Il North American XB-70 Valkyrie era un ambizioso prototipo statunitense per un bombardiere strategico supersonico: sarebbe stato in grado di raggiungere Mach 3,1, una velocità superiore a quella di tutti i bombardieri in servizio all'epoca. I costi e le difficoltà di costruzione, nonché la mancanza di idee chiare su come affrontare le difese missilistiche sovietiche, finirono per tagliare il programma dopo soli due prototipi, uno dei quali (il secondo) precipitò dopo una collisione con un F-104 mentre l'altro, il primo, è attualmente esposto in un museo dell'aviazione a Dayton (Ohio).
Genesi.
Tra le realizzazioni aeronautiche è facile che ci si imbatta in 'sostituti' di macchine di successo, che pur essendo superiori, non riescono a sostituire i velivoli per i quali essi sono stati intesi. Tra gli aerei «difficili» da sostituire vi era indubbiamente il Boeing B-52 Stratofortress. Esso, negli anni cinquanta, era ancora un progetto immaturo, che non aveva raggiunto nemmeno l'operatività ma in un'epoca in cui la vita operativa degli aerei da combattimento era al più di una decina di anni, per anticipare i termini della sua uscita dalla linea venne emessa, nel 1954, una specifica chiamata GOR-38 (14 ottobre 1954), che aveva la sua essenza nel titolo: Intercontinental Weapon System Piloted Bomber. Le richieste erano, coerentemente con le tecnologie disponibili, ridotte: velocità subsonica con spunti brevi in regime supersonico, e autonomia considerevole, 11.000 km. Due anni dopo il volo del B-52 in versione prototipica e due prima dell'entrata in servizio della primissima versione, tale specifica non marcava un sostanziale passo avanti nelle prestazioni. Ma vi sarebbero stati degli sviluppi notevoli di lì a poco. A questa specifica avevano lavorato due anni la NASA e l'USAF, oltre che alcune industrie aerospaziali, e si prevedeva che entro nove anni vi sarebbero state in servizio le prime 30 macchine. Non passò molto tempo che la specifica fu rielaborata, con la richiesta di una velocità supersonica sostenuta per penetrare per 1600 km (1000 miglia) in territorio nemico. Non passarono che pochi altri mesi e già nel luglio 1955 venne richiesto un ulteriore aumento delle prestazioni, e il progetto, chiamato ora WS-110A (WS per Weapon System, sistema d'arma), venne anche denominato CPB (Chemically Powered Bomber), cioè bombardiere a propulsione chimica. Questo per distinguerlo dal mai costruito Convair WS-125A NPB (Nuclear-Powered Bomber, bombardiere a propulsione nucleare), e anche per porre l'accento sull'alimentazione dei suoi motori, nella quale al carburante standard era stato aggiunto un particolare additivo chimico ad alta energia (un boroderivato). Alla fase finale del concorso parteciparono la Boeing e la N.A.A., e quest'ultima aveva elaborato il modello NA-239, con tanto di simulacro (ufficialmente il 12 settembre 1955). La rapidità degli sviluppi aveva portato un aereo che, come è facile immaginare, superava di molto le specifiche, anche perché già esisteva il bombardiere supersonico B-58 Hustler da Mach 2,2. La progettazione venne influenzata dalle specifiche dell'USAF, che era ancora una volta intenzionata a chiedere prestazioni superiori, stavolta con una velocità di Mach 3 in crociera. Una variante da ricognizione, WS-110L, venne presto lasciata decadere dopo essere stata inizialmente richiesta a sua volta. Il problema di ottenere tali velocità elevatissime comprendeva molti aspetti, come quello aerodinamico e di consumo di energia. Il peso della macchina, che ci si aspettava avrebbe raggiunto le 340 tonnellate, sembrava davvero troppo anche per le ambizioni dell'USAF. Nel luglio del 1957, tuttavia, apparve uno studio completo sulla 'regola delle aree' che rivoluzionò la tecnica degli aerei supersonici, che fino ad allora erano stati quantomeno deludenti. In seguito a questo studio, il dibattito su quale tipo di bombardiere supersonico dovesse essere realizzato divenne particolarmente acceso. Il 23 dicembre 1957 venne dichiarata vincitrice la NAA, mentre la General Electric ebbe un contratto per i motori YJ93-GE-3, che avevano alimentazione convenzionale rispetto a quanto originariamente