Il termine di intelligence ha origine dal latino “inter-leggere” e significa: conoscenza, comprensione, cognizione su qualcuno o su qualcosa. Intelligence vuol dire in pratica informarsi e capire. La semplice notizia da sola non basta. Dopo essere stata raccolta, deve essere analizzata, valutata, interpretata e quindi compresa come informazione utile per i fini operativi. Il termine di intelligence è stato adottato per la prima volta dai servizi di sicurezza inglesi e viene usato non solo per indicare lo spionaggio, o il servizio segreto in genere, bensì tutto quel complesso di attività che ruotano intorno alle informazioni riservate e alla sicurezza civile e militare. Il termine intelligence non ha corrispondenza nella lingua italiana e quindi non può essere tradotto. L’attività di raccolta delle informazioni concernenti gli altri, chiunque essi siano, può svolgersi a vari livelli. Da quello elettronico e satellitare può arrivare benissimo anche sul piano individuale e persino possono essere considerate delle utili fonti anche le “chiacchiere dei portieri” o i “pettegolezzi dei barbieri”. Nella realtà operativa l’agente di spionaggio il più delle volte è un uomo comune, “grigio”, anonimo, sicuramente non un superman o un personaggio alla James Bond.
Gli uomini dell’intelligence.
In tutto il mondo i servizi di informazione si basano sulle capacità di astuzia, intelligenza e scaltrezza dei propri agenti. Nell’arruolamento dell’agente non si può quindi prescindere dal riscontro, nella personalità, di queste caratteristiche. Tutte le nazioni, oggi, si servono dei servizi di intelligence per difendere o favorire i propri interessi vitali, utilizzando al meglio tutte le risorse disponibili, offerte dalle sempre più sofisticate conoscenze scientifiche, tuttavia affidandosi sempre in modo prevalente all’elemento umano.
Nel corso degli anni, mentre i mezzi hanno subito una progressiva evoluzione tecnologica, le risorse umane, cioè le persone utilizzate sul campo, non hanno evidenziato molti cambiamenti. In genere l’arruolamento di questi agenti comporta una attenta valutazione da parte dei medici, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto psicologico. Aspetto che certamente ha una sua caratteristica peculiare che lo differenzia rispetto ad altri ruoli o ad altri mestieri e che può, in certi casi, sconfinare anche in autentiche psicopatie. “Psicopatie” che possono essere già richieste come condizione preliminare per l’assunzione in servizio. Si riporta il caso degli Stati Uniti: all’inizio della seconda Guerra Mondiale, dopo l’attacco giapponese alla flotta statunitense a Pearl Harbour, gli americani si sentirono umiliati per il fatto di non avere un servizio di intelligence in grado di prevedere un attacco militare contro le proprie basi navali. Il generale Donovan, dell’esercito degli Stati Uniti, fu immediatamente incaricato dal Presidente Usa, di organizzare e mettere su con urgenza un servizio informazioni di spionaggio e di controspionaggio militare. Servizio di cui l’America era priva per una vecchia concezione moralistica sulle questioni private e diplomatiche. Il generale Donovan in pochissimo tempo creò l’Oss (office of strategic service), un servizio informazioni molto attivo ed utile durante la guerra e che nel 1949 sarà poi trasformato nella Cia. All’ingresso dell’Oss, sistemato in alcune baracche sulle rive del fiume Potomac a Washington, il generale fece installare una targa con la dicitura “per entrare in questo servizio non è indispensabile essere un po’ pazzi, ma può tornare utile”. A qualcuno che lo criticò per tale scritta, Donovan precisò che si richiedevano persone “un po’ pazze”, ma non pazze del tutto. Dal punto di vista medico, l’agente operativo del servizio di intelligence deve subire un attento controllo sanitario, non solo di tipo fisico, bensì soprattutto psicologico. E questo controllo non deve essere limitato alle fasi iniziali dell’arruolamento, ma deve essere effettuato con periodicità anche durante il servizio.
