È sabato. Mi ha chiesto lui di venire sabato, perché durante la settimana lavora nella sua società d’assicurazioni. Così potrà parlarmi con calma degli strani fenomeni che continuano a colpire casa sua e quelle dei suoi familiari a Canneto.
Chiamo di nuovo il cellulare, ma squilla a vuoto. Mi avvio in auto verso Canneto, frazione di Caronia, provincia di Messina. Sulla costiera in fiore, chiazze viola e gialle sfumano a destra, mentre sulla spiaggia a sinistra vedo pescherecci bianchi e azzurri incorniciati da un trenino che passa a pochi metri dal mare. Così brillante e vivace, è uno strano luogo per un incantesimo extraterrestre.
Salgo lungo la statale 113 verso Caronia. La strada si stringe. Proseguo a piedi nei vicoli stretti che portano al castello. Chiamo di nuovo: squilli nel vuoto. Dalla collina, alta sul Tirreno, guardo laggiù verso Canneto e immagino che Nino Pezzino, come ogni fine settimana, sia al lavoro nei campi attorno al “paesino degli incendi”, ultimo nella lunga serie di Misteri d’Italia senza risposta: tra il 2004 e il 2005 sono scoppiati 180 roghi spontanei dentro e fuori le abitazioni anche con la rete elettrica staccata. E poi: navigatori satellitari fusi, pen drive e memorie dei computer smagnetizzate, cellulari impazziti, migliaia di cozze spiaggiate, una bacinella di benzina di cui brucia la plastica ma non il carburante, melanzane che crescono con ignote striature tigrate e cespugli anneriti fino alle radici per combustione interna...
Giro lo sguardo verso i boschi dove mille anni fa si rifugiarono i pochi scampati al massacro dei saraceni che rasero al suolo Calacte, la “bella spiaggia” fondata dal condottiero greco Ducezio nel 447 avanti Cristo “per volontà di un oracolo divino”. Dopo il massacro, i saraceni sul colle detto “del Fulmine” rifondarono Qaruniah, dove inizia l’antica Val Demone.
Il cellulare di Pezzino rimane spento fino a lunedì mattina. Strano, quest’uomo a suo tempo ha bloccato i binari, ha fermato la statale 113 e ha occupato per quattro notti il consiglio comunale di Caronia per attirare l’attenzione sui fenomeni da poltergeist e ora sembra scomparso, come risucchiato da un disco volante.
La sera mi siedo sulla spiaggia di ciottoli e guardo le nuvole alla ricerca di quegli anomali punti luminosi fotografati decine di volte su questi cieli e scruto la notte tirrenica per vedere se scorgo anch’io i globi di luce che molti testimoni hanno visto volare via dal profondo del mare. Ancora non so in quale labirinto di fenomeni e di ipotesi mi sto per addentrare: un noto fisico che tira in ballo gli alieni, un sensitivo che intuisce “entità” di antichi guerrieri, un chimico che ipotizza esperimenti su velivoli a propulsione elettromagnetica e un rappresentante delle istituzioni che pensa invece a potentissime armi strategiche che da decine di chilometri possono incendiare un piccolissimo filo elettrico.
Torno sulla terrazza della mia stanza d’albergo che, secondo la brochure, Danielle Mitterrand ha tappezzato di rame, e penso che forse questo metallo mi proteggerà dalle emissioni di picchi elettromagnetici che nel 2004 e 2005 a Canneto hanno causato lo stato d’emergenza e l’evacuazione a due riprese di decine di abitanti per più di otto mesi. Guardo ancora il grande cielo scuro e ripeto: «Ufo nostro che sei nei cieli, dacci oggi la nostra emozione quotidiana...». Il cielo non risponde, resta buio. E anche il mare. Meglio dormirci sopra. La mattina dopo Nino Pezzino risponde e fissiamo un appuntamento.
«L’impianto elettrico brucia».
Sulla spiaggia un vaccaro con un lungo tubo di gomma nera frusta sei mucche mentre un ragazzo fa capriole in mezzo a una partita di pallone. Prima di arrivare a casa Pezzino, vicino alla piscina dell’Hotel “Za’ Maria” osservo i resti del sistema di monitoraggio “acchiappa fenomeni” costato 250mila euro, ma bloccato da un problema politico-burocratico tra lo stato italiano e la regione Sicilia. Vedo la telecamera spenta che, come un fucile scarico, punta verso il “punto sorgente” in mare, da dove partivano i picchi elettromagnetici. A terra c’è un’antenna radar arrugginita, reperto storico d’un capitolo che sembra chiuso.
