Nel mito cinese, i primi autarchi che riunirono sotto il loro scettro l'ecumene del "Popolo dai capelli neri" erano legati alla figura del lóng. Yandi, monarca semi-leggendario della Cina proto-storica, sarebbe stato un ibrido uomo-dragone. Huang Di, il cui stemma era appunto un dragone, secondo la leggenda ascese al cielo nella forma di un dragone. Proprio per questa vicinanza degli ancestrali sovrani con i draghi, i Cinesi indicano sé stessi come "Discendenti del Drago". Parimenti, queste leggende spiegano il perché, sin dall'inizio, il lóng sia divenuto simbolo del potere imperiale in Cina salvo poi divenire, già al tempo della Dinastia Qing, simbolo della Cina stessa e del suo popolo.
Tappeto Ning-Xia dell'inizio del XX° secolo. Era lo schienale di un trono.
La forma canonica del drago imperiale ritrae la creatura di colore giallo/oro con zampe munite di cinque artigli. Come simbolo, il lóng figurava sulle vesti del Figlio del Cielo, sui suoi stendardi e sugli edifici vicini alla sua persona: es. frequentissimo è l'uso del drago quale stilema decorativo nella Città Proibita di Beijing. Il trono imperiale cinese era chiamato, non a caso, "Trono del Drago". Simbolo intimo dell'Imperatore, il lóng ne marchiava spesso anche le carni. Frequente è la menzione di segni draghiformi sul corpo dei rampolli della dinastia imperiale tanto quanto su quelli di usurpatori di successo. Contestualmente al binomio Imperatore-Lóng l'Imperatrice ebbe quale suo simbolo distintivo la fenghuang.
Tappeto frammentario Ning-Xia, inizio del XIX° secolo. Era lo schienale di un trono imperiale.
I cinesi pregavano il drago nei momenti di siccità e lo consideravano il padre della loro civiltà. Il drago era inoltre simbolo dell'Imperatore Cinese e si riteneva che, al momento della morte, l'Imperatore stesso rivelasse la sua vera natura di drago liberando il proprio spirito di drago ora svincolato dalle catene terrene e libero di ascendere al cielo e/o vigilare sulla città. I dragoni cinesi si riproducono fecondando una perla (nelle loro raffigurazioni, la tengono spesso nelle fauci), che in seguito si schiudeva dando alla luce un nuovo drago.
Il drago in mezzo elle nubi. Tessuto in seta e fili metallici, dinastia Qing.
Seppur sia diventato, al pari di altre creature mitologiche, un elemento grafico-decorativo della cultura mediatica moderna, il lóng conserva ancora un suo ruolo ben definito all'interno del folklore cinese. È ancora oggi molto persistente il mito dei Re Dragoni, celebrati durante il Capodanno cinese ed ancora oggetto di una velata venerazione in talune aree rurali della Cina. Come anticipato, il lóng aveva un fortissimo legame con l'elemento acquatico, sia nelle sue manifestazioni tangibili (laghi, fiumi, cascate) sia nelle manifestazioni atmosferiche (tornado, trombe d'aria originatesi sopra specchi d'acqua, ecc.). In questa sua incarnazione dello spirito elementale, il dragone è però raffigurato quale creatura antropomorfa più che bestiale. Il lóng diventa dunque un umanoide con paludamenti regali, conservante solo la testa della creatura mitologica, testa ornata da una corona. Da ciò trae origine il mito dei "Re Dragoni" che presiedono i quattro mari della Cina: il Mare dell'Est (Mar Cinese Orientale), il Mare dell'Ovest (Mar Giallo), il Mare del Sud (Mar Cinese Meridionale) ed il Mare del Nord (Lago Baikal). Divinità potenti e largamente adorate, questi sovrani dalla testa di drago estendevano la loro influenza a tutti i fenomeni acquatico-atmosferici del loro regno di competenza. Sovente, in epoca pre-moderna, i villaggi cinesi prospicienti al mare o a grossi corsi/specchi d'acqua avevano templi dedicati al culto del locale Re-Dragone. Presso questi luoghi di culto si officiavano, in tempi di crisi idrico-correlata (siccità o inondazione), rituali di massa quali preghiere, sacrifici propiziatori, ecc., per cattivarsi il favore della divinità. Il sovrano di Wuyue, durante il Periodo delle Cinque Dinastie e dei Dieci Regni (907-979), era noto con l'appellativo di "Re Dragone" per l'attenzione profusa nella promozione di opere idrico-ingegneristiche volte a controllare i danni prodotti dal capriccio delle maree.
