Buona parte della fantascienza, a partire dalla Guerra Dei Mondi di H.G. Wells per arrivare al recentissimo remake televisivo dei Visitors, ha descritto gli extraterrestri come esseri bramosi di conquista, relegandoli nel ruolo più che altro simbolico di nemico puro e semplice.
Il cattivissimo extraterrestre di Mars Attacks.
Nel resto delle opere fantascientifiche, e sono la maggioranza, gli extraterrestri sono visti invece come esseri diversi da noi, con i quali si possono anche avere contrasti ma sempre con la possibilità di trovare un punto di convergenza e di comprensione comuni. La comunità scientifica, almeno quella parte che ha affrontato da un punto di vista teorico l'esistenza di civiltà extraterrestri, si è trovata più o meno implicitamente associata a questa seconda posizione. Quindi stupisce un po' che un illustre astronomo britannico lanci un allarme del genere, arrivando a sostenere che governi e ONU dovrebbero seriamente prendere in considerazione l'ipotesi di un'invasione aliena.
Marek Kukula, lo scienziato in oggetto, dopo aver conseguito il dottorato a Manchester, ha lavorato all'Osservatorio di Edimburgo e alla Johns Hopkins University, prima di approdare all'Osservatorio di Greenwich, uno dei più antichi e prestigiosi del mondo. Il suo campo di ricerca spazia dalle quasar ai cosiddetti nuclei galattici attivi, ovvero quelle galassie i cui nuclei emettono getti di energia. A questo lavoro associa l'attività di divulgatore presso vari media radiofonici e televisivi. Intervenuto in un convegno svoltosi a Londra e avente come tema la scoperta di vita extraterrestre e le conseguenze per la scienza e la società, Kukula ha sostenuto che coloro che compiono ricerche sulle civiltà extraterrestri dovrebbero sforzarsi di sensibilizzare le autorità sui rischi di un possibile incontro con tali civiltà.
"Una parte di me sta' con gli appassionati - ha dichiarato Kukula - e vorrei davvero che un giorno riuscissimo a stabilire un contatto con una civiltà più pacifica e saggia della nostra. Certo, è bello pensare che se ci fosse vita intelligente là fuori, sarebbe pacifica e benevola, ma non abbiamo nessuna prova che sarà davvero così. Poiché le conseguenze del contatto potrebbero non essere quelle sperate, almeno all'inizio, è necessario che i governi e anche le Nazioni Unite vengano coinvolte in ogni discussione sull'argomento."
Le posizioni di Kukula hanno trovato insospettabili appoggi. Douglas Vakoch, direttore dell'Istituto che in California si occupa del programma SETI (Search for Extraterrestrial Intelligence) ha commentato: "La mia opinione è che muoversi in anticipo sia una buona strategia. Ci sono molte argomenti seri di cui discutere, anche se non al livello dell'Istituto". Dal canto suo il paleobiologo evoluzionista Simon Conway Morris dell'università di Cambridge, sostenitore della teoria della convergenza evolutiva, ha affrontato il problema di prevedere come potrebbe essere un'eventuale civiltà extraterrestre, applicando la vecchia massima secondo la quale conviene sperare il meglio e prepararsi al peggio. Partendo infatti dal presupposto che i principi dell'evoluzione darwiniana siano universali, Conway Morris sostiene che lo sviluppo di vita intelligente debba essere "inevitabile", alle giuste condizioni ambientali; se ciò è corretto, applicare il concetto allo sviluppo delle cosiddette "manipulative skill" dovrebbe suggerire che civiltà tecnologiche avanzate esistono. In sintesi, se gli alieni esistono dovrebbero somigliarci abbastanza, sia biologicamente che per percorso di sviluppo.
In realtà la portata delle dichiarazioni di Kukula va nettamente ridimensionata. Il suo sembra più un tentativo di attirare l'attenzione delle istituzioni governative su quel tipo di ricerche che da sempre soffrono di carenza di fondi; il recente taglio drastico del presidente Obama al programma aerospaziale USA è un chiaro segnale che le vacche stanno diventando sempre più magre. Conway Morris poi, nella sua tesi, lascia supporre che gli alieni possano avere un comportamento analogo a quello degli umani anche sul versante dell'aggressività; ma questa visione antropocentrica è influenzata dalla sua fede anglicana, e non è supportata da nessun altra evidenza. Anzi, se già sul nostro mondo esistono molte persone tolleranti e pacifiche, frutto anche dello sviluppo culturale e civile, non si vede perché una civiltà con un grado di sviluppo superiore non debba esserci superiore anche in fatto di tolleranza e pacifismo.
Insomma, gli alieni sono più E.T. o più Klingon? Prevale la visione che Carl Sagan ha espresso in Contact, o quella espressa da Harry Turtledove nel suo ciclo dell'Invasione? Intanto che i governi comincino a interessarsene, e magari a sganciare qualche obolo...
Fonti: http://www.fantascienza.com