Ad esempio, è severissimo il controllo periodico effettuato agli agenti del Mossad, l’efficientissimo servizio segreto israeliano, che prevede anche l’utilizzo della macchina della verità. Inoltre si impongono accurate ricerche mediche e psicologiche sulle eventuali tendenze omosessuali, sia maschili che femminili. Vengono effettuate ricerche anche sulla propensione personale all’alcolismo o all’uso di sostanze stupefacenti.
Le caratteristiche psicologiche.
Alcuni testi militari molto antichi, soprattutto cinesi, hanno analizzato il fenomeno della guerra introducendo per primi i concetti essenziali sui servizi segreti, sull’agente doppio, sulla disinformazione e sul doppio gioco. Dal testo L’arte della Guerra di Sun Tzu si possono estrapolare a tal proposito delle interessanti informazioni:
• bisogna scegliere uomini intelligenti, pieni di talento e capaci di avvicinare il nemico, perché intimi con il sovrano e coi membri della nobiltà. In questo modo essi hanno la possibilità di osservare da vicino i movimenti prestabiliti del nemico ed informarsi circa i suoi piani;
• fra tutti coloro che nell’esercito occupano una funzione vicino al Comandante, nessuno gli è più intimo dell’agente segreto;
• vagliare il carattere di una spia per stabilire se è sincero, leale ed intelligente è la prima cosa. Solo dopo averlo giudicato lo si può utilizzare; …
• è necessario fuorviare gli agenti nemici che sono venuti a spiarci, e bisogna tentare di comprarli. E’ così che si reclutano e si utilizzano gli agenti doppi;
• un esercito senza agenti segreti è come un esercito di uomini senza orecchie e senza occhi.
Da sempre quindi le persone utilizzate dai servizi di intelligence sono delle persone astute, scaltre, intelligenti, molto colte, ma anche spregiudicate, ciniche, immorali, ingannatrici, pronte a cogliere il vantaggio e l’opportunismo personale in qualsiasi occasione. L’agente segreto, la spia, è sempre rimasto nella considerazione dell’opinione pubblica come l’infame della società. Montesquieu disse una volta che “lo spionaggio potrebbe essere tollerabile se fosse praticato da uomini d’onore, ma l’infamia che inevitabilmente si attribuisce all’agente segreto diviene l’elemento di giudizio della professione stessa”. L’operatività in un servizio di intelligence suscita dunque l’affiorare nell’agente non solo delle migliori qualità umane, ma anche degli aspetti non positivi. E l’agente segreto potrebbe essere chiamato a funzionare ed operare proprio in virtù non delle qualità, ma di ben altro.
Ad esempio, il servizio di controspionaggio americano dell’Fbi seleziona ed addestra il proprio personale condizionandolo su alcuni punti fondamentali, fra i quali si legge:
• mai fidarsi di un agente che lavori soltanto per lucro, c’è denaro anche dall’altra parte;
• mai attaccarsi alle personalità e agli ideali dei gruppi con i quali si lavora, gli uni e gli altri possono costare caro;
• sforzarsi di passare sempre inosservati;
• essere disposti in ogni circostanza, ad ignorare tutti i precetti, le regole, le norme precedentemente apprese, se ciò è utile ai fini della riuscita della propria azione.
Per la dottrina Fbi si può dunque scavalcare la morale, l’etica, la legge, quando a dominare è una superiore Ragione di Stato. Passando in un campo avversario, si riscontra che il profilo psicologico degli uomini reclutati dai servizi di sicurezza ex-sovietici è molto più sofisticato di quello americano. Ciò si può evincere dall’analisi di un altro documento, tratto dal Manuale di Reclutamento del Generale Anatolevich, del Kgb: “fate attenzione alle persone meno favorite dalla natura o dal caso, poco attraenti o sofferenti di complessi di inferiorità, bramose di potere e di prestigio, ma sconfitte dalle circostanze. L’appartenenza ad una organizzazione potente e prestigiosa può dar loro un senso di superiorità nei confronti della gente più bella e più abbiente che incontrano nella vita quotidiana”. Si deduce che il Kgb cercava ed arruolava soggetti con tratti di personalità di tipo paranoideo, perché solo i paranoidei sono dei soggetti diffidenti, sospettosi, introversi ed emotivamente freddi. Dissociano utilmente le prestazioni intellettive dagli stati emozionali. Nel campo dei reclutatori italiani, secondo i criteri adottati dai servizi di sicurezza nostrani, l’identikit psicologico dell’agente ideale è: “una persona autonoma da forti vincoli affettivi, con molto autocontrollo sulle proprie pulsioni, con spiccato spirito di adattamento, capace di entrare facilmente in relazione con gli altri, dotato di buona memoria; al tempo stesso deve essere una persona comune e tanto più è grigio tanto più è bravo”. Gli agenti operativi italiani migliori provengono dall’arma dei Carabinieri e dalla Polizia di Stato e prima di entrare in servizio sostengono ad esempio dei corsi molto duri di sci, alpinismo, paracadutismo, topografia, sopravvivenza, tiro, difesa personale, studio di obiettivi militari, uso di esplosivi.
