Donald Trump ha recentemente inaugurato le Space Forces come nuova branca dell’apparato militare a stelle e strisce, accelerando la propensione di Washington a cercare anche oltre l’atmosfera terrestre una posizione strategica di forza.
La Nato, in previsione, si è adeguata e non ha esitato, al suo più recente summit, ad inserire nella sua dottrina lo spazio come quinto dominio in cui esercitare la difesa comune. Ora starà ai singoli Paesi sviluppare strategie di lungo corso in grado di trasformare le ambizioni spaziali in programmi ben delineati di ricerca e produzione industriale.
Dal settore dei satelliti alla strumentazione per l’esplorazione del cosmo quella della tecnologia spaziale è una branca ad estremo tasso di complessità, in cui però il nostro Paese può farsi sentire con voce autorevole. Grazie a un consolidato know-how, alla presenza di un capitale umano estremamente forte e a un tessuto industriale consolidato sia per il più tradizionale complesso militare (Leonardo) che per la nuova frontiera spaziale (Avio) Roma può strappare importanti commesse nella corsa Nato alla nuova frontiera. Senza tuttavia vedere danneggiata la sua posizione come grande potenza della ricerca tradizionale.
E i due campi molto spesso si intersecano. Recentemente un razzo Soyouz ha portato in orbita il telescopio Cheops dell’Agenzia Spaziale Europea, che al suo interno incorpora una componente tecnologica italiana non secondaria. Cheops contribuirà al progresso scientifico esplorando le profondità della Via Lattea alla ricerca di pianeti simili alla Terra, ed è stato portato in orbita assieme ad un’altra eccellenza di matrice italiana, il satellite Cosmo SkyMed, costruito da un consorzio con Leonardo a capo, che incorpora al suo interno un’avanzata tecnologia di matrice militare per l’osservazione militare ognitempo (via radar ad apertura sintetica, tecnologia Sar in cui l’Italia è leader).
Nel contesto di un generalizzato rafforzamento politico-economico dell’Esa, che si fa sempre più ambiziosa, l’Italia gioca bene le sue carte. Ora sarà necessario replicare questi successi anche in ambito Nato. Come sottolinea il professor Carlo Pelanda su La Verità, “la tecnologia italiana potrà fornire soluzioni innovative ai mezzi Nato, influenzandone con vantaggio economico gli standard industriali: esomedicina, esorobotica, esoalimentazione, eso-optronica per mira remota, esocantieristica, esohabitat e altre decine di esoinvenzioni”. L’Italia non si è ancora dotata di un comando spaziale, ma l’Aeronautica militare dispone già delle capacità di interdire lo spazio italiano fino ad un’altitudine di 100 km.
Sul piano strategico, dunque, si aprono praterie che Roma deve saper sfruttare. Specie considerato il fatto che l’investimento in ricerca spaziale difficilmente distingue tra lato militare e lato civile: dunque il contributo R&D italiano ai programmi Esa potrà avere importanti ricadute anche nei processi Nato, e viceversa. Nello spazio, tuttavia, per ora non si combatte: dunque l’Italia può anche sfruttare ogni possibilità dalla collaborazione in corso con la Cina. La partnership spaziale italo-cinese, infatti, si è contraddistinta per pragmatismo e utilità settoriale: nel febbraio 2018 è stato avviato un programma satellitare congiunto per il monitoraggio dei terremoti, mentre in futuro, scrive Repubblica, “il nostro Paese costruirà inoltre uno dei moduli della Stazione Spaziale cinese, che si chiama Tiangong-3 (Palazzo Celeste) e verrà lanciata a partire dal 2022. Attualmente in orbita c’è un prototipo, il Tiangong numero due”.
Tra tutti questi progetti non c’è affatto incoerenza: la sfida sarà, piuttosto, decidere in futuro con quali attori condividere esplicitamente la tecnologia militare ad applicazione spaziale. Posto che con Pechino tale ipotesi è impossibile, e la Cina in questo ambito fa una vera e propria corsa a sé, non è detto che anche tra alleati Nato il passaggio di conoscenze sia immediato e agile. In ballo c’è, infatti, un’importantissima partita industriale in cui Roma deve sapersi posizionare in prima fila. E tra alleati potrebbero nascere non pochi dissapori per la corsa a brevetti, commesse e piani di sviluppo.
Fonte: https://it.insideover.com