Di fronte alla casa di Nino Pezzino si sente solo il rumore di un grande televisore che arriva da una porta aperta. Finalmente si materializza l’uomo che sto aspettando da due giorni. Ci sediamo, e lui, semidisteso su un divano come un antico greco o un guerriero saraceno a riposo, comincia un monologo dalla cantilena siciliana che narra una storia imparata a memoria, ma che si capisce gli fa sempre male. «Inizia tutto a casa mia. Alla vigilia di Natale del 2003 sento un cattivo odore provenire dalle cassette dell’impianto elettrico. Il quadro è annerito e i fili bruciacchiati. Riparo io, ma l’episodio si ripete dopo poche ore. Sotto casa vive papà, che queste case le ha costruite nel ’60. Dico: “Papà, qui non va più l’impianto elettrico”. L’elettricista, visto che altri cavi si bruciano nei giorni successivi, rimpiazza tutti i fili della casa. Siamo ormai ai primi di gennaio del 2004. I fili appena cambiati dall’elettricista prendono fuoco. Vengono sostituiti due boiler con i fili danneggiati, ma nel pomeriggio s’incendia la cassetta dell’impianto. I tecnici Enel misurano la tensione che è a 230. Gli incendi si propagano. Le guaine esterne si anneriscono e s’increspano finché prendono fuoco. È come se un’onda viaggiasse sulla guaina ma non sul rame, che si scalda, ma mai fino a bruciare, tanto che lo si può toccare. È come un virus: i più vicini a noi cominciano a vedere gli stessi fenomeni in casa loro, poi vengono colpite le case più lontane. L’Enel disalimenta l’area e lascia un mezzo gruppo elettrogeno. Sei giorni senza fenomeni, poi delle urla: “Aiuto! Aiuto!”. Sta andando a fuoco l’apparato dei contatori e citofoni, si scioglie un intero sgabuzzino. Viene sospeso anche il mezzo gruppo elettrogeno, ma prende fuoco tutto anche da spento: le prese elettriche, gli abatjour, i lampadari».
A passi lenti si avvicina papà Giuseppe reggendosi a un lungo bastone. Arriva anche la madre, che in quel 2004 vomitò «mezzo secchio di sangue», e ci offre una granita di caffè. «Eliminato il sistema elettrico, comincia a prendere fuoco tutto ciò che è metallico. Il materasso con le molle, le poltrone: il metallo non diventa né incandescente né troppo caldo mentre la parte di stoffa o di plastica brucia. All’Enel escludono ogni responsabilità e ipotizzano test effettuati dalle Ferrovie. Gli episodi continuano a verificarsi fino al 9 febbraio 2004, quando, nonostante i Vigili del fuoco siano qui ventiquattr’ore al giorno, brucia una casa utilizzata da mia cugina come deposito di mobili e vestiti. Ci fanno evacuare e chiamano il Cnr. Arrivano studiosi e scienziati da tutta Italia. Ora, invece di verificarsi dentro le case, i fenomeni cominciano all’aperto. Le automobili si aprono e si chiudono da sole. I meccanismi in metallo e plastica si fondono dentro le portiere. Nella mia auto si fora anche il blocco in plastica del Gps, fenomeno – mi spiegano i Ris di Messina – che accade solo a 1000 gradi. Per tre volte si rompe il vetro laterale al posto di guida della mia Lancia Dedra 2000. Sento solo l’implosione, perché tutti i frammenti di vetro cadono dentro l’auto e non fuori. Tra giugno e ottobre gli esperti lavorano sulle case, ma non ci sono più fenomeni. A ottobre 2004, al rientro dopo la lunga evacuazione, troviamo le abitazioni allagate e nei flessibili dell’acqua scoviamo dei piccolissimi fori. I tubi si bucano e noi li sostituiamo, ma continuano a bucarsi anche dopo che viene sospesa l’erogazione dell’acqua. Si parla allora di campo magnetico. Meno male che la prima sera del nostro rientro non andiamo a dormire in casa, perché accade un altro episodio alle tre di notte mentre siamo seduti qui fuori in veranda. Sentiamo un forte rumore di vetri rotti seguito da un botto. Il maresciallo che veglia con noi si alza di scatto e in casa vediamo una nube tossica. Nel bagno una specchiera con il rivestimento in plastica ha preso fuoco facendo cadere nel lavandino tutte le boccette di profumo appoggiate alla mensola. Intanto si verificano altri incendi, così veniamo di nuovo fatti evacuare dall’ottobre 2004 al giugno 2005».