Frammento di candelabro in terracotta smaltata, Birmania.
Creatura sostanzialmente benevola, il dragone aveva 117 scaglie, delle quali 81 yang (positive) e 36 yin (negative). La perla stessa, attributo tipico del dragone, era simbolo di prosperità, ricchezza e buona sorte. La creatura acquisiva valenza negativa là dove la sua furia andava a simboleggiare l'aspetto distruttivo e non più unicamente benefico dell'elemento acqua: alluvioni, maremoti e tempeste. Questa accezione distruttivo-malvagia, in disaccordo rispetto all'originale natura positiva, della creatura "drago" si dovette all'intromissione del buddhismo nella cultura della Cina. Oltre alla capacità di volare, la natura sovrannaturale del dragone si manifesta in una variegata serie di altri poteri mistici. Il lóng è creatura muta-forma: può trasformarsi in un baco da seta tanto quanto ingigantirsi sino a divenire grande quanto l'universo stesso. La sua affinità con l'elemento acquatico gli permette di immergersi tra i flutti tanto quanto di acquattarsi tra le nuvole. Meglio ancora, il dragone sarebbe capace di trasformarsi in acqua, originare fenomeni meteorologici come la pioggia, mimetizzarsi con l'ambiente circostante sino a divenire invisibile. Nel folklore cinese, si ritiene che l'effige del dragone debba sempre essere rivolta verso l'alto. Sarebbe infatti di cattivo auspicio rivolgere la creatura verso il basso, verso la terra, quasi si volesse precluderle la possibilità di spiccare il volo per librarsi verso i cieli. È poi credenza diffusa che il ricorso al lóng quale proprio stemma sia da intendersi come arma a doppio taglio: simbolo di potenza, la creatura può essere usata come simbolo solo da chi è sufficientemente potente da domarne il sovrannaturale potere (non a caso, il dragone è simbolo dell'Imperatore cinese). Un debole verrebbe infatti consumato dalla forza stessa del drago di cui vuole servirsi come stemma. Simili considerazioni valgono, al giorno d'oggi, per i cinesi, soprattutto membri di organizzazioni criminali (v. Triade), che decidono di marcare il proprio corpo con il dragone tramite tatuaggio.
Dettaglio della "Pergamena dei Nove Draghi", opera di Chen Rong, a. 1244 (Dinastia Song)
Fonte delle diverse informazioni qui sopra:
http://it.wikipedia.org
Ciotola in porcellana, dinastia Qing.
Vaso in terracotta e dettaglio, Dinastia Han (ça. 2000 anni fa), con figure stilizzate di drago.
in Cina e in altri paesi asiatici, il drago ha origini antichissime, e secondo la leggenda i draghi erano presenti al momento della creazione e l’uomo naque da una potenza divina (Nu Kua) che era in parte donna e in parte drago. Questo drago assieme al suo consorte insegnò all’uomo a pescare, a tessere, gli diede anche i segreti del fuoco e della musica. I nostri progenitori avevano ancora un’aspetto a metà tra drago e uomo. L’Imperatore cinese era considerato diretto discendente dei draghi, e nelle sue vene scorreva sangue di drago. La bontà e la saggezza del drago veniva passata al migliore degli uomini, l’Imperatore, appunto. I draghi erano al servizio dell’Imperatore, e quest’ultimo aveva il compito di invocarli in caso di siccità. Ogni cosa che riguardava l’Imperatore riguardava pure il drago, che veniva ampiamente rafigurato su oggetti, vestiti, mobili e via dicendo, per onorare il vero drago, cioè l’Imperatore.
Dettaglio di mobile della Mongolia dove troviamo un drago stilizzato, quasi fosse una nuvola.
L’origine divina dell’Imperatore era accentuata dal fatto che spesso egli comunicava coi draghi, che gli suggerivano il modo di governare, suggerimenti che pochi osavano contraddire, e che conferiva al sovrano un potere assoluto ed indiscusso.
