Negli ultimi tempi, la Cina sembra particolarmente operosa sul fronte delle attività spaziali nella bassa orbita. Il 20 luglio scorso, infatti, sono stati messi in orbita ben tre satelliti: Shiyan-7, Chuangxin-3 e Shijian-15. Gli esperti delle agenzie spaziali di tutto il mondo stanno cercando di capire quale sia la funzione di questi satelliti e, più in generale, quali siano gli obiettivi del programma spaziale cinese nel breve-medio periodo.
Alcuni hanno ipotizzato che i cinesi stiano testando nuove tecnologie anti-satellitari, mentre altri pensano che possano trattarsi di semplici sonde, con lo scopo di affinare le competenze spaziali complessive dei tecnici cinesi.
Ad attirare l’attenzione degli specialisti è stata l’inusuale manovra compiuta da uno dei nuovi satelliti messi in orbita. Lo Shiyan-7, dopo una serie di alterazioni orbitali, con una manovra improvvisa si è inserito nell’orbita dello Shijian-7, un satellite spedito in orbita nel 2005.
Come riporta space.com
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poco dopo il lancio avvenuto a luglio, era noto che uno dei tre satelliti cinesi fosse equipaggiato con un braccio manipolatore progettato per la cattura di altri satelliti. Bob Christy ha ipotizzato che potrebbe essere il prototipo del braccio destinato ad essere montato nel 2020 a bordo della grande stazione spaziale cinese.
Gregory Kulacki, analista senior e responsabile del programma Global Security Concerned Scientists, ha sottolineato che nei giorni del lancio la stampa cinese scriveva di ‘osservazione di detriti spaziali’, ‘operazioni con braccio meccanico’ e la ‘sperimentazione di tecnologie di manutenzione nello spazio’.
Ma secondo Dean Cheng, ricercatore presso l’Heritage Foundation di Washington, il mistero che circonda le manovre spaziali è coerente con lo stile cinese. “Non capisco perchè ci si sorprende”, dice il ricercatore. “I cinesi non ci dicono cosa hanno intenzione di fare, tenendo una comoda conferenza stampa”.
“E’ forse utile ricordare che la Repubblica Popolare Cinese è intenzionata a stabilire la propria predominanza spaziale come parte del suo progetto di combattere e vincere le guerre locali, in condizioni altamente tecnologizzate”, continua Cheng. “I loro programmi rimangono opachi, dato che si rifiutano di confrontarsi sulle questioni spaziali militari”.
“La tecnologia anti-satellitare (ASAT) permette ad un paese di rendere un satellite nemico non operativo”, scrive Marcia Smith, analista di politica spaziale e fondatrice di SpacePolicyOnline.com.
“Nel 2007 la Cina ha condotto un test ASAT lanciando un intercettore contro uno dei suoi satelliti”, continua la Smith. “Il test ha avuto successo, ma lo scontro ha prodotto una nube di oltre 3 mila pezzi di detriti spaziali, provocando la reazione della comunità internazionale”.
Ma anche gli Stati Uniti stanno sperimentando nuove manovre e tecnologie spaziali, come riporta Micheal Krepon, cofondatore del Stimson Center di Washington. Informazioni derivanti da prove reali di tecnologie di difesa dai missili balistici, possono avere applicazione nei sistemi ASAT.
“Pechino e Washington devono fare una scelta, la stessa scelta che fecero Mosca e Washington nel corso della Guerra Fredda”, ha detto Krepon. “Le maggiori potenze mondiali possono competere distruggendo quanti più satelliti nemici, oppure raggiungere un tacito accordo per smorzare questa competizione. Stati Uniti e Unione Sovietica fecero scelte sagge. La Cina non ha ancora scelto”.
Fonte: http://www.ilnavigatorecurioso.it