Per l'antropologo Philippe Descola, medaglia d'oro del CNRS nel 2012, la pandemia di Covid-19 può essere un'occasione per mettere in discussione i legami che l'uomo occidentale mantiene con la natura e quindi immaginare nuove forme di società alternative rispetto a quella in cui viviamo allo stato attuale. Come comprendere l'attuale crisi alla luce del lavoro di Philippe Descola?
"Le mie osservazioni relative alle società amerindie dell'Amazzonia mi hanno portato a constatare che queste popolazioni non hanno fatto alcuna distinzione tra natura e società. Tra quella gente, i non umani sono visti come semplici persone. Ho quindi dedicato parte del mio lavoro all'antropologia comparata e all'esplorazione delle forme di relazione che i collettivi umani hanno con i non umani, il che mi ha portato a mettere in discussione la presunta universalità delle nostre stesse concezioni. Tuttavia, il dominio non umano inteso come qualcosa di esterno alla concezione umana, ciò che noi occidentali chiamiamo Natura, è in realtà una concezione recente, nata in Europa quattro secoli fa. L'idea che gli umani si siano separati dal mondo reale la possiamo interpretrare con quello che allo stato attuale chiamo naturalismo. Questa concezione naturalistica, ha qualcosa di singolare, dal momento che gli umani sono essi stessi parte della natura che controllano più o meno in modo soddisfacente. Si tratta di una natura che è allo stesso tempo è esteriore e su cui cerchiamo di stabilire una presa, tra noi umani e quella interiore. Possiamo vedere chiaramente che considerare la natura in questi termini ci porta a una serie di contraddizioni. In realtà, noi stessi siamo ecosistemi molto complessi, dotati di una microbiota estremamente ricca in cui non è facile districare la quota dell'umano da quella non umana".
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