Kimono in seta e fili metallici, dinastia Qing.
Oltre ad essere una figura mitica, il drago, è anche stato studiato, nell’antichità, da scienziati cinesi, che ci svelano alcuni aspetti interessanti della vita di queste creature. I draghi si accoppiano sotto la forma di serpenti che depongono le uova nelle vicinanze di un fiume. Le uova vengono covate per mille anni, dopo di che ne escono dei piccoli serpenti. Dopo 500 anni crescono le corna e tra i 1000 e i 3000 anni avviene il resto della trasformazione fino ad avere un drago in piena maturità.
Fonte: http://www.serpenti-del-ticino.com
Tappeto da monastero proveniente dal Tibet, inizio del XX° secolo.
I cinesi sono chiamati “discedenti del drago”, il che ha origine dai totem e dalle leggende dell’antichità.
Secondo una leggenda, prima dell’unificazione della parte centrale della Cina da parte dell’imperatore Giallo, il totem utilizzato era l’orso. Sconfitto Chiyou e unificata la parte centrale della Cina, per pacificare le tribù sottomesse, l’imperatore Giallo rinunciò al totem dell’orso ed utilizzò un nuovo totem, ossia il drago, composto dalla testa del vecchio totem, l’orso, e dal corpo di un altro totem, il serpente. In realtà il totem del drago è un’integrazione delle figure dei totem delle tribù paterna e materna dell’imperatore Giallo. La formazione della figura speciale del drago riflette la storia dello sviluppo della nazione cinese e il processo di integrazione delle varie etnie. Da allora in poi la figura del drago, che simboleggia la nazione cinese, apparve in diverse forme, originando gradualmente il carattere scritto. Si può trovare il carattere drago negli antichi scritti su corazze di tartaruga e su ossa rinvenuti nei siti Yin-Shang, mentre motivi di drago emergono dagli antichi frammenti di terracotta. Poco tempo fa nel sito di Chahai, a Fuxin, nella provincia del Liaoning, gli archeologi hanno trovato due frammenti di terracotta con motivi di drago, uno con un drago volante e l’ altro con un drago a riposo, dalla figura vivace, mentre emergono le venature delle scaglie. Il drago è diventato il totem degli antenati cinesi e la nazione cinese si è così collegata al drago. Di conseguenza nacquero le leggende della “nascita per commozione del cielo”, secondo cui l’imperatore Yan sarebbe nato da una donna chiamata Deng che aveva commosso il divino drago celeste, l’imperatore Giallo sarebbe nato da Fubao, che commosse Beidou (l’Orsa maggiore), mentre l’imperatore Yao sarebbe nato da Qing, che commosse Chilong, ossia il “drago rosso”. Gli antenati della nazione cinese sono i figli del drago del cielo, per cui i figli della nazione cinese sono tutti discedenti del drago.
Fonte: http://italian.cri.cn
Coloro i quali propongono la teoria degli antichi astronauti spesso sostengono che gli esseri umani sono o i discendenti o le creazioni di esseri che atterrarono sulla Terra migliaia di anni fa. La teoria più diffusa è che la conoscenza umana, la religione e la cultura ci fossero state tramandate da visitatori extraterrestri in tempi remoti. Gli antichi astronauti sono stati ampiamente utilizzati come espediente narrativo nella fantascienza, ma l’idea che fossero realmente esistiti, non viene presa sul serio dalla maggior parte degli accademici.
Gli argomenti che sostengono le teorie degli antichi astronauti sono da ricercare nelle lacune storiche e archeologiche. Le prove includono reperti archeologici che vanno ben al di la delle capacità tecniche e tecnologiche dell’epoca. Queste includono anche opere d’arte e leggende che vengono interpretate come un primo contatto con razze aliene. Nonostante queste affermazioni, diciamo che vi è un assioma nelle teorie degli antichi astronauti. Dobbiamo chiederchi, chi erano questi esseri? Che cosa rappresentano per gli abitanti della terra? In quali casi erano gli “dei” nelle antiche culture? Huang-Di (2697-2598 aC) è considerato il primo imperatore della Cina e l’antenato di tutti i cinesi. Huang Di, o l’Imperatore Giallo, viene indicato come il “creatore della cultura cinese” e tutte le persone di razza cinese si considerano discendenti di Di Yan e Huang Di. Secondo molte fonti è stato uno dei leggendari ‘Tre Sovrani e Cinque Imperatori’. Gli studiosi cinesi hanno cercato di capire se Huang-Di fosse un personaggio “reale” o “mitico”. A seconda della fonte che si sceglie è stato descritto come un dio-re, un re mitologico, un vero re, un dio fatto re, un “figlio del cielo” o un semi-dio. La storia cinese suggerisce che fosse esistito, ma che non fosse stato umano.
