Può essere considerata come l’arca di Noè microbica quella in seno al progetto portato avanti da un gruppo di ricercatori della New Rutgers University-New Brunswick guidati da Maria Gloria Dominguez-Bello, professoressa di biochimica e microbiologia. Si tratta sostanzialmente di una raccolta di batteri umani provenienti da microbioti di popolazioni non affette, almeno in maniera massiva, dall’utilizzo di antibiotici, dall’applicazione di diete particolari oppure da effetti negativi per quanto riguarda l’alimentazione che sono caratteristici della società moderna. Questi fattori, infatti, nel corso degli anni, hanno contribuito ad una perdita massiccia della diversità microbica umana. Si parla di trilioni di organismi microscopici che vivono non solo all’interno dei costi corpi ma anche all’esterno (si pensi, per esempio, al microbioma dell’epidermide). La stessa Dominguez-Bello commenta così la motivazione principale che ha portato al progetto: “Siamo di fronte a una crescente crisi sanitaria globale, che richiede di catturare e preservare la diversità del microbiota umano finché esiste ancora. Questi microbi si sono evoluti insieme agli umani per centinaia di millenni. Ci aiutano a digerire il cibo, rafforzare il nostro sistema immunitario e ci proteggono contro i germi invasori. Nel giro di poche generazioni, abbiamo assistito a un’incredibile perdita di diversità microbica legata a un picco mondiale di disordini immunitari e di altro tipo“. Secondo gli scienziati della New Rutgers, infatti, un giorno potrebbe essere possibile curare determinate malattie solo ricorrendo alla reintroduzione nel corpo, comunque all’utilizzo, di determinati microbi. Questi ultimi potrebbero però non essere più disponibili perché letteralmente sterminati o portati all’estinzione dall’utilizzo di antibiotici o anche solo grazie a nuovi stili alimentari. Ad esempio, secondo gli stessi ricercatori, alcuni taxa batterici intestinali come Desulfovibrio, Bacteroides, Prevotella, Lactobacillus, Oxalobacter e diverse specie nelle famiglie Succinivibrionaceae, Paraprevotellaceae e Spirochaetaceae stanno scomparendo proprio a causa dell’industrializzazione. Non si tratta di una visione del futuro allarmante o distorta se si pensa al fatto che particolari disturbi o malattie diffusissime oggi si sono sviluppate sostanzialmente a partire dal XX secolo, ossia quando ha cominciato a diffondersi un certo livello di abbondanza per quanto riguarda i cibi nonché un alto livello di inquinamento. Si pensi, per esempio, all’obesità, all’asma e a vari tipi di allergie.
Fonte e link: https://notiziescientifiche.it