I pericoli per le Istituzioni.
Il servizio di intelligence è un servizio molto delicato per la sicurezza stessa delle Istituzioni. Il suo potere segreto non si può controllare facilmente, perché spesso le leve di questo potere si confondono nella massa dei comandi dell’apparato statale, al riparo da ogni controllo. A tal proposito, l’ex capo della Cia, Allen Dulles, ha scritto: “un servizio informazioni è un mezzo ideale per effettuare una cospirazione. I suoi membri possono viaggiare in patria o all’estero in virtù di ordini segreti e senza provocare domande; ogni pezzetto di carta che venga catalogato nei suoi archivi, il suo personale, l’impiego dei suoi fondi, le sue relazioni e perfino i suoi contatti con il nemico divengono Segreti di Stato”. Ci si può render conto che nessuna democrazia è al coperto dai più sottili pericoli che potrebbero sorgere dalla creazione, nel proprio interno, di centri di potere segreto ed occulto. Questi rischi e questi pericoli devono essere considerati all’atto dell’arruolamento per non donare a persone astute, ciniche e scaltre, un potere senza controllo che rappresenti un rischio potenziale per le Istituzioni. La valutazione della parte psicologica ed attitudinale deve essere centrata sulla struttura della personalità, sia nelle aree di forza dei meccanismi dell’Io, sia nelle aree di debolezza in cui si potrebbero presentare le falle psicopatologiche, i disturbi psichici fino a delle vere e proprie psicopatie.
Questo tipo di valutazione è la più delicata di tutto il complesso delle ricerche selettive che si effettuano sulla persona all’atto dell’arruolamento. Soprattutto su ciò che la persona potrebbe esprimere in situazioni di particolare stress, pericolo, emergenza, paura o disagio personale. Tuttavia, vengono considerate non solo le situazioni particolari di stress in cui si potrebbe trovare l’agente in funzione del suo servizio, ma anche semplicemente le occasioni in cui agire in un servizio speciale, al quale si attribuisce l’etichetta di “segreto”, potrebbero essere un motivo in grado di influire negativamente sulla psiche del soggetto. L’agente segreto potrebbe sviluppare un senso di onnipotenza in grado di farlo sentire al di sopra della legge e quindi non più tenuto a rispettarla. Oppure l’agente potrebbe utilizzare alcune sue funzioni specifiche, del suo ufficio, per liberare dei nuclei nevrotici interni caratterizzati da frustrazioni ed aggressività: i soggetti aggressivi cercano ogni forma di alibi o di giusta causa per aggredire. Completano il quadro del rischio le disponibilità di denaro, non sempre convenientemente controllate, nonché l’acquisire la conoscenza di fatti segreti o presunti tali, l’estrema autonomia di azione, la frequentazione con i detentori del potere che spregiudicatamente, talvolta, utilizzano i vari servizi di sicurezza per i loro particolari e personali fini. Sono tutti elementi che rappresentano una pericolosa miscela che, in mancanza di sufficiente autocontrollo ed autodisciplina, possono condurre a deviazioni sociologiche o giudiziarie. Insomma, similmente all’effetto devastante sulla psiche che potrebbero avere l’alcol e le droghe (anche il potere è una droga), anche l’appartenenza ad un servizio speciale potrebbe condurre ad una mutazione pericolosa del carattere. Il controllo medico e psicologico quindi non può essere effettuato