Nell’immagine un aquilone a forma di drago vola sopra la cerimonia commemorativa di ‘Huang Di’, o l’Imperatore Giallo, il leggendario antenato della nazione cinese presso il Mausoleo Di Huang, il 5 aprile 2005 a Xian, nella provincia dello Shaanxi (Cina).
Molte culture antiche hanno re e governanti che sono discesi dal cielo, si sono fatti chiamare “Dei” e hanno prodotto una prole con gli esseri umani chiamata semi dei. I resoconti cinesi non sono diversi in questo senso. Secondo la leggenda, prima della nascita di Huang-Di vi fù “una luce proveniente dalla grande stella Chi e dalla costellazione del Carro (Orsa Maggiore)”. Il concetto dell’evento porta con se un tratto particolare: “un rombo di tuono in una giornata dai cieli limpidi”. Huang-Di inizia poi la sua unificazione della Cina ed ha anche il merito di essere stato un eroe della cultura, avendo portato la medicina tradizionale cinese (compresa l’agopuntura) nel paese. Sua moglie ha insegnato ai cinesi come fare seta. Si dice vivesse nei monti Kunlun, nel cuore del Tibet. Dopo aver vissuto e governato per oltre 100 anni si dice avesse preparato il suo “ritorno al cielo”. Poi un Drago “discese dal cielo e portò via Huang-Di“. Alcune fonti dicono che non è morto ma avrebbe poi vissuto altri 200 anni nelle stelle Yuan Syuan (la costellazione del Leone). Huang-Di è anche l’autore di un libro “Bai Ze Tu” che descrive 11.520 tipi di “mutaforma, mostri, spiriti, esseri” nell’Universo. Questo libro è considerato perso. Alcune fonti riportano anche che Huang-Di abbia istruito Lao Tzu… Il creatore del taoismo. Le antiche testimonianze di Huang-Di si riferiscono a lui come ad un inventore di strani apparecchi meccanici. Una macchina chiamata “il carro che punta a sud”, lo ha aiutato a vincere varie battaglie. Un altro strano dispositivo, che si suppone abbia inventato Huang-Di viene descritto come “un tripode”. Questo “tripode” era alto 4 metri, con una grande quantità di energia nel suo centro e si dice producesse uno strano rumore. Secondo la leggenda questo “tripode” raffigurava “draghi che volano tra le nuvole”. Inoltre, il “tripode” fu eretto presso il “Summit Lake Mountain” e “doveva essere puntato verso la stella Syuan Yuan” (la stella più brillante in questa costellazione è Regulus). Questa è anche la stella di provenienza di Huang-Di. A quanto pare questo “tripode” era anche in grado di memorizzare i dati ed ha registrato la vita e i tempi di Huang-Di. Il “drago” di Huang-Di non è descritto come una creatura mitologica, ma come un dispositivo per ascendere ai “soli”… Un mezzo di trasporto più di tremila anni fa.
Le opere scritte da Huang-Di dicono che il drago di nome ‘Changhuan’ copre una distanza estrema in un solo giorno, e che ogni uomo che lo cavalca può raggiungere l’età di duemila anni… Un concetto coerente con le altre leggende in tutto il mondo, e con i documenti sulla dilatazione gravitazionale del tempo per quanto riguarda questi “veicoli degli Dei”. Quando Huang Di raggiunse poco più di cento anni, organizzò gli affari con i suoi ministri e si preparò per il suo viaggio di ritorno verso il Cielo. Il termine del suo lungo regno fù glorificato dalla comparsa di una fenice e di un animale misterioso, il Qilin, come simboli della sua amministrazione. La vita di Huang-Di viene festeggiata annualmente dal popolo cinese.
