “Nomad”, già testato sul cacciatorepediniere classe Arleigh Burke Uss Pinckney; e un secondo tipo di drone aliante, capace di volare sul pelo dell’acqua e di immergersi fino ad una profondità di 200 metri. Questo nuovo drone in via di sviluppo, che verrà testato alla fine di quest’anno secondo le stime, potrebbe confermare le sue indubbie capacità nella guerra anti-sommergibile. Entrambe le unità potrebbero essere future dotazioni delle piattaforme autonome di sorveglianza.
La Marina degli Stati Uniti sembra dunque orientarsi su una nuova linea che preveda l’adozione di una gamma di mezzi innovativi e a basto costo, capaci di svolgere diverse missioni, e operare nella accezione dello “sciame”, invece di concentrarsi sullo sviluppo di enormi e costosissime unità da battaglia che ricoprano un unico ruolo. L’obiettivo finale sembra essere sempre il medesimo: ottenere dati immediatamente condivisibili senza correre alcuna vita umana per aver una visione chiara della minaccia e rispondere nella maniera più efficace possibile.
Fonte: http://www.occhidellaguerra.it