Continuano ad emergere nuovi particolari sul caso Hacking Team, di cui avevamo parlato nel primo post del nostro blog “Looking for Joshua”: secondo le rivelazioni diffuse dal giornale online "The Intercept", che ha scandagliato i file dell’azienda milanese finiti in rete, HT e il colosso dell’aerospazio Boeing stavano lavorando al progetto di sviluppo di un drone in grado di installare da remoto, intrufolandosi nelle reti Wi-Fi, il sistema Galileo, la versione più recente del tool RCS (Remote Control System) di Hacking Team, nei computer obiettivo
In particolare, a stringere accordi con HT, è stata una controllata della Boeing, Insitu, che produce lo ScanEagle, un piccolo drone con lancio a catapulta utilizzato dall’esercito americano e dalle forze armate di numerose nazioni, tra cui l’Italia. Le due aziende, secondo quanto emerge dalle mail, si sono incontrare e parlate per la prima volta nel corso dell’INDEX 2015, la fiera del settore della difesa che si svolge a febbraio ogni due anni a Abu Dhabi. Due mesi dopo, ad Aprile, un ingegnere Insitu ha mandato una mail ad HT con scritto: «Vediamo la possibilità di integrare il vostro sistema di hacking Wi-Fi in un sistema aereo e saremmo interessati ad avviare una conversazione con uno dei vostri ingegneri per approfondire le capacità di carico utile, il formato, il peso e le specifiche di alimentazione del vostro sistema Galileo». Da lì è poi cominciata la collaborazione tra le due aziende, con HT che ha suggerito – come emerge da una mail interna – di utilizzare sul drone un Tactical Network Injector, TNI, un dispositivo in grado di agganciarsi ai computer connessi ad una rete Wi-Fi e installare il software desiderato negli obiettivi.
Pochi mesi dopo però un attacco informatico ha compromesso Hacking Team e le informazioni in suo possesso: è quindi probabile che tutti i progetti che coinvolgono l’azienda milanese siano stati sospesi a tempo indeterminato. O almeno fino a che le acque intorno alla vicenda non comincino a placarsi.
Fonte: http://www.flyorbitnews.it