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Sequenza di formazione della iberulite nell'atmosfera.



Le modalità con le quali alcuni microrganismi, tra cui i batteri, possono letteralmente viaggiare da un continente all’altro nascosti nella polvere atmosferica sono stati analizzati in un nuovo studio realizzato da ricercatori dell’Università di Granada (UGR). I ricercatori confermano che alcuni microrganismi possono effettuare viaggi “intercontinentali” tramite le cosiddette iberuliti, ossia particelle atmosferiche di grosse dimensioni, ma ancora inalabili dall’uomo, e tramite le polveri atmosferiche. La conferma del fatto che batterie microrganismi possono viaggiare da un punto all’altro del globo senza utilizzare vettori viventi, come animali o anche esseri umani, aumenta ancora di più il rischio di trasmissioni di malattie anche gravi.

Cosa sono le iberuliti?
Le iberuliti possono essere considerate come dei giganteschi aerosol con un diametro di circa 100 micrometri (in alcuni casi si può arrivare a 250 micrometri). Questi aggregati atmosferici possono viaggiare anche un continente all’altro trasportando microrganismi viventi come se fossero delle navette spaziali. I ricercatori si sono concentrati soprattutto sulla polvere atmosferica presente sopra la città di Granada scoprendo che ci sono molti minerali argillosi, quarzi e carbonavi nonché, anche se in quantità minore, ossidi di ferro. Non mancano però anche componenti biologici come batteri, diatomee, organismi planctonici e anche brocosomi, dei piccoli corpuscoli viventi trasudati da alcuni insetti tra cui le cavallette.

Polvere proveniente dal Sahara.
La polvere perlopiù proviene dal deserto del Sahara e dall’Africa nord orientale. Interagendo nell’atmosfera questi componenti possono dare origine alle iberuliti, veri e propri bioaggregati polimerici. L’interazione è basata su una serie di processi idrodinamici ed avviene tra i granelli di polvere, gli stessi microrganismi e le molecole di vapore acqueo delle nuvole. Lo stesso vapore acqueo, infatti, facilita l’aggregazione delle particelle con i microrganismi all’interno dell’aggregato che restano in una sorta di “sospensione”. Contemporaneamente si origina una sorta di rivestimento superficiale di tipo avvolgente, come una sorta di pellicola o di crosta argillosa, che protegge l’interno dell’aggregato creando dunque una sorta di “navicella”.

Vere e proprie navicelle con microhabitat ricco di nutrienti.
“Nell’iberulito i batteri possono sopravvivere trovando un mezzo nutritivo, un microhabitat ricco di sostanze nutritive e proteggendosi radiazioni ultraviolette. Lo dimostrano gli essudati polimerici batterici che, come il muco mucillaginoso, agiscono da ‘collante’ tra le particelle minerali, impedendone la disgregazione e aumentandone la resistenza alla fragilità e ai fenomeni turbolenti dell’atmosfera”, spiega Alberto Molinero García, un ricercatore del Dipartimento di Scienza del Suolo e Chimica Agraria dell’UGR che ha partecipato allo studio.

Possono coprire lunghissime distanze.
Con una composizione del genere, questi aggregati, ancora abbastanza leggeri da poter galleggiare facilmente nell’aria, possono coprire lunghissime distanze, anche a livello intercontinentale, sfruttando varie correnti atmosferiche tra quella dello strato d’aria sahariano (Saharan Air Layer, SAL). I ricercatori credono che questi aggregati si trovino in tutte le regioni della Terra, in particolare in quelle in cui sono presenti polveri provenienti da regioni desertiche. Nel caso di Granada, queste polveri provengono dal deserto del Sahara e gli aggregati sopradescritti possono raggiungere, dall’Europa, regioni quali l’Amazzonia, i Caraibi o l’Himalaya.

Fonte ed altri link: https://notiziescientifiche.it



 

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