I batteri continuano a sorprenderci ogni volta che indaghiamo più a fondo sul loro microscopico mondo. Dopo batteri indistruttibili e capaci di sopravvivere nello spazio, ecco ora due specie di batteri comuni che si sono dimostrati in grado di sopravvivere ad un'enorme accelerazione di gravità. Il biologo Shigeru Deguchi, della Japan Agency for Marine-Earth Science and Technology, ha guidato il team di ricerca allo scopo di scoprire i limiti gravitazionali ai quali un batterio può sopravvivere. E i risultati del suo studio sono decisamente affascinanti.
Deguchi ha utilizzato un macchinario chiamato "ultracentrifuga", che replica un ambiente ad altissima gravità (ipergravità) simulando alcuni possibili ecosistemi presenti su pianeti che ruotano attorno a stelle molto dense, o dotati di una gravità estremamente elevata.
Quando si parla di ipergravità ci si riferisce generalmente ad un'attrazione gravitazionale superiore di almeno un paio di volte a quella terrestre. Per fare un esempio, la gravità di Giove è pari a 2,5 volte quella terrestre, una forza sufficiente ad influenzare l'intero sistema solare. Un oggetto in caduta libera sulla Terra sperimentarebbe un'accelerazione g pari a 9,8 m/s2, ma su Giove la sua accelerazione caduta libera sarebbe pari a 26,7 m/s2.
Ma l'ipergravità sperimentata dai batteri utilizzati come cavie nell'esperimento di Deguchi è decisamente superiore a quella gioviana. I batteri si sono infatti dimostrati in grado di resistere ad un'accelerazione di gravità pari a 403.627 volte quella che possiamo sperimentare sulla Terra.
Giusto per farvi realizzare meglio quanto queste forze in gioco siano potenti, basta pensare all'accelerazione sopportabile da un essere umano. L'esperimento di Deguchi è infatti molto simile alle centrifughe utilizzate dalla NASA per sottoporre gli astronauti ad elevate accelerazioni gravitazionali.
Anche se non ho notato dettagli relativi alla durata dell'esperimento, i batteri hanno resistito ben oltre la soglia di sopportazione umana. Ad un'accelerazione costante di 16 g, in un solo minuto un essere umano in forma può perdere la vita, ma ad un essere umano "normale" occorrono solo 5 g di forza per perdere conoscenza.
Se pensate che un pilota di Formula Uno può arrivare a sperimentare circa 5 g di forza nelle manovre più spinte che possiate immaginare, e solo per pochi secondi, è chiaro quanto sia straordinaria la tolleranza di questi batteri.
I batteri coinvolti nella ricerca sono stati due specie molto comuni: il Paracoccus dentrificans, un batterio del terreno, e l'Escherichia coli, oggetto di numerosissime sperimentazioni scientifiche.
Secondo i ricercatori, i batteri sono capaci di resistere a queste forze di accelerazione gravitazionale grazie alle loro dimensioni. Organismi così minuti sono fondamentalmente privi di organelli, come mitocondri o nuclei cellulari, che tendono a comprimersi e a smettere di funzionare se sottoposti ad elevata gravità.
La cosa ancora poco chiara è il perchè alcuni batteri siano più resistenti di altri all'attrazione gravitazionale. Di certo, però, il fatto che alcuni organismi microscopici possano sopravvivere a condizioni simili non fa altro che rafforzare l'ipotesi della panspermia.
La ricerca espande infatti la possibilità di trovare vita in luoghi dell'universo in cui si è sempre pensato che nessun essere vivente potesse svilupparsi e prosperare. Per esempio, la gravità di una nana bruna si aggira tra le 10 e le 100 volte la gravità terrestre, e fino ad ora era un concetto diffuso e condiviso che nulla potesse sopravvivere a quella gravità.
E' inoltre possibile che degli ipotetici batteri a bordo di una cometa possano aver superato indenni l'iperaccelerazione dovuta all'attrazione gravitazionale di un corpo di massa notevole.
"Abbiamo osservato e quantificato una robusta crescita cellulare nelle colture di questi batteri sotto una vasta gamma di iperaccelerazioni" dice Deguchi. "In particolare, gli organismi P. denitrificans e E. coli sono stati in grado di proliferare anche a 403.627 g. Le analisi mostrano che le piccole dimensioni di queste cellule procariote sono essenziali per la loro proliferazione in condizioni di iperaccelerazione. I nostri risultati indicano che i microrganismi non solo possono sopravvivere durante l'iperaccelerazione, ma possono mostrare questo comportamento in modo tale che la gravità non possa rappresentare un limite all'abilità di ambienti extraterrestri".
Fonte: http://www.ditadifulmine.com