Fonte: https://neovitruvian.wordpress.com
Qin Shi Huang (秦始皇S, Qín Shǐ HuángP, Ch'in Shih-huangW, letteralmente "Primo Imperatore della dinastia Qin"), nato con il nome di Ying Zhèng (嬴政S) (Handan, 260 a.C. – Shaqiu, 210 a.C.) è considerato il Primo Imperatore della Cina, poiché fu il primo sovrano storico a fregiarsi di tale titolo, dopo aver riunificato nel 221 a.C. tutti i regni allora divisi sotto il suo dominio. La stessa parola "Cina" viene fatta generalmente risalire a "Qin" o "Ch'in". Qin Shi Huang è particolarmente famoso per essere stato il committente dell'imponente esercito di terracotta e l'iniziatore della muraglia cinese.
L'imperatore Qin Shi Huang
Biografia.
Probabilmente figlio di Yíng Zǐchǔ (嬴子楚S), nacque nel mese cinese zhēng (正S), il primo mese dell'anno nel calendario allora in uso, e fu perciò chiamato Zhèng (政S). L'epoca in cui nacque corrisponde all'ultima fase del periodo degli stati combattenti; dei molti staterelli in cui il Paese era diviso, ne sopravvivevano ormai solo una manciata, e di questi il regno di Qin era uno dei più potenti; per siglare le alleanze, tuttavia, era d'uso lasciare un membro della famiglia reale in ostaggio presso lo Stato alleato, e Zǐchǔ era ostaggio dello Stato di Zhao al momento della nascita di Zhèng, che perciò nacque nella capitale straniera, Handan. Non molto tempo dopo Zǐchǔ riuscì a fuggire da Zhao con l'aiuto del ricco mercante Lü Buwei, in tempo per diventare il re Zhuangxiang di Qin (sebbene Zhuangxiang sia un nome postumo); Lü Buwei divenne il suo cancelliere. Secondo una tradizione molto nota Zhèng sarebbe stato figlio di Lü Buwei perché sua madre era già incinta quando sposò Zǐchǔ, ma la leggenda non ha fondamento storico, ed è probabilmente da attribuirsi a oppositori confuciani dell'imperatore.
Tomba dell'Imperatore Qin Shi Huang (III secolo a.C.). Il primo imperatore della Cina unificata vi fece costruire un intero esercito di soldati di terracotta in assetto di guerra: seimila guerrieri a piedi e a cavallo a grandezza naturale, scolpiti ognuno con la propria fisionomia individuale.
Ascesa al trono e governo.
Zhèng ascese al trono nel 247 a.C., ma aveva solo dodici anni e mezzo, perciò fu affiancato da un reggente, dalla cui custodia riuscì a liberarsi solo nel 238 a.C. con un colpo di Stato. Una volta assunto il controllo dello Stato di Qin mosse le sue armate contro lo Stato di Han, sul quale ebbe la meglio nel 230 a.C.; seguirono Wei (225 a.C.), Chu (223 a.C.), Zhao e Yan (222 a.C.), e infine Qi (221 a.C.). Nel 221 a.C., governando ormai l'intero territorio cinese, e desiderando di distinguere la sua posizione da quella di semplice re di Qin, forgiò per sé il titolo di huangdi (皇帝S, letteralmente "augusto sovrano"), unendo i caratteri che indicavano i Tre Augusti e Cinque Imperatori, sovrani mitologici del Paese unito. Si pose sullo stesso piano dei progenitori, evidenziando il fatto che non aveva bisogno della tradizione per legittimare il proprio dominio. Poiché il titolo di huangdi è generalmente tradotto come "imperatore", egli è conosciuto come il Primo Imperatore (in cinese Shi Huangdi); il suo successore avrebbe assunto il nome Er Shi Huangdi (imperatore della seconda generazione) e così via. Dopo aver riunificato la Cina l'imperatore si dedicò a rafforzare il suo dominio e la sua amministrazione, affiancato dal suo ministro Li Si; non trascurò però l'aspetto militare, e condusse varie campagne contro le popolazioni nomadi che abitavano i confini del suo impero. L'odierno Guangdong, a Sud, fu annesso alla Cina per la prima volta, e gli Xiongnu a Nord-Ovest furono sconfitti; quest'ultima vittoria non fu però definitiva, e questa fu una delle cause che lo spinsero a collegare le varie mura erette durante il periodo degli stati combattenti in quello che divenne il primo nucleo della grande muraglia cinese, sebbene oggi resti ben poco delle mura dell'epoca.