Il governo nomina un Gruppo interistituzionale che studi i fenomeni: ne fanno parte molte università, il Consiglio nazionale delle ricerche, l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e addirittura, udite udite, il ministero delle Comunicazioni, la Marina e l’Aeronautica militare. Coordinatore è un sismologo siciliano, il professor Francesco Venerando.
Nino Pezzino riprende a raccontare: «I fenomeni continuano, ma a giugno la Protezione civile, passata alla regione, ci dice: “Non siamo più nelle condizioni di pagarvi l’albergo”. Sono trascorsi quattro anni, ma grazie a qualche imbecille che ha tirato in ballo gli Ufo, ancora non sappiamo perché è accaduto tutto questo. Ora le case sono tutte munite di sensori reattivi al fumo e a forti picchi magnetici, che suonano dalle quattro alle cinque volte a settimana, spesso nel cuore della notte. Tu ti alzi, controlli che non ci siano incendi e torni a dormire. Prima segnalavamo tutto alla questura, ma ora non lo facciamo più perché non vale il costo della telefonata. La sa la verità? Non c’è la voglia che emerga la verità su queste cose. C’è il segreto di stato».
Ne è sicuro? Come può dirlo? Pezzino mi guarda fisso, abbassa la voce e quasi giura: «Stia sicuro, glielo dico io: c’è il segreto di stato. Non uscirà nulla di diverso da quanto è già uscito. Me l’ha detto uno scienziato militare che mi ha anche mostrato il tesserino dei servizi segreti della Marina italiana. Io ero in Marina, so riconoscere i documenti di questo tipo».
Ufo nostro che sei nei cieli.
Lo scienziato di cui parla Pezzino è Clarbruno Vedruccio, fisico della Galileo Avionica, capitano di fregata (tenente colonnello della Marina militare) in virtù della “legge Marconi”, ricercatore sui campi elettromagnetici per la Protezione civile e per il Gruppo interistituzionale. Qualche giorno dopo l’incontro con Pezzino, ho parlato con Vedruccio mentre era a Bologna. Vedruccio ha acquisito notorietà anche grazie all’invenzione del Trimprob, apparecchio di diagnosi medica che utilizza i segnali elettromagnetici. La sua spiegazione è questa: «Canneto è stata colpita da un fascio elettromagnetico a impulsi con un alto potenziale che viaggiava sul mare per effetto condotto a un’altezza compresa tra la superficie e i dieci o dodici metri».
Nino Pezzino nel lungo pomeriggio sulla veranda in riva al mare aveva parlato della proposta di costruire una rete alta tre metri per fermare questo fascio elettromagnetico. «Sì, era una mia idea, ma non è stata più applicata perché, appena installati gli apparecchi, si sono interrotti gli incendi. Questo fa sospettare fortemente la natura artificiale del fenomeno». L’ipotesi trova conferma in un documento del Gruppo interistituzionale, che spiega come siano sorti «interrogativi spontanei sulla possibilità che alla base di questi fenomeni possano esserci applicazioni sperimentali di tecnologie industriali, non escludendo i sistemi d’arma cosiddetti a energia diretta». Da un fascicolo riservato consegnato a Palazzo Chigi trapelano queste parole: «Tecnologie militari evolute anche di origine non terrestre potrebbero esporre in futuro intere popolazioni a conseguenze indesiderate. Gli incidenti di Canneto di Caronia potrebbero essere stati tentativi di ingaggio militare tra forze non convenzionali oppure un test non aggressivo». «Qui è come se ci vedono e ci sentono», aveva detto infatti Pezzino osservando che, dopo essere entrato con altre persone in una stanza e aver notato che era stata risparmiata, questa aveva preso fuoco poco dopo.
«Chi ha colpito ha smesso di farlo appena abbiamo posizionato le apparecchiature di controllo», conferma Vedruccio. «Ma grazie ai rilievi sulle bruciature di cavi e suppellettili abbiamo tracciato con un geometra le linee di convergenza. Le onde elettromagnetiche si propagano in linea retta come la luce ed è quindi possibile fare una specie di perizia balistica». Il rapporto del Gruppo interistituzionale parla infatti di un “punto di origine” dei fenomeni che dovrebbe trovarsi in una direttrice che da nord-nordovest va in direzione sud-sudest. Alle Eolie?