pianificato. Lo sviluppo della versione del J93 che utilizzava il carburante "vitaminizzato" al boro (denominato zip fuel), la versione -GE-5, venne cancellato nel settembre 1959. A quel punto le cose, che già erano andate speditamente, accelerarono ulteriormente e nonostante un'ulteriore modifica delle specifiche il 31 dicembre (a seguito della quale la sigla del progetto fu mutata in NA-264), già il 2 gennaio 1958 il progetto venne finito. In realtà il progetto ebbe numerose altre versioni con sigle differenti, come nel caso dei prototipi designati NA-274 (21 settembre 1960) e NA-278 (10 aprile 1961). Se la confusione delle sigle indicava problemi, le opinioni in ambito dell'USAF erano talmente divise che vennero fatte e ritirate varie richieste innumerevoli volte, come quella della versione da ricognizione, nuovamente richiesta nel 1961 e definitivamente bocciata il 3 maggio 1964. Il primo duro colpo al costosissimo e difficile programma arrivò già il 3 dicembre 1959, quando vennero cancellati due dei tre prototipi e i vari esemplari di preserie richiesti. All'inizio degli anni sessanta venne richiesto invece anche il secondo prototipo, assieme a una cellula per prove statiche e 12 aerei operativi. Ma ancora nel 1961 il Presidente Kennedy affermò, in un discorso rimasto famoso, che lo sviluppo degli ICBM aveva reso il B-70 "inutile ed economicamente ingiustificato".
Progetto.
Il Valkyrie, concepito come bombardiere ma in pratica realizzato come aereo sperimentale, utilizzava la configurazione canard ed un'ala a delta, come altre macchine (quali l'odierno Eurofighter Typhoon) avrebbero fatto in seguito, ed era costruito per la maggior parte in acciaio inossidabile ad alto tenore di nichel, pannelli a nido d'ape e titanio. Le prese d'aria si trovavano sotto l'ala, i motori tra le due code verticali. I carrelli erano posti sotto la struttura delle prese d'aria. Il Valkyrie era progettato per sfruttare un fenomeno chiamato compression lift (portanza di compressione), ottenuto quando le onde d'urto generate da un aereo che voli a velocità supersoniche sostengono parte del peso dell'aereo stesso. Per il verificarsi di questo fenomeno, l'XB-70 ed altri progetti simili sono anche chiamati waveriders ("cavalcatori di onde") con riferimento alle onde d'urto che essi cavalcano. La portanza di compressione rimane, a tutt'oggi, una teoria controversa quando viene applicata all'XB-70. Inoltre, l'XB-70 è l'unico aereo della sua grandezza ad avere estremità alari mobili: non per ripiegarle negli hangar, bensì per aumentare la stabilità aerodinamica a velocità supersoniche. Il Valkyrie poteva abbassare le estremità alari di 25 (oltre i 500 km/h) o 65 gradi (oltre Mach 1,4). Le estremità alari mobili dell'XB-70 sono ancora oggi le più estese superfici aerodinamiche mobili mai installate su un aereo. Il sofisticato sistema di pilotaggio prevedeva anche due alette canard vicino all'abitacolo, a pianta trapezoidale, che erano piuttosto singolarmente di alto allungamento. Il muso, a differenza di quello del Concorde, non era abbassabile durante il decollo, per migliorare la visibilità dell'equipaggio. A questo scopo era invece presente un raffinato parabrezza (che si raccordava col muso) a geometria variabile tra due posizioni: una subsonica, caratterizzata da un'inclinazione ripida, atta a consentire una migliore visibilità in decollo, in atterraggio e in genere alle basse velocità (da tenere presente il fatto che l'equipaggio di due persone si trovava a qualcosa come 33 metri oltre il carrello d'atterraggio e a circa 10 metri dal suolo), e una supersonica, molto più liscia e aerodinamica, continua nel profilo del muso del Valkyrie, che veniva appunto adottata per il volo ad alta velocità. La fusoliera, a sezione pressoché circolare e caratterizzata da una raffinatissima aerodinamica, andava a rastremarsi dolcemente sopra l'ala, la quale, dotata di una struttura a delta semplice, con estremità acute, aveva una pianta a triangolo rettangolo quasi perfetta. I comandi di volo erano variamente suddivisi, con degli elevoni sulle ali interne, flaps sulle alette canard, piani di coda quasi totalmente mobili, perfettamente