"Shǐ Huángdì" (Primo Imperatore) scritto in caratteri del piccolo sigillo.
Immortalità e morte.
Secondo una nota tradizione, nella sua vecchiaia l'imperatore divenne ossessionato dall'idea di ottenere l'immortalità; visitò tre volte l'isola di Zhifu, sulla quale si diceva esistesse una montagna dell'immortalità (la sua presenza sull'isola è confermata da due iscrizioni), e inviò uno degli isolani, Xu Fu, a cercare la leggendaria terra di Penglai, dove vivrebbero gli immortali; secondo la leggenda costoro non tornarono mai dall'imperatore, temendone la furia, e si stabilirono invece in Giappone. Durante uno dei suoi numerosi viaggi per ispezionare l'efficienza dell'amministrazione imperiale, nel 210 a.C., morì nel suo palazzo di Shaqiu. Secondo la leggenda, i suoi dottori avevano confezionato delle pillole che avrebbero dovuto renderlo finalmente immortale ma ironicamente queste contenevano mercurio e lo avvelenarono. Fu poi sepolto nell'enorme mausoleo che si era fatto costruire ad Est del monte Lishan, oggi patrimonio dell'umanità e famoso per l'imponente esercito di terracotta sepolto con l'imperatore. Sempre secondo la leggenda, la morte dell'imperatore fu tenuta nascosta anche alla corte per volontà di Li Si, che aspettò di tornare nella capitale Xianyang prima di divulgare la notizia. Poiché l'imperatore non aveva nominato un erede, nei due mesi che impiegarono per arrivare a Xianyang coloro che erano al corrente della sua morte, cioè il suo primo ministro Li Si, il capo eunuco Zhao Gao e suo figlio Huhai, si accordarono per falsificare un testamento imperiale, mettendo Huhai sul trono (egli assunse poi il titolo di Er Shi Huangdi) e accusando ingiustamente il suo fratello maggiore e pretendente al trono, Fusu, che si suicidò. Solo 3 anni dopo la morte dell'imperatore la Cina ripiombò in una guerra civile, finché dopo 5 anni, nel 202 a.C., emerse la dinastia Han; poiché i nuovi imperatori adottarono anch'essi il titolo di huangdi, Shi Huangdi divenne noto come Qin Shi Huangdi, e successivamente Qin Shi Huang. Il huangdi venne eliminato perché il titolo fu assimilato al nome imperiale, e generalmente i nomi cinesi sono composti al più di tre caratteri, uno per il cognome e uno o due per il nome; per lo stesso motivo il suo successore Qin Er Shi Huangdi è oggi noto come Qin Er Shi.
Statua di Qin Shi Huang all'ingresso del suo mausoleo, vicino Xi'an.
I tre attentati falliti.
Qin Shi Huang scampò a ben 3 attentati, il primo per mano di un cantore che tentò di far esplodere la sua cetra, il secondo nel mezzo di un'imboscata quando era di ritorno da una spedizione in Manciuria, il terzo invece quando fu ferito da un suo rivale politico che lo stesso Qin aveva invitato alla corte. Egli si lanciò sull'imperatore intento ad ammirare uno dei regali offerto dall'ospite, ma invano, perché Qin fu più svelto a girarsi e colpirlo a morte. In seguito l'attentatore fu giustiziato dalle guardie dell'imperatore. Dopo quell'episodio Qin perse la fiducia in ognuno dei suoi cortigiani. Furono mandate a morte centinaia di persone le quali Qin sospettava solo potessero aspirare a ucciderlo. Cinque anni dopo, fece giustiziare tutti gli abitanti di un piccolo centro abitato dell'Henan poiché rei per Qin di aver scritto su un meteorite precipitato pochi giorni prima frasi ingiuriose contro di lui. Non riuscendo ad identificare l'esecutore di queste frasi, furono mandati a morte tutti gli abitanti del villaggio, dopo aver fatto distruggere il meteorite.