«Qui entriamo in discorsi molto riservati. Posso dire che si trattava di radiazioni ben focalizzate», spiega Vedruccio. «Noi sappiamo che genere di radiazioni erano e sappiamo che erano direzionate».
Cioè mirate?
«Sì, mirate. Ma non credo che chi operava questo sistema volesse fare del male alla gente. Piuttosto, le case sembrano essere state colpite in maniera selettiva, quando la gente era in altre stanze. L’indagine ha evidenziato che il punto di origine era in mare a qualche metro dalla superficie, ma quando siamo andati là, non c’era niente». Un sommergibile?
«Ne dubito. Per irradiare quell’energia a quella distanza ci vorrebbero gigawatt di energia, non kilowatt».
Si possono fare altre ipotesi.
«Ma invece di fare ipotesi, perché non vi basate sui fatti? Le foto a quegli oggetti volanti sono i fatti. Fare altre congetture in base a fatti così può essere scomodo. Io non lo posso fare, ho famiglia... Le dico solo che nessuno stato autorizzerebbe esperimenti sui civili e fuori dai poligoni, perché farlo significherebbe rivelare che si è in possesso di una tecnologia più avanzata di qualche centinaio d’anni rispetto a oggi».
Si tratta allora di un messaggio?
«Era un messaggio sì, un mostrare i muscoli, forse più che una cosa incidentale».
Ma un messaggio di chi?
«Allora le dico questo: se lei potesse sapere di che cosa si tratta, non sarebbe autorizzato a parlarne. Qualsiasi ipotesi lei faccia non potrà mai combaciare con la realtà. Chiaro?».
Non del tutto, ma comincio a capire che sarei tenuto, ufficialmente, a non capire, giusto?
«Ecco. Insomma, lei ha visto le immagini dei fenomeni di Canneto sui giornali e in televisione, no?... Quell’elicottero della Protezione civile che ha avuto danni ai rotori, ricorda?... In alcune foto appare un oggetto simile a un posacenere rovesciato che segue quell’elicottero. Non le so dire di che cosa si trattasse, di sicuro seguiva l’elicottero che poi ha avuto dei problemi. Secondo me, l’intento era puramente dimostrativo». Non è collegabile al progetto Aurora di Haarp (lo High-frequency Active Auroral Research Program, gestito dal Dipartimento della Difesa americano e considerato il nucleo del programma “Guerre Stellari”, ndr.), capace di modificare il perimetro della ionosfera, come si dice, per creare un potente raggio laser di onde elettromagnetiche?
«Haarp non ha niente a che vedere con quello che abbiamo osservato. C’è un’abissale ignoranza in questo campo. È piuttosto diffuso un certo atteggiamento new age di complottisti che vedono di tutto, dagli gnomi agli omini verdi al diavolo».
Lei però mi parla di tecnologie avanti di centinaia di anni...
«Le dirò così, allora: se si trattasse di omini verdi lei crede che uno che è nelle istituzioni potrebbe confermarlo? Potrebbe solo riderci sopra, giusto?».
Giusto.
«Allora io ci rido sopra: ah ah ah. Magari è stata Campanellino. Abbia pazienza, la realtà è ciò che è stato visto e fotografato e anche altre foto e immagini e materiale che voi non vedrete mai. Molto è uscito perché le autorità hanno cercato di attenuare la paura che si trattasse di militari che facevano esperimenti sulle popolazioni. Quei fenomeni straordinari meritavano di insegnarci delle cose importanti. Invece abbiamo preso solo le briciole. Ci si sarebbe dovuti attivare seriamente e non in modo scientifico-universitario, ma scientifico, industriale e militare, chiaro?».
Insomma, potevamo ricevere un messaggio dagli alieni...
«Era una bella occasione per imparare molte cose sull’elettromagnetismo. Qualcosa abbiamo capito, qualcosa no. Peccato».
Torniamo in quella veranda con Nino Pezzino, i suoi genitori, la sorella e i parenti . Tra Ufo e incendi, spesso ci si è dimenticati della salute di queste persone.
Un piccolo diavolo elettrico.