verticali e paralleli tra di loro. I motori da soli meritavano più di una nota, essendo gli YJ93 macchine termodinamiche particolari. Esse formavano un'autentica batteria di 6 reattori sistemati tutti allineati fianco a fianco, nella parte posteriore della fusoliera e tra le derive verticali. Essi erano turboreattori relativamente convenzionali (provvisti però di un "augmentor", un postbruciatore, modulabile), ma non essendo a ciclo variabile erano vulnerabili al surriscaldamento dovuto alle altissime velocità di cui il B-70 era capace. Ecco quindi perché erano alimentati con un carburante speciale, il JP-6 a bassa volatilità, che serviva anche a raffreddare le strutture della turbina. La versione con additivo al boro era stata accantonata nel 1959, ma nella versione convenzionale persistevano vari e complessi problemi di affidabilità e di messa a punto che era necessario risolvere per riuscire a far volare il Valkyrie tanto veloce (e continuativamente) come previsto. Infatti un motore di tipo convenzionale, come quello installato sul MiG-25, è in difficoltà sempre crescenti al suo avvicinarsi a Mach 3 soprattutto per motivi di surriscaldamento e per i problemi legati alle onde d'urto dell'aria che si abbatte a tre volte la velocità del suono sulle prese. La soluzione univoca trovata era un complesso sistema di geometria variabile applicato alle prese d'aria dei sei reattori: uno dei primissimi esempi di prese d'aria a geometria variabile controllata da un calcolatore, anche nelle condizioni più estreme di volo era perfettamente in grado di far sì che il flusso d'aria in ingresso rallentasse, da oltre Mach 3 a meno di Mach 1. La capacità di trasporto carburante era di 136.000 kg, 165.000 litri, con serbatoi sparsi in tutta la fusoliera e le ali e caratterizzati da un rivoluzionario, computerizzato sistema di centraggio e autotravaso al fine di ottimizzare sempre il centro di gravità in ogni momento del volo. Le prese d'aria erano sotto la fusoliera, con sezione rettangolare, tridimensionali. Esse si congiungevano con l'estremità posteriore della fusoliera nella zona motori, sotto le ali. Il carrello era di tipo particolare: due elementi principali con due coppie di ruote in tandem, di grande diametro, e un carrello mobile con una sola coppia, molto arretrato rispetto al muso per non avere una gamba troppo lunga. In termini strutturali e di progettazione di dettaglio, il B-70 aveva una struttura in acciaio inossidabile a nido d'ape, che riguardava il 69% della superficie della cellula, mentre acqua e 2 000 litri di combustibile venivano usati per disperdere il calore, come una sorta di circuito di raffreddamento, perché la temperatura era il principale problema da risolvere. Gli pneumatici avevano carcassa metallica (di una formula innovativa brevettata dalla BF Goodrich) , i sedili eiettabili erano racchiusi in speciali capsule di salvataggio, mentre nel radome di prua avrebbe dovuto essere presente un radar, mai installato. L'abbassamento delle estremità alari aumentava altresì l'effetto di portanza di compressione, poiché l'onda d'urto causata dal cuneo posto al centro dell'ala (e ospitante i motori) veniva ulteriormente intrappolata sotto le ali invece che lasciata sfuggire oltre il bordo d'uscita dell'ala stessa. Si crede comunemente che grazie a questo effetto l'XB-70 abbia il più alto rapporto portanza-resistenza mai ottenuto per un aereo con equipaggio. Questa informazione è citata anche in testi specializzati. Sebbene ci sia effettivamente un miglioramento delle prestazioni, il rapporto non è comunque migliore di quello della maggior parte degli alianti. L'affermazione più corretta sarebbe che l'XB-70 ha il più alto rapporto portanza-resistenza di qualsiasi altro aereo supersonico con equipaggio. Il ruolo che l'XB-70 doveva ricoprire era quello di bombardiere supersonico ad alta quota, scortato dall'XF-108 Rapier, un caccia trisonico sviluppato dalla North American Aviation in parallelo con l'XB-70. Il Rapier era anche inteso come intercettore per la difesa da un bombardiere sovietico dotato di capacita simili a quelle dell'XB-70. Per contenere i costi, i motori e molti impianti di bordo erano