Riforme.
Conquistata l'intera Cina, il Primo Imperatore si accinse a realizzare una serie di riforme che avrebbero lasciato un'impronta indelebile sulla successiva storia cinese. In quest'opera interagì col suo primo ministro Li Si, un legista allievo di Xunzi. La teorizzazione legista servì da supporto all'azione decisa e spietata del governo Qin. Il primo decreto imperiale segnò l'abolizione del regime feudale, al fine di evitare il riproporsi di situazioni come il caos politico del periodo degli stati combattenti; l'impero fu diviso in 36 governatorati (郡S, jùnP), amministrati ciascuno da un governatore civile (守S, shōuP) e da un governatore militare (尉S, wèiP), entrambi di nomina imperiale. Il governatore civile era superiore a quello militare, ma veniva assegnato a un altro governatorato dopo alcuni anni per prevenire la ricostituzione di una base di potere di tipo feudale; inoltre in ogni governatorato veniva nominato un ispettore (監S, jiànP) con l'incarico di riferire all'imperatore sull'operato dei due governatori e di risolvere le eventuali dispute tra di essi. I governatorati erano poi divisi in distretti (县S, xiànP), anche questi retti da funzionari di nomina imperiale. Questa struttura amministrativa rappresentava in realtà poco più di un'estensione di quella già in vigore nello Stato di Qin, nel quale la struttura feudale era stata abolita nel IV secolo a.C., ma ebbe il merito di unificare politicamente e militarmente le conquiste e centralizzare il potere. La capitale fu posta a Xianyang, vicino l'odierna Xi'an, già capitale di Qin e nella quale ordinò che si trasferissero tutti i membri delle precedenti famiglie reali, in modo che fosse possibile sorvegliarli e prevenire loro ribellioni. Le unità di misura furono standardizzate, e in particolare fu uniformato lo scartamento assiale dei carri, in modo che questi fossero liberi di circolare agevolmente nelle nuove strade imperiali; fu creata infatti una vasta rete di strade e canali per agevolare il commercio, ma anche le marce militari verso le province più lontane. La moneta del regno di Qin fu imposta a tutto l'impero. I caratteri di scrittura in uso nello Stato di Qin furono modificati e imposti a tutto l'impero unificando per la prima volta la scrittura cinese; lo stile è oggi detto del "piccolo sigillo" (小篆S, xiǎozhuànP), nome coniato durante la dinastia Han quando ormai veniva usato solo per fini decorativi, per distinguerlo dal "grande sigillo" (大篆S, dàzhuànP), nome che accomuna tutte le varianti regionali in uso sotto la dinastia Zhou: collettivamente sono noti come "scrittura del sigillo" (篆文S, zhuànwénP). Nel nuovo stile furono scritti editti e documenti ufficiali, anche al fine di portare il popolo a conoscenza dei nuovi caratteri: in particolare i famosi editti del monte Taishan, per annunciare al Cielo l'unificazione della Terra sotto un solo imperatore. I caratteri erano però difficili da scrivere, e si affermò popolarmente una variante informale che costituisce l'antenato dei caratteri degli Han (hanzi). Nel 213 a.C., su consiglio di Li Si, allo scopo di eliminare ogni traccia della tradizione che potesse costituire una minaccia al suo mandato imperiale, attuò il rogo dei libri e sepoltura degli eruditi (cinese: 焚書坑儒; semplificato: 焚书坑儒; trascrizione pinyin: Fénshū Kēngrú), politica che durò fino al 206 a.C.; furono bruciati tutti gli antichi testi, fatta eccezione per quelli di argomento tecnico o scientifico e per gli annali dello Stato di Qin; questi ultimi furono però bruciati insieme all'archivio imperiale durante una delle numerose rivolte contro il suo successore Qin Er Shi. Al rogo dei libri si accompagnò poi una violenta persecuzione contro gli intellettuali, soprattutto di matrice confuciana, 460 dei quali furono sepolti vivi. Gli studiosi moderni paragonano il rogo dei libri alla Rivoluzione Culturale di Mao Zedong, dato anche un comune odio verso gli intellettuali dei due grandi personaggi della storia cinese. Il fatto è citato nel romanzo Auto da fé di Elias Canetti ove il sinologo Kien tiene un discorso a libri della sua biblioteca.