solo nelle fasi iniziali dell’arruolamento e della formazione, ma dovrebbe essere periodicamente mantenuto anche durante la permanenza in servizio. La scelta più efficace dovrebbe cadere su funzionari intermedi dello Stato, che aspirino ad una crescita professionale, generalmente laureati, che possano entrare in servizio intorno ai 25 anni e che possono essere utilizzati fino ai 45 anni, se agenti operativi, oppure fino ai 65 anni, se agenti non operativi. Il loro reclutamento dovrebbe avvenire per chiamata diretta da parte dell’ufficio personale del servizio, dietro la segnalazione di personale appositamente addestrato a saper riconoscere le qualità psicoattitudinali richieste dal servizio. A saperle riconoscere cioè nelle persone che incontrano sia per motivi di servizio che per altri motivi. In alcune nazioni, come ad esempio in Israele, si può fare domanda per accedere ai servizi di sicurezza. Tuttavia questo tipo di reclutamento può offrire degli spunti di rischio in quanto potrebbero infiltrarsi, nelle maglie non ben collaudate della selezione, degli elementi che sono già al servizio di altri paesi e che si infiltrano come delle pericolose talpe. L’addestramento, per poter parlare di adeguata formazione, dovrebbe durare circa due anni e dovrebbe essere articolato in un addestramento alle funzioni operative, un addestramento all’analisi ed all’uso delle apparecchiature tecnologiche e in un addestramento dottrinale, anche di tipo politico. Il corso addestrativo dovrebbe avere anche una finalità selettiva immettendo in servizio solo quel personale che abbia dimostrato di possedere le capacità richieste (di norma, riportano a tal proposito alcuni servizi, solo il 50-60% degli ammessi conclude il corso addestrativo con successo). Successivamente al reclutamento, durante il periodo operativo del servizio e durante tutta la carriera, ogni agente, ogni funzionario, ogni direttore, dovrebbe essere continuamente monitorato sul suo stato psicologico e attitudinale, con continue verifiche e controlli, anche incrociando rapporti e controlli fra di loro.
Selezione e formazione psicologica ideale.
Attualmente il reclutamento, l’addestramento e la valutazione operativa degli agenti, nei più importanti servizi di intelligence mondiali, si basa su tre criteri fondamentali:
• intelligence thinking
• intelligence curiosity
• security consciousness
vale a dire che la persona ideale per il servizio di intelligence deve avere attitudini e modalità di pensiero secondo intelligence, deve agire ed interessarsi secondo intelligence su tutto ciò che lo circonda, a proteggere, infine, secondo intelligence, tutto ciò che possa riguardare le notizie e le informazioni utili al servizio.
Pensare secondo intelligence significa utilizzare contemporaneamente le due modalità di espressione naturale dell’intelligenza umana: l’intelligenza di tipo analitico (che coglie il singolo dettaglio) e l’intelligenza di tipo sintetico (che valuta globalmente il tutto, l’insieme dove collocare il dettaglio per trarre delle nuove deduzioni e conclusioni). La valutazione in servizio può avvenire in vari modi:
• la valutazione del conseguimento degli obiettivi (le prestazioni effettuate)
• la valutazione delle potenzialità continuamente emergenti (gli scopi futuri)
• la valutazione dello stato psicoattitudinale tramite prove psicologiche e test.