«In quei mesi c’è stata una grande moria di animali», racconta Pezzino. «Cani, conigli e gatti a decine. Sempre nello stesso periodo, mio zio è morto e mia madre è stata ricoverata in ospedale perché rimetteva una quantità enorme di sangue. Una bimba che faticava a stare in piedi venne ricoverata e molti di noi accusarono calore a una mano, a una gamba e a diverse parti del corpo. Un carabiniere che stava sempre qui sentì una scossa elettrica nella sedia e andò a finire in ospedale. Ma i due bambini nati in quel periodo sono sani. C’era anche chi non ci dava la mano per paura di pigliare la scossa. Fino a poco fa, se andavo in un ufficio con problemi al computer, c’era sempre la battuta scherzosa sul diavoletto elettrico di cui parlò padre Amorth. Però non mi sentirei di escludere niente... Qualcuno ha detto che si tratta dello spirito maligno di una signora che è stata dilaniata da un treno». Padre Gabriele Amorth, presidente onorario dell’Associazione internazionale esorcisti, ha detto che qualcuno a Canneto può aver praticato magia bianca o nera, sedute spiritiche o riti satanici. «Se sta succedendo tutto questo, un motivo ci sarà. Potrebbe anche saltar fuori che qualcuno là si diverte con la magia, nera o bianca che sia, che è la porta d’ingresso preferita da Satana. Da qui all’arrivo del “nemico” il passo è brevissimo: un piccolo diavolo elettrico è stato chiamato a Canneto».
Quando ricordo queste frasi, interviene la madre di Pezzino, riferendosi all’esorcista del Vaticano che aveva offerto di intervenire: «E che ci veniva a fare quello, qua?». E Pezzino commenta: «Anche il Mago Otelma voleva 3000 euro per fare una danza». Ma poiché la scienza parla di Ufo e la procura di Mistretta ha prima indicato la responsabilità in una “mano umana” per poi archiviare il caso, invece di indagare sul “piromane ignoto” che sarebbe riuscito a far incendiare un materasso dal suo interno, ogni pista ormai è lecita. Consulto quindi un noto sensitivo, consulente di star della tv e a volte anche di investigatori per casi come quello di una bimba scomparsa, sempre in Sicilia. La mia è una scelta irrazionale, lo ammetto, ma come scriveva Arthur C. Clarke: «L’unico modo di scoprire i limiti del possibile è avventurarsi un poco oltre, nell’impossibile», no?
Jaspal è un cinquantenne dall’aspetto mite, lo sguardo dolce e la voce calma. «Macché Ufo! Purtroppo la spiegazione degli scienziati non è vicina alla verità», dice. «Qui si tratta di un collegamento con il campo magnetico terrestre. La verità è che questo è un luogo antichissimo. Il greco che l’ha fondato voleva conquistare l’intera Sicilia. Poi arrivarono i saraceni. E massacrarono tutti. Quindi è accaduto qualcosa di orribile. In un punto magnetico, un grande massacro. Quelle entità... le date non sono importanti per loro, perché non le conoscono. È uno spazio-tempo indefinito quello in cui si trovano, dove non c’è l’orologio. Le entità possono fare tutte le cose che abbiamo visto a Canneto... È una questione karmica: si è creata una disarmonia tra le persone e il luogo. Bisognava stare attenti al campo magnetico, nel 1960, quando furono costruite quelle case. Si tratta di un gruppo di entità che vogliono far scappare queste persone. E vogliono che se ne parli».
Jaspal guarda in alto, come rapito. «Sì, sì, è così. Sento... Sento... Sono morti di morte violenta, ora si sentono abbandonati da tutti, ma in realtà è la loro responsabilità... Quella famiglia, quelle persone vittime degli incendi, il loro inconscio si smuoverà e capiranno. Degli esorcisti hanno rischiato di avere un collasso a Canneto. Le entità sono connesse con i familiari che vivono lì. Ma la vittoria è sempre nel perdono e Nino Pezzino ha una conoscenza molto forte di quei posti, è una persona speciale, anche se forse non lo sa. È lui il punto. È Nino. Ha fatto i suoi esorcismi. C’è un’interessante situazione urbanistica. Loro hanno usurpato qualcosa o qualcuno. Gli attuali abitanti hanno causato una disarmonia creando un sortilegio, uno stato alterato di coscienza. Devono sensibilizzarsi al problema che è la casa. Con molta dignità devono ricostruire le loro case. Devono onorare il santo patrono e mettere una bellissima icona della Madre. Non a scopo di esorcismo, ma a scopo di verità. Ed essere profondamente credenti e orgogliosi della loro terra e della loro origine. Le entità vogliono che il comune si occupi della storia. Molti sono rimasti in un tunnel, sì, li vedo. Il corpo pranico è il primo che ci serve quando noi lasciamo il corpo fisico. Non sono fantasmi, sono entità che hanno avuto una morte molto violenta. Quando muoiono in gruppo, nelle battaglie, continuano a fare la guerra e restano in uno spazio-tempo alterato. Ecco i fuochi e le distruzioni. Militari. Sì, sono entità di militari. Alcuni si sono incarnati... Loro hanno bisogno... Dacci giustizia, non sappiamo cosa fare, ecco cosa mi dicono».