Storiografia.
Nella tradizione cinese il primo imperatore è generalmente descritto come un tiranno brutale, superstizioso, ossessionato dall'immortalità e terrorizzato dagli assassini, e spesso anche come un regnante mediocre. Non si sa quanto di tutto ciò sia vero, ma probabilmente i giudizi degli storici antichi sono offuscati dalla propaganda confuciana, che condannava l'imperatore per le sue persecuzioni contro di loro e per il suo supporto al legismo, corrente di pensiero che venne screditata durante la confuciana dinastia Han. Due testi di propaganda confuciana in tal senso sono "I dieci crimini di Qin", compilato da storici confuciani, e "Le colpe di Qin" (過秦論S), di Jia Yi, un testo ammirato come esempio di retorica e pensiero confuciano; in questo si sostiene come le cause del crollo della dinastia Qin fossero da attribuire al comportamento di Qin Shi Huang, che andò contro gli insegnamenti di Confucio, ricercando avidamente il potere e angustiando il popolo con leggi severe e opere imponenti, per la costruzione delle quali molti lavoratori sarebbero morti. Il fatto che il confucianesimo abbia dominato il pensiero cinese fino all'inizio dell'età contemporanea rende molto difficile distinguere la verità dalla leggenda. Dopo la caduta della dinastia Qing la storiografia cinese cominciò a rivalutare la figura del primo imperatore; lo storico Xiao Yishan, legato al Kuomintang, ne elogiò l'aver protetto la Cina dai barbari con campagne militari e con la costruzione della grande muraglia. Nel 1941 Ma Feibai ne pubblicò una biografia revisionista intitolata Qin Shi Huangdi Zhuan (秦始皇帝傳S) in cui lo definiva "uno dei grandi eroi della storia cinese" e paragonava Chiang Kai-shek a lui, auspicando che questi realizzasse una nuova unificazione della Cina così come il primo imperatore aveva fatto. Con la sconfitta del Kuomintang e l'ascesa al potere del Partito Comunista Cinese la sua figura fu nuovamente reinterpretata, stavolta da un punto di vista marxista; nella Storia completa della Cina, compilata nel 1955, la sua opera di unificazione e standardizzazione fu giudicata espressione degli interessi della nobiltà e dei mercanti, e la caduta della dinastia Qin conseguenza della lotta di classe, che non vide trionfare i contadini solo perché la rivolta si era compromessa con elementi della classe dirigente. Tuttavia, quando a Mao Zedong fu riferito di essere stato paragonato al primo imperatore, egli ribatté: «Egli seppellì vivi 460 studiosi; noi ne abbiamo sepolti vivi quarantaseimila... Voi [intellettuali] ci accusate di essere dei Qin Shi Huang. Vi sbagliate. Noi abbiamo sorpassato Qin Shi Huang di cento volte». Nel 1972 però, l'interpretazione ufficiale cambiò nuovamente: Hong Shidi pubblicò una biografia dal titolo Qin Shi Huang, in cui il primo imperatore veniva descritto come un precursore della rivoluzione, che distrusse le forze che volevano il paese diviso e rifiutò il passato, senza temere di usare la forza per avere la meglio contro i reazionari come "l'industriale e mercante di schiavi" cancelliere Lü Buwei. Nel 1974 sulla rivista Bandiera Rossa Luo Siding diede seguito a questa interpretazione ascrivendo le colpe della caduta della dinastia Qin all'eccessiva tolleranza del primo imperatore, che non aveva imposto la "dittatura sui reazionari, fino al punto di permettere ad essi di farsi strada negli organi di autorità politica e usurpare posizioni importanti", come il capo eunuco Zhao Gao che si impadronì del potere con lo scopo di restaurare l'ordine feudale.
«Io ho apportato l'ordine alla folla degli esseri e sottomesso alla prova gli atti e le realtà: ogni cosa ha il nome che le conviene. Io ho distrutto nell'Impero i libri inutili. Io ho favorito le scienze occulte, affinché si cercasse per me, nel paese, la droga d'immortalità.»
(Qin Shi Huang)
Fonte: https://it.wikipedia.org