Ogni tipo di valutazione non può prescindere dalla lettura dei rapporti personologici che, in questo caso, non possono essere stilati solo dai superiori, ma anche dai colleghi, sia dai pari grado che dai subordinati. Per quanto riguarda la valutazione tramite prove e test, queste devono mirare a sondare la caratteristica psicologica predominante di ogni agente: la capacità di controllo emotivo. Negli Stati Uniti è stato per questo scopo messo a punto un nuovo indice di valutazione dell’efficienza operativa della persona: il Quoziente Emotivo (Q.E.). In Europa siamo abituati a sondare l’intelligenza della persona tramite il Quoziente Intellettivo (Q.I.), tuttavia sempre più spesso si osservano individui molto intelligenti che falliscono nelle loro azioni per problemi di controllo emotivo. Ai servizi di intelligence non interessano persone solo molto intelligenti, interessano le persone intelligenti che siano anche emotivamente fredde. Di norma le operazioni speciali che vengono effettuate sono operazioni ad alto indice emotivo, con marcate dosi di rischio, stress, ansia e paura. I margini di errore effettuabili sono pari a zero ed ogni tipo di errore può comportare l’arresto, molti anni di carcere o la morte. L’agente segreto, soprattutto se illegale, deve operare con livelli altissimi di tensione psicologica e deve rimanere emotivamente freddo, poiché solo in questo modo può mantenere la lucidità operativa che la sua intelligenza è in grado di esprimere. Inoltre l’autocontrollo emotivo permette di mantenere quella lucidità mentale utile per non sfogare, ogni volta che si presenti l’occasione, i propri nuclei nevrotici di insoddisfazione, di frustrazione, di aggressività, di invidia e di rancore. Insomma la parte “disturbata” della sua personalità. Avere una intelligenza superiore alla media non basta, quindi, per definire un soggetto idoneo al servizio e garantire al tempo stesso una protezione dai rischi delle deviazioni istituzionali e giudiziarie. Occorre quindi una saldezza emotiva, derivante dall’autocontrollo delle pulsioni interiori e degli impulsi emotivi, nonché una serenità interiore in grado di produrre quel senso di sicurezza personale che possa funzionare in sinergismo con l’intelligenza promovendo tutte quelle funzioni di sintesi, di analisi, di deduzione e di induzione del pensiero intelligente che si richiede nel criterio di Intelligence Thinking. La serenità interiore è la base della sicurezza personale e solo una persona sicura può agire in modo naturale per sapere ciò che è utile sapere, da informarsi senza dare nell’occhio, da conoscere senza la paura di essere scoperto o individuato. Quindi la serenità interiore porta a chiedere su tutto nel modo più naturale per poter soddisfare il secondo criterio, quello dell’Intelligence Curiosity. Inoltre l’assenza di conflitti nevrotici interni rende l’individuo libero dal bisogno di utilizzare per fini personali le situazioni particolari di vantaggio che l’operatività in servizio di sicurezza potrebbe concedere. L’agente in questo modo non solo non cadrà nelle trappole della seduzione sessuale ed in quelle della seduzione del denaro, non sarà anche tentato di sfogare i suoi bisogni nevrotici di protagonismo, di autoesaltazione, di opportunismo, di onnipotenza, di rivendicazione e di tutto quanto potrebbe sminuire il concetto di Security Consciousness.
di Marco Cannavicci, psichiatra-criminologo.
I livelli di attività di intelligence.
PRIMO LIVELLO: diplomatico
È effettuato presso le ambasciate dislocate nelle varie capitali del mondo; si tratta di informazioni raccolte durante i ricevimenti, le visite di delegazioni culturali e scientifiche, di viaggi degli addetti militari, di analisi delle pubblicazioni del paese ospitante.
SECONDO LIVELLO: ufficioso
Si tratta del filtraggio e delle analisi delle notizie volontarie fornite da uomini d’affari, turisti, giornalisti… Durante viaggi effettuati per ragioni d’ufficio o di svago; a questo livello avviene un reclutamento di giornalisti, studiosi o missionari in buona fede, con contratti di collaborazione scientifica, letteraria, umanitaria.
TERZO LIVELLO: spionistico
Si tratta di infiltrare agenti come cittadini qualsiasi nei paesi presi di mira; laddove non è possibile infiltrare persone occidentali (come nei paesi musulmani) si effettua il reclutamento di cittadini del posto per la trasmissione di notizie segrete sul proprio paese; si occupa anche di incoraggiare la diserzione di impiegati civili o militari, preziosi per il bagaglio di informazioni di cui sono portatori.
Fonte: http://www.poliziaedemocrazia.it