Dico la verità: più mi addentro nell’indagine e meno ci capisco. Su questi fuochi siciliani, più so, e più so di non sapere. A chi giova tutta questa confusione, mi chiedo? Eppure qualcosa in più so. Torno al rapporto pubblicato dal Gruppo interistituzionale del professor Venerando, che ho incontrato per un caffè al Bar Spinnato di piazza Politeama a Palermo.
«Il fenomeno meno spiegabile di tutti», dice, «è il silenzio della regione Sicilia. Lei mi chiede se c’è il segreto di stato, un insabbiamento, e me lo chiedo anch’io, ma nella mia posizione è difficile cedere a questa sensazione, anche se capisco che la domanda diventa legittima. La sensazione vera è che c’è stata e c’è una grande sottovalutazione di questi fenomeni da parte della regione. E non si tratta di nessun mistero. Esiste sempre una spiegazione su base scientifica. È solo che mancano i dati. E per raccoglierli basterebbero poche centinaia di migliaia di euro per ripristinare il sistema di monitoraggio. Perché, guardi, non le posso dire di più, ma le guerre del futuro non si faranno certo con i proiettili... La società del futuro dovrà prepararsi a questo genere di fenomeni, alle guerre informatiche, certo, ma anche alle guerre elettromagnetiche, e non so se mi capisce...».
La capisco, professor Venerando, e come sempre, più ne capisco e più capisco che non dovrei capire. Allora a Padova trovo il professor Giuseppe Maschio, direttore del dipartimento di chimica all’università e membro del Gruppo che qualcuno ha soprannominato il “ministero dei Misteri”. «Ha presente i treni giapponesi che levitano per repulsione elettromagnetica? Con lo stesso principio si potrebbe, in teoria, far volare anche degli oggetti in aria. Qui è come se fossimo di fronte a effetti residuali di un sistema magnetico idrodinamico non contenuto». Mi è sempre piaciuto Jules Verne, quindi l’ipotesi di una base sottomarina che fa volare oggetti con le onde elettromagnetiche è automatica. «Io questo non posso dirlo e non me lo faccia dire, ma diciamo che si potrebbe trattare di onde trasversali di un sistema magnetico idrodinamico». Chiarissimo, professore.
Per il sostituto procuratore Enza Napoli della procura di Mistretta, che raggiungo al telefono, il caso è archiviato. Nonostante l’inchiesta abbia determinato che c’era una “mano umana” e una “fiamma libera” a fondere i contatori elettrici, il caso è stato archiviato. Ma perché? «Non me ne faccia parlare», dice la dottoressa Napoli. Un suo collega della procura invece parla: «Nel merito non posso entrare troppo ma quell’indagine è stata condotta in maniera così grossolana che, oltre a dire questo, cosa si può dire?». Invece, al sostituto procuratore io qualche cosa vorrei fargliela dire, e le chiedo di confermarmi, come mi ha detto il coordinatore del Gruppo, che esiste una domanda della procura di Mistretta presso lo stato maggiore per sapere quali e che genere di navi abbiano transitato al largo di Canneto nei mesi “caldi”. «No, no, non posso rispondere a questa domanda». Insisto perché si tratta di un caso archiviato. Ottengo un disco rotto: «No, no, non posso rispondere a questa domanda».
Eppure sarebbe così semplice, magari saremmo a poche parole di distanza dal sapere chi o cosa c’era, in quel periodo, al “punto di origine” di tutta questa vicenda. Magari non era un’entità bloccata nello spazio-tempo in un tunnel pranico, e nemmeno un extraterrestre che condivideva la sua tecnologia lanciando messaggi di fuoco agli abitanti di Canneto. Ancora oggi, loro si svegliano la notte per un allarme anti-incendio innescato da picchi elettromagnetici che continuano a colpire la costa, come un inascoltato messaggio di un curioso alfabeto morse.
Carlo Pizzati
Fonte: http://www.wired.it