progettati in comune tra i due aerei. In pratica esso era un modello in scala del B-70, ridotto del 50%, ed equipaggiato di soli due motori (i quali però era previsto fossero due YJ93-GE-5 alimentati con combustibile zip fuel al boro). Questo ruolo era l'estrema evoluzione della filosofia d'impiego classica, ma a Mach 3 davvero pochi caccia, per non dire nessuno, avrebbero potuto insidiare il B-70, meno che mai richiedere la presenza dell'F-108. Un problema più immediato era quello del calore: la stiva portabombe superava ampiamente i 300 gradi centigradi, cosa che rendeva il volo supersonico automaticamente 'disarmato' in quanto non si trovò all'epoca alcun ordigno capace di resistere a tale temperatura né un valido sistema di raffreddamento per la stiva. Ma la storia avrebbe reso superata la ricerca di tali armamenti, visti i problemi di altro genere incontrati. A seguito dell'abbattimento dell'U-2 pilotato da Gary Powers, le certezze residue circa l'utilità dell'XB-70 come bombardiere vennero messe in dubbio, e il progetto XB-70 venne tramutato in un programma di ricerca aerodinamica avanzata, propulsione e altri aspetti legati ai grandi aerei supersonici, in particolare al programma statunitense SST. I progetti iniziali prevedevano la costruzione di tre aerei, ognuno dei quali incorporava le modifiche derivate dall'esperienza acquisita dai collaudi dell'aereo precedente, ma il programma venne interrotto, quando erano stati realizzati solo i due primi prototipi, nel luglio 1964.
Storia operativa.
Nonostante il diniego del presidente, il B-70 era ancora sulla breccia. Kennedy e i democratici erano assai contrari alla macchina anche per il costo elevatissimo, ma il trasporto passeggeri a velocità supersoniche era una prospettiva concreta e il nuovissimo bombardiere era quantomeno un banco di prova di assoluto interesse. L'USAF riuscì a tenere vivo il programma, che andò avanti anche quando il presidente Kennedy era già stato ucciso. Ma era un programma oramai decaduto di importanza, e praticamente morto anch'esso. Il primo XB-70 (Bu.No.62-0001) uscì di fabbrica presso la celebre Air Force Plant 42 dell'aeroporto di Palmdale, sobborgo di Los Angeles, l'11 maggio 1964 e da lì effettuò il primo volo il 21 settembre successivo. Il primo aereo soffrì problemi di vario genere, come la debolezza nella costruzione dei pannelli a nido d'ape, principalmente dovuti all'inesperienza nella costruzione di questo materiale relativamente nuovo. La costruzione dei pannelli a nido d'ape risultò molto più difficile di quanto anticipato dai progettisti. Un problema più immediato si materializzò nel blocco dei freni del semicarrello principale sinistro, che all'atterraggio determinò la distruzione delle relative ruote, ma il collaudatore Al White e il colonnello J.Cotton riuscirono a evitare che avvenissero problemi peggiori. Inoltre il primo aeromobile venne afflitto da perdite nel circuito idraulico, nel circuito di alimentazione e da problemi al carrello d'atterraggio, che era complicato in modo inusuale. Nondimeno, al terzo volo venne superato Mach 1 e il 24 ottobre si raggiunsero mach 1,42 per 40 minuti. Il secondo esemplare, Bu.No.62-0207, effettuò il roll-out il 29 maggio 1965 e venne fatto decollare per la prima volta il 17 luglio 1965. Durante un volo del primo Valkyrie, il 7 maggio 1965, il divisorio fra la sezione di destra e quella di sinistra della presa d'aria dei motori si ruppe e venne aspirato dai motori, danneggiandoli irreparabilmente tutti. Il 4 ottobre 1965, nel primo volo a una velocità superiore a Mach 3, i pannelli a nido d'ape cedettero di nuovo sotto sforzo: 60 cm del bordo d'attacco della semiala sinistra vennero letteralmente strappati via. I problemi strutturali fecero sì che il primo esemplare venne limitato ad una velocità massima di Mach 2,5. Questi difetti nella struttura a nido d'ape furono completamente risolti durante la costruzione del secondo velivolo, che volò per la prima volta il 17 luglio 1965. Il 19 maggio 1966 l'aereo numero due volò per 3840 km in 91 minuti, volando a 3.270 km/h (Mach 3,08) a 22.860 metri per 33 minuti. Fu il volo più veloce mai registrato dell'intero