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Nella speranza di mantenere in volo per lunghi periodi di tempo velivoli spia senza pilota, pare che gli scienziati americani stiano considerando la possibilità di utilizzare il nucleare. Secondo il Guardian, i progetti per una simile flotta di droni sono stati elaborati dai laboratori della Sandia, principale ente per lo sviluppo del nucleare, ma non hanno ancora raggiunto la fase di costruzione o collaudo.

 

 

Un portavoce della Sandia ha spiegato al quotidiano che “in questa materia la ricerca è stata molto teorica e astratta. Il lavoro ha prodotto soltanto un’analisi di fattibilità preliminare, mentre nessun’arma è mai stata costruita o testata. Il progetto è terminato.”

E’ presumibile che l’energia nucleare fornisca potenza sufficiente per mantenere i droni in volo per mesi anziché per solo qualche giorno.

Anche se può sembrare un progresso tecnologico interessante, non tutti sono entusiasti dell’idea. Chris Coles di Drone Wars UK, la quale si batte contro lo sviluppo di droni statali e privati, ha detto al Guardian: “E’ una prospettiva piuttosto allarmante.”

Coles ha dichiarato che gli aeromobili a pilotaggio remoto (UAV) sono molto più pericolosi dei velivoli con a bordo esseri umani, e diventando nucleari potrebbero portare a conseguenze disastrose. Egli ha detto: “I droni sono molto meno sicuri degli altri aerei e tendono molto a schiantarsi. C’è una grande pressione del settore per incrementare l’utilizzo dei droni, e sia i cittadini che il governo faticano a mantenersi al passo con le ripercussioni.”

La perdita di più alto livello di un drone statunitense è stata quella del segretissimo RQ-170, disceso sull’Iran lo scorso anno.

L’Iran sostiene di avere abbattuto il drone, conosciuto come la “bestia di Kandahar”, mentre le forze statunitensi hanno affermato che “non ci sono affatto indizi” che sia stato fatto atterrare da una forza ostile.

Pare che quando è stato catturato, l’aereo fosse in missione segreta per la CIA.

Fonte: Daily Mail 02.04.2012

Traduzione di Gabriele Picelli per http://www.times.altervista.org

Fonte: http://times.altervista.org

 


 

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