programma. L'8 giugno 1966, però, l'aereo andò distrutto a seguito di una collisione con un F-104 Starfighter; la collisione avvenne mentre i due aeromobili, assieme ad altre macchine supersoniche che avevano in comune il fatto di essere propulse da motori General Electric, volavano in formazione stretta per una sessione fotografica voluta dalla General Electric stessa per pubblicizzare i suoi motori. Ad un certo punto lo Starfighter si avvicinò molto alla coda, e la urtò, asportandone i timoni orizzontali. Passarono alcuni interminabili secondi, nei quali, mentre il caccia precipitava in una palla di fuoco, tutti rimasero col fiato sospeso, nel chiedersi se il gigantesco aereo avrebbe potuto sopravvivere al danno. Dopo avere volato un po' in assetto corretto, il Valkyrie piegò inesorabilmente il muso, ruotando le ali, fino ad assumere un assetto rovesciato e precipitando di piatto, esplodendo in una colossale colonna di fuoco sul deserto. Il pilota collaudatore capo della NASA Joseph A. Walker, che pilotava l'F-104, e Carl Cross, copilota a bordo dell'XB-70, rimasero uccisi nell'incidente, mentre Al White, il pilota dell'XB-70, riuscì a usare la capsula di eiezione di cui l'XB-70 era dotato (simile a quella usata nel Convair B-58 Hustler). La causa esatta della collisione è ancora materia di dibattito. Ci sono molti fattori concomitanti che hanno provocato l'incidente, alcuni riconducibili a errori dei piloti e a cause aerodinamiche (il "risucchio" di scia che il grande esareattore avrebbe esercitato sul piccolo Starfighter, "attirandolo" inesorabilmente su di sé). Sebbene sia stato asserito che i vortici abbiano causato la collisione, il tenente colonnello Joe Cotton, il pilota collaudatore capo dell'USAF per il B-70, che volava quel giorno in formazione a bordo di un T-38, ha ipotizzato che Walker, non familiare con il volo in formazione con un grande aereo con ala a delta, abbia perso il riferimento di posizione rispetto al B-70, avvicinandosi troppo finché la coda dell'F-104 ha urtato l'estremità alare del Valkyrie.
Il primo esemplare continuò i voli di ricerca nei limiti delle sue prestazioni ridotte finché, a partire dal 25 aprile 1967, venne preso in carico dalla NASA per continuare i voli-test sul regime supersonico. Raccolse una messe inestimabile di dati portando a termine 33 voli (23 per la NASA). Il 4 febbraio 1969 il Valkyrie numero uno venne ritirato dal servizio e trasportato al Museo Nazionale dell'Aeronautica degli Stati Uniti alla base Wright-Patterson vicino Dayton (Ohio). Esso è ancora presente nella sua livrea bianca 'anti-nucleare' (per riflettere il lampo di esplosioni vicine), e con la sua mole ben spiega perché venne soprannominato The Thing (la cosa) o The Great White Bird (il grande uccello bianco). I sovietici realizzarono il Sukhoi T-4, un prototipo di bombardiere a medio raggio progettato sulla base delle scoperte fatte durante lo sviluppo dell'XB-70. Di fatto sembrava una copia rimpicciolita (e semplificata) del Valkyrie, e venne sperimentato fino agli anni ottanta. Aveva tra l'altro un sistema di pilotaggio fly-by-wire, e una batteria di motori sistemata come nell'XB-70, ma costituita da soli quattro propulsori. Le prove di volo andarono avanti, ma la comparsa all'orizzonte del Tu-160 "Blackjack" segnò definitivamente il suo destino nei programmi sovietici per un nuovo bombardiere strategico a favore del velivolo Tupolev, più lento ma di maggiori capacità complessive (in pratica della medesima classe del B-1 Lancer). Poco noto è che gli inglesi emisero a loro volta, sempre nel 1954, un requisito per un bombardiere quasi altrettanto avanzato, e nacquero diversi progetti fra i quali l'Avro Type 730 era giunto quasi al completamento quando nel 1957 il Libro bianco della difesa lo cancellò di colpo, con una decisione politica che frustrò definitivamente le grandi capacità tecniche dell'industria inglese, ancora negli anni cinquanta competitiva, ma poi, come successe anche in Canada, devastata dal concetto di difesa e offesa affidato ai soli missili (cosa risultata largamente errata, come si vide poi), che sembrava economicamente vantaggioso.
Fonte